II Conferenza regionale per la ricerca e l’innovazione.

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Scritto da Administrator | 14 Settembre 2011

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Attilio Mastino, Rettore Università degli Studi di Sassari
II Conferenza regionale per la ricerca e l’innovazione
Cagliari, 13 settembre 2011

Multa venientis aevi populus ignota nobis sciet;
multa saeculis tunc futuris,
cum memoria nostra exoleverit, reservantur:

pusilla res mundus est, nisi in illo quod quaerat omnis mundus habeat.

Molte cose che noi ignoriamo saranno conosciute dalla generazione futura;
molte cose sono riservate a generazioni ancora più lontane nel tempo,
quando di noi anche il ricordo sarà svanito:
il mondo sarebbe una ben piccola cosa se l’umanità non vi trovasse materia per fare ricerche.

Seneca, Questioni naturali, VII,30,5


Porto il cordialissimo saluto dei ricercatori, del personale e degli studenti della Università di Sassari, a questa II Conferenza regionale per la ricerca e la innovazione voluta dall’Assessore Giorgio La Spisa, dopo quella dell’anno scorso. Due giornate che si stanno concentrando intorno al tema delle sfide in atto, alle nuove politiche regionali, al capitale umano, alla formazione dei giovani, all'internazionalizzazione, alla valutazione, alle piattaforme tecnologiche, alla innovazione in Sardegna e nel Mezzogiorno: un evento con contenuti non scontrati, un fatto nuovo, una occasione che testimonia la complessità dei problemi, delle questioni che noi abbiamo di fronte e con le quali giorno per giorno dobbiamo confrontarci.

Siamo veramente orgogliosi di prendere parte come Università a questa II Conferenza, che non è stata e non sarà una semplice celebrazione con l'enunciazione di buoni propositi e il rituale logoro di annunci che non saranno accompagnati dai fatti, ma che può veramente entrare nei problemi e segnalare tante criticità, tanti elementi di riflessione, tanti obiettivi da perseguire con rigore e senso di responsabilità che ci sono imposti dalla crisi economica e anche culturale che il paese sta attraversando. Le Università stanno profondamente cambiando ed abbiamo trascorso gli ultimi 6 mesi a riflettere sul nuovo statuto ed a dare esecuzione alla legge 240 voluta dal Ministro Gelmini, una legge che avremmo voluto più generosa e meno punitiva ma che ora dobbiamo applicare cogliendo tutti gli spazi di democrazia e di partecipazione, ribadendo i principi delle pari opportunità, del diritto allo studio, della dignità del lavoro e del contrasto al precariato, della promozione del merito e delle competenze, della programmazione e della valutazione, della trasparenza. Vorremmo raggiungere un obiettivo ambizioso,  aumentare la produttività, innalzare il numero degli iscritti, dunque il numero dei laureati specie nelle discipline scientifiche, degli specializzati, dei dottori di ricerca.  Ridurre il numero dei falsi studenti, promuovere l’internazionalizzazione, gli scambi Erasmus, la mobilità, lo sviluppo dell’ITC, la conoscenza delle lingue straniere, combattere nuove forme di analfabetismo e introdurre una formazione più lunga. Soprattutto sostenere la ricerca di eccellenza capace di introdurre innovazioni nei diversi campi del sapere.  Il quadro disegnato dalla legge Gelmini alla ricerca dell'efficienza degli Atenei si dovrà comunque confrontare con la capacità di coinvolgimento delle persone, con la adozione partecipata degli obiettivi prioritari da raggiungere, con politiche di sussidiarietà e di integrazione che correggano il modello centralistico di base che ci preoccupa non poco.

C'è un compito che ci aspetta e ritardi che si sono accumulati specialmente in un Ateneo come il nostro che quest'anno celebrerà i suoi 450 anni di vita, rivendicando una dimensione internazionale originaria.

Nel richiamare le proprie radici storiche, l’Ateneo sta avviando un percorso di rifondazione come Università pubblica, all’interno di un sistema internazionale più competitivo e globale, ispirandosi ai principi di autonomia e di responsabilità; è consapevole della ricchezza e complessità delle tradizioni accademiche e del valore delle diverse identità. Si dà un ordinamento stabile, afferma il metodo democratico nella elezione degli organi, si dichiara attento al tema della formazione delle giovani generazioni e alle esigenze del diritto allo studio; colloca lo studente al centro delle politiche accademiche e promuove la cultura come bene comune. Rivendica i valori costituzionali, previsti per le «istituzioni di alta cultura», della libertà di scelta degli studi, di ricerca e di insegnamento, assicurando tutte le condizioni adeguate e necessarie per renderla effettiva. Si impegna a promuovere, d’intesa con le altre istituzioni autonomistiche, lo sviluppo sostenibile della Sardegna e a trasferire le conoscenze nel territorio, operando per il progresso culturale, civile, economico e sociale.

C'è un articolo nel nuovo statuto dedicato alla promozione del progresso, al libero confronto delle idee e alla diffusione dei risultati scientifici, favorendo lo sviluppo sostenibile e la tutela dell’ambiente, inteso come sistema di risorse naturali, sociali ed economiche. L'Ateneo ritiene che la conoscenza sia un bene comune e ne favorisce pertanto libera circolazione e la più ampia diffusione.

In particolare, si candida a partecipare alla definizione delle politiche pubbliche e delle scelte fondamentali relative allo sviluppo territoriale e può agire in accordo con gli operatori economici, il mondo produttivo, gli ordini professionali, i sindacati e le altre espressioni del mondo della cooperazione, del volontariato e del terzo settore.

L'art.7 dedicato alla ricerca precisa che l’Ateneo promuove e organizza la ricerca libera e orientata nei diversi ambiti disciplinari, contribuendo all’avanzamento culturale, scientifico, sociale ed economico locale, nazionale e internazionale.

A tale fine, in particolare:

– riconosce il libero movimento dei ricercatori e concorre alla crescita dello Spazio Europeo della Ricerca attraverso la selezione e la valorizzazione del proprio potenziale di ricerca;

- favorisce la collaborazione fra le diverse aree del sapere, l’integrazione e l’interdisciplinarità, per rispondere alle esigenze della società e rafforzare la propria competitività;

- promuove l’integrazione fra scienza e tecnologia per contribuire alla crescita e all’innovazione del sistema produttivo attraverso la valorizzazione e il trasferimento dei risultati della ricerca scientifica;

- orienta l’evoluzione della ricerca e l’aggiornamento delle tematiche di studio, favorendo l’interdipendenza fra ricerca e didattica.

La legge Gelmini crea positivamente una cellula di base, uno spazio nel quale ricerca e alta formazione si toccano, il dipartimento, che organizza e promuove le attività di ricerca scientifica, favorendo la collaborazione fra le diverse aree del sapere e l’interdisciplinarità, adottando il piano complessivo di sviluppo della ricerca e della didattica, approvando i programmi di ricerca interdipartimentali. E insieme organizzando le attività didattiche, i corsi di studio, i dottorati di ricerca come palestra per le nuove generazioni. All'interno dei dipartimenti verrà costituto un Comitato per la ricerca che svolgerà attività di coordinamento, di promozione e di reperimento di finanziamenti, elaborerà il piano di sviluppo della ricerca fissando gli obiettivi strategici e operativi, svolgendo la funzione di monitoraggio delle performance, presenterà una relazione sulle attività svolte, da sottoporre al Consiglio del Dipartimento.

L'articolo 58 dello statuto fissa i rapporti con la Regione Sardegna  allo scopo di inserire l'attività universitaria nei processi di sviluppo operando per il progresso culturale, civile, economico e sociale della Regione e per diffondere nel territorio le conoscenze scientifiche e le esperienze didattiche più avanzate a livello internazionale. L'Ateneo stipula con la Regione un’intesa triennale che consenta di interagire positivamente con le politiche regionali e di indirizzare gli investimenti sugli obiettivi strategici di medio e lungo termine nel campo dell’alta formazione, della ricerca, del trasferimento tecnologico, dell’assistenza, con definizione di meccanismi competitivi e di forme di premialità. Segue un comma di cui siamo particolarmente orgogliosi, che non può essere interpretato negativamente in senso localistico: l’Ateneo promuove la tutela e la conoscenza dei beni e delle fonti dell'identità locale, con particolare riferimento alle lingue delle minoranze e alla lingua sarda nelle sue articolazioni territoriali, alle risorse naturali, ai beni storici, culturali, ambientali, paesaggistici e architettonici, ai saperi e alle tradizioni locali, elementi distintivi di una identità e di un’appartenenza preziose in un mondo sempre più globalizzato e omologato.

Questa conferenza cade in un momento di profonda trasformazione per il paese e per la Sardegna, ma anche in un momento in cui si discutono, anche negativamente, il prestigio, il ruolo della scuola e dell’università pubblica, spesso incapaci di inserirsi in una dimensione sovrannazionale non sempre in grado di adeguarsi al velocissimo  progresso tecnologico, alle nuove tecnologie informatiche, alle recenti dinamiche economiche finanziarie, al mutamento delle professioni, alla innovazione continua che richiede una formazione continua.

La responsabilità dunque dell’università e della scuola in Italia, e particolarmente nel Mezzogiorno, è rilevante perché gli interventi innovativi in conoscenza avranno sicuramente riflessi positivi sull’intera società. C’è veramente però l’esigenza di far emergere nell’università le zone d’ombra, le incapacità di cogliere il nuovo, i ritardi, le difficoltà che dobbiamo affrontare con più consapevolezza. L’università arriva certamente in ritardo a confrontarsi con l’innovazione e ciò soprattutto in Sardegna eppure nei tempi del federalismo il punto di partenza contro ogni appiattimento e contro ogni omologazione deve essere quello del riconoscimento del valore e della diversità  dei territori che diventa capitale culturale, prezioso valore aggiunto se l’articolo 33 della Costituzione riconosce il significato straordinario dell’autonomia universitaria. Noi ci portiamo dietro delle tradizioni di studi che fanno parte della nostra identità di uomini di oggi e che possono costituire il lievito e la componente originale per il nostro entrare nel mondo delle nuove tecnologie.

L’università svolgerà un ruolo strategico di protagonista in Sardegna e nel Mediterraneo soprattutto se saprà stabilire rapporti e sinergie con grandi centri di eccellenza, a livello europeo, senza rinunciare ad una cooperazione però con la riva sud del Mediterraneo che favorisca un confronto culturale, che abbatta vecchi e nuovi steccati, che combatta la divaricazione che quasi inesorabilmente il mondo sta drammaticamente vivendo ancora oggi ad un decennio dall'11  settembre, con tante speranze come quelle alimentate dalle primavere arabe e dalla imbarazzante fuga di quegli esponenti che sono stati i più alti e osannati rappresentanti delle élites autoproclamatesi nel Maghreb dopo la fine del colonialismo europeo.

In questo quadro i giovani hanno diritto di ricevere dalle due università sarde non soltanto una formazione che consenta loro di confrontarsi ad armi pari in Europa con i loro coetanei, ma soprattutto devono ricevere stimoli, suggestioni, curiosità,  passioni che motivino il loro impegno futuro. Essi devono essere in grado di declinare con originalità e consapevolezza i grandi temi dei nostri giorni, la globalizzazione, il confronto tra culture, le identità plurali del Mediterraneo, partendo dalla nostra forte significativa e originale appartenenza sarda .

Raccogliendo una mia sollecitazione dell'anno scorso, l'Assessore Giorgio La Spisa ha voluto che una sezione dei nostri lavori fosse dedicata oggi alla ricerca umanistica, alla ricerca di base, ai valori diffusi, ai beni culturali, archeologici e ambientali, alla valorizzazione scientifica ed economica, sempre con l'occhio rivolto allo sviluppo della società locale, con una riscoperta dell'identità della Sardegna, con una valorizzazione delle appartenenze e del patrimonio. A me sembra che il tema del patrimonio richiamando la lezione di Giovanni Lilliu, debba entrare sempre più profondamente nelle politiche regionali, perché le competenze in materia di beni culturali sono costituzionalmente affidate alla Repubblica nelle sue articolazioni territoriali, dunque non soltanto allo Stato, ma anche alla Regione, alla Provincia, al Comune, insomma al sistema completo delle autonomie, e ciò a maggior ragione in Sardegna, regione a statuto speciale. Noi siamo per il trasferimento delle competenze in materia di beni culturali dallo Stato alla Regione, nei tempi del federalismo, perché il patrimonio culturale è un insieme di risorse umane e ambientali capaci di produrre una domanda sociale. Le ultime decisioni della Consulta per la ricerca e della Giunta Regionale vanno decisamente in questa direzione e mi sembra doveroso oggi darne atto pubblicamente, perché non possiamo non constatare che viene data attuazione alla legge 7 ed agli altri strumenti di programmazione con intelligenza e con la voglia di rispondere alle nuove sfide ed ai nuovi orizzonti alti che la Sardegna deve porsi per il suo futuro.

Naturalmente non ci nascondiamo i problemi, qualche volta i ritardi ed anche ne nostre incapacità: guardando un pochino dall’alto la ricerca, in Sardegna esistono dei problemi gravissimi che la classe politica si dovrebbe porre, innanzitutto esiste una forte esigenza di riequilibrio territoriale; la concentrazione degli investimenti soltanto in alcune realtà indebolisce fortemente il quadro regionale. C’è da lavorare veramente per censire, verificare, creare sinergie, con riferimento alle attività e tutti i soggetti, quindi CNR università, enti regionali. L’Università non contesta gli investimenti a favore degli altri Enti di ricerca, sostiene le politiche dei parchi, apprezza il nuovo corso di Porto Conte Ricerche, ma chiede che venga superata l’attuale  polarizzazione nella Sardegna meridionale, chiede sinergie e politiche di convergenza con Sardegna ricerche, anche attraverso una presenza dei due Atenei nel Comitato tecnico scientifico, richiede una compensazione territoriale con altri investimenti di AGRIS, di Porto Conte Ricerche, di Laore, di altri enti regionali che sviluppano attività di ricerca, in altri territori, nel cuore della Barbagia: erano inizialmente previsti nodi di Sardegna ricerche anche nel Nuorese, nell’Oristanese, nel Sassarese.

Devo dire che poi è evidente a tutti la debolezza di alcuni settori della ricerca e soprattutto è necessario creare massa critica legando i due atenei con un patto federativo più forte, dobbiamo costruire delle reti ed abbiamo dei settori da sviluppare. Stiamo iniziando a discutere i contenuti dell'intesa federale che stipuleremo all'indomani del varo dei nuovi statuti universitari.

Infine il tema della valutazione che peserà sempre di più come abbiamo visto ieri sul fondo di funzionamento ordinario degli Atenei. La nascita dell'ANVUR che sostituisce a tutti gli effetti il CIVR, i nuovi criteri di valutazione, i nuovi indicatori, richiedono un costante aggiornamento delle politiche universitarie ed il coinvolgimento del CNR degli enti di ricerca regionali, Sardegna ricerche, Porto Conte Ricerche, il CRS4, che non si possono sottrarre ad una valutazione dei costi e dei benefici e delle ricadute territoriali dei consistenti investimenti ottenuti. Dunque vorremmo che vengano in piena trasparenza valutati i prodotti della ricerca, le pubblicazioni, i brevetti, la gestione della proprietà individuale della ricerca, la nascita di nuove imprese, lo start up di nuove imprese innovative, alcuni spin off, l’organizzazione di progetti, di convegni, di altre attività, il trasferimento tecnologico.

In chiusura voglio ricordare l’esigenza di arrivare alla firma dell’intesa triennale che le due Università debbono ancora sottoscrivere spero in questo mese di settembre per gli anni 2011, 2012, 2013 con gli Assessori alla Programmazione ed alla Cultura: credo che l'appuntamento che noi abbiamo davanti sia una occasione preziosa per ridisegnare i rapporti tra il sistema universitario regionale articolato nei suoi due poli storici e la Regione Sarda, che insieme intendono definire un progetto ambizioso, con obiettivi condivisi, priorità, sistemi di valutazione e che insieme debbono rispondere alle recenti preoccupazioni della Corte dei conti, con il senso crescente di una responsabilità alta di fronte ai cittadini.

Mi sembra doveroso dare atto dell'impegno crescente della Regione negli ultimi anni a favore delle due Università della Sardegna in particolare sul fondo unico, la cui consistenza è stata notevolmente incrementata grazie all'impegno della Commissione cultura, della Commissione bilancio, presidenti Attilio Dedoni e Paolo Manichedda,  della Giunta, del Presidente Cappellacci, degli Assessori che si sono succeduti, da ultimo Giorgio La Spisa e Sergio Milia, di tutto il Consiglio Regionale. Il fondo unico deve assolutamente mantenere per i prossimi anni il livello del 2011, se vogliamo compensare i tagli disastrosi effettuati a danno degli Atenei sul fondo di funzionamento ordinario nazionale e se vogliamo evitare che i due Atenei della Sardegna vedano compromesso lo sforzo di crescita, siano condannati al blocco del turn over e costretti ad aumentare le tasse studentesche. E poi i tanti altri risultati ottenuti, i fondi per le sedi gemmate e l'Università diffusa, la mobilità studentesca che ha raggiunto risultati certamente straordinari, i visiting professors (nell'ultimo anno l'Università di Sassari ha ospitato quasi 200 docenti stranieri), il rientro dei cervelli che vi garantisco l'Ateneo ha gestito con trasparenza e rigore; i premi di produttività, la premialità per i progetti di ricerca. E poi i finanziamenti europei, il fondo europeo di sviluppo regionale, non solo, che ha consentito di finanziare dottorati di ricerca, sempre più vicini e calibrati sul mondo delle imprese, ha finanziato i progetti dei giovani ricercatori, i bandi della legge 7 per progetti di ricerca di base e orientati, i posti di ricercatore a tempo determinato. E poi i finanziamenti del settimo programma quadro, del Marittimo, dell’ENPI, la biblioteca scientifica regionale e infine la nuova anagrafe della ricerca che rende trasparente la ricerca universitaria. A tutto ciò si sommano gli investimenti che le due università hanno effettuato con fondi propri. Dunque ci sono molti passi in avanti significativi per rendere la Sardegna l’isola della ricerca, un modello anche per altre regioni per una nuova economia della ricerca, per aprirci, per creare reti, per aprire la Sardegna verso l’esterno, per essere capaci di accogliere e non di respingere al centro del Mediterraneo, per evitare di essere chiusi e ripiegati su noi stessi. Dunque si segnalano alcuni grandi temi sui quali si sta investendo. Consentitemi di rivendicare con orgoglio i risultati raggiunti, lepunte di eccellenza, il concentrarsi di nuclei di ricercatori.  Guardiamo con speranza verso la la bio medicina, le neuroscienze, l’agroalimentare, le nanotecnologie, l’ICT, le biotecnologie, l’energia verde, i nuovi materiali. Voglio ricordare la chimica verde anche con riferimento all’impegno che le università assumono nei confronti del territorio per valutare se alcune iniziative industriali sono velleitarie o se meritano viceversa attenzione da parte degli amministratori pubblici.  In Sardegna la ricerca scientifica è insieme espressione di una tradizione di studi secolare, di reti di rapporti stabiliti nel tempo, ma anche si inserisce sempre di più in una grande comunità europea internazionale, costituisce le fondamenta per quella che è ormai la terza missione dell’università: il servizio a favore del territorio sul piano assistenziale sanitario, ma anche sul piano ambientale, sul piano economico, sul piano sociale, sul piano industriale, ma anche sul piano del trasferimento tecnologico a favore delle aziende.

Cari amici,

consentitemi in chiusura di dare atto al Rettore dell'Università di Cagliari Giovanni Melis  ed ai suoi Prorettori in particolare per la ricerca a Francesco Pigliaru di un impegno generoso per costruire una piattaforma comune, per sviluppare sinergie e forme di collaborazione tra i due Atenei. Con un poco di emozione e gratitudine vorrei ricordare l'amicizia e le attenzioni di cui mi sono sentito circondato ad esempio il giorno dell'elezione del nuovo Presidente della Conferenza dei Rettori. Un momento critico che ha rivelato fino in fondo un'amicizia e una sensibilità disinteressata davvero, la voglia della Sardegna di contare in un panorama nazionale, le attese che intorno alle due Università della Sardegna possono ancora concentrarsi, l'orizzonte vasto internazionale nel quale davvero possiamo inserirci grazie all'impegno, alla passione, alle curiosità dei nostri ricercatori.

Il sogno che abbiamo è che alle due Università, che presto godranno (lo speriamo) dei nuovi investimenti con i fondi FAS nell’edilizia, nell’informatica, nelle nuove tecnologie, si uniscano tutti gli altri soggetti che possono concorrere allo sviluppo della ricerca in Sardegna, partendo dal mondo delle imprese e dalle Agenzie Regionali che debbono entrare in rete, fare sistema, confrontarsi in modo sempre più competitivo ed aperto. Con speranze e ambizioni alte.

Con senso di responsabilità e consapevolezza delle attese che ora ci accompagnano. Col dovere di rispondere alla fiducia accordataci. Anche con orgoglio e rivendicando una storia, una tradizione scientifica di eccellenza, una nostra cifra originale.

Ultimo aggiornamento Mercoledì 22 Maggio 2013 14:49

Multa venientis aevi populus ignota nobis sciet
multa saeculis tunc futuris,
cum memoria nostra exoleverit, reservantur:
pusilla res mundus est,
nisi in illo quod quaerat omnis mundus habeat.


Seneca, Questioni naturali , VII, 30, 5

Molte cose che noi ignoriamo saranno conosciute dalla generazione futura;
molte cose sono riservate a generazioni ancora più lontane nel tempo,
quando di noi anche il ricordo sarà svanito:
il mondo sarebbe una ben piccola cosa,
se l'umanità non vi trovasse materia per fare ricerche.

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