Giornata della memoria. Intervento di Attilio Mastino a Padru.

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| 29 Gennaio 2012

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Intervento di Attilio Mastino a Padru
Giornata della memoria

29 gennaio 2012

Signor Sindaco,

ringrazio di cuore per l’invito e volevo per un attimo associarmi ai saluti ed alla riflessione sulla Shoah,  un tema che deve entrare nelle scuole e nelle università non in modo generico, ma presentando un caso, spiegando una figura, illustrando un personaggio.

Il Presidente Buttiglione ha parlato di Europa e volevo per un attimo ricordare la visita di Simone Veil, ex Presidente del Parlamento Europeo alla nostra Università e l’incontro a Roma al Liceo ebraico al Portico d’Ottavia: ne conservo il ricordo prezioso di una occasione straordinaria per conoscere dall’interno il tema della deportazione e della Shoah, ma anche per riscoprire le radici dell’Unione europea e per trovare nuovi motivi per amare la Francia. In quell’occasione Simone Veil mi era apparsa, al di là della superficie, come una donna piena di sentimenti e di passioni, capace di infiammare gli animi,  ricca di esperienze e di ricordi, insieme una donna positiva che aveva ancora un ruolo importante da giocare in Europa con la sua  capacità visionaria, il suo senso morale, la sua stessa inflessibile severità contro tutti i conservatorismi.

Ho letto l’autobiografia, Une vie, pubblicata a Parigi dall’editore Stock, che prende il titolo da un romanzo di Maupassant e che è dedicata al ricordo delle tante persone scomparse: la madre Yvonne morta di tifo nel campo di Bergen-Belsen, il padre André ed il fratello Jean, uccisi dai tedeschi a Kaunas in Lituania e ancora la sorella Milou dolce compagna di prigionia ed il figlio Nicolas, scomparso ancora giovane. Infine la nuova famiglia, fatta ora di 34 tra figli, nipoti e pronipoti.

Simon Veil possiede la rara capacità di raccontare una vita ricca di avvenimenti con semplicità, con lucidità e senza enfasi, magari soffermandosi su un particolare minuscolo che però coglie la profondità dell’orrore nazista, come quando recentemente gli è stato consegnato il registro dove l’amministrazione francese di Vichy aveva  puntigliosamente registrato il versamento di 700 franchi dopo che la madre e le due ragazze erano state catturate dalla Gestapo a Nizza e trasferite provvisoriamente a Drancy, sulla strada per il campo di sterminio di Auschwitz. Un segno dello strabismo o addirittura della schizofrenia dei burocrati, impegnati a inseguire scrupolosamente i dettagli ma incapaci di scorgere la sostanza, l’orrore della storia, mélange de rigeur paperassière et d’aveuglement moral de l’administration. E poi la marcia della morte, per oltre 70 km, scappando dalle barriere elettrificate di Auschwitz prima dell’arrivo dell’Armata Rossa e poi in treno fino a Bergen-Belsen, il campo reso celebre da un recente documentario di History Channel, dove  infieriva un’epidemia di tifo che gli stessi inglesi liberatori non sapevano affrontare.

Dunque la gioia di una fanciullezza tenera e felice  nella villa Kerylos à Beaulieu, la casa-museo del celebre archeologo Théodore Reinach, il calore del focolare, poi le sofferenze della guerra nel Midi occupato dalle truppe italiane, dopo l’armistizio l’arrivo della Gestapo a Nizza, la discesa agli inferi con la deportazione fino al campo di sterminio accolti dal dott.  Mengele, le umiliazioni, ma anche le piccole solidarietà con gli stessi carnefici. Dopo la liberazione nel maggio 45 la voglia forte di rinascere e ricostruire, di trovare una famiglia, di impegnarsi nel lavoro di magistrato, di entrare in politica difendendo la laicità dello stato, i diritti umani, la memoria dello sterminio, sempre ricoprendo incarichi di rilievo e funzioni alte e significative, come quando fu Ministro della Sanità prima con Giscard d’Estaigne e Chirac e poi con Mitterrand e Balladour. Oppure quando fu chiamata per 7 anni a far parte del Conseil constitutionel. Scorre in queste pagine un intero secolo di storia, tra colonizzazione e decolonizzazione,  come in Algeria in occasione dell’ispezione generale nell’orrore delle carceri francesi, oppure in Israele, una terra dove c’è troppa storia ma non abbastanza geografia. Soprattutto c’è una missione da compiere, quella di perdonare, di avviare una riconciliazione, di ritrovare un’amicizia profonda con il popolo tedesco, unica strada per garantire un futuro di pace per l’ Europa, per la libertà ed il progresso sociale, le tre sfide del suo discorso di Strasburgo. Pronunciato nel luglio 1979 al momento dell’elezione a Presidente del parlamento europeo, il discorso rende bene  l’impegno per la costruzione di un’Unione Europea fondata sul suffragio universale e sul voto diretto dei cittadini e proiettata verso la nascita di una federazione di stati culturalmente omogenei, sensibili ai temi della solidarietà, dell’indipendenza e della cooperazione. L’Europa in futuro potrà diventare un isolotto di libertà in un mondo ancora troppo ingiusto e diviso, spesso preda di regimi violenti e repressivi.   Dunque Simon Veil era a Berlino in occasione della caduta del muro e si è battuta per la riunificazione tedesca, poi per il dialogo Euromediterraneo, per un rapporto con i paesi della riva Sud, a favore della nascita dello stato palestinese, per la nuova costituzione europea, la cui bocciatura nel 2005 gli sembra un disastro causato anche dal referendum francese. Come Ministro della Sanità si è impegnata a capire le ragioni delle donne e dei malati di AIDS, si è battuta contro la droga, si è schierata contro la demagogia delle 35 ore e dello Stato provvidenza, contro le discriminazioni di ogni tipo e per l’integrazione degli immigrati.

Nei tempi dell’antisemitismo, del terrorismo islamico, della negazione arrogante della Shoah, Simone Veil testimonia con il numero impresso sul suo braccio la realtà dell’olocausto, ricorda con rimpianto la tragica sorte dei milioni di ebrei uccisi che avrebbero potuto diventare filosofi, artisti, letterati, studiosi; e insieme si batte per ristabilire l’onore della Francia e dell’Europa, rivalutando il ruolo dei Giusti, di coloro che hanno difeso i perseguitati e di coloro che hanno fatto parte della Resistenza, come la sorella Denise.  Simone, anche nel dolore personale, è riuscita ad esprimere la solidarietà ed il rimpianto per i 400 mila ungheresi deportati e gasati, continua oggi a provare sentimenti di compassione anche per gli zingari, per i popoli della Cambogia, del Rwanda del Darfour, e per i tanti altri perseguitati.

Il suo è un forte impegno contro il settarismo, la xenofobia, il razzismo, i crimini di massa, per affermare nuovi valori umani di progresso e di sviluppo che ammiriamo davvero e che rappresentano un’eredità preziosa che ci è cara.

Con questo libro l’Università di Sassari intende rendere omaggio ad una donna forte e sensibile, ma con lei a tutte le donne ed agli uomini di buona volontà che hanno sofferto, hanno combattuto ed hanno costruito un futuro migliore per tutti.

Oggi, qui a Padru, rinnoviamo l’impegno della memoria, che vale in particolare nella scuola e nell’Università, verso le nuove generazioni di giovani che non debbono ripetere gli errori del passato.

Multa venientis aevi populus ignota nobis sciet
multa saeculis tunc futuris,
cum memoria nostra exoleverit, reservantur:
pusilla res mundus est,
nisi in illo quod quaerat omnis mundus habeat.


Seneca, Questioni naturali , VII, 30, 5

Molte cose che noi ignoriamo saranno conosciute dalla generazione futura;
molte cose sono riservate a generazioni ancora più lontane nel tempo,
quando di noi anche il ricordo sarà svanito:
il mondo sarebbe una ben piccola cosa,
se l'umanità non vi trovasse materia per fare ricerche.

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