Conferimento del riconoscimento di Stintinese doc a Mariotto Segni.

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Scritto da Administrator | 08 Settembre 2014

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Incontri stintinesi duemila14
Conferimento del riconoscimento di Stintinese doc a Mariotto Segni
Stintino, 6 settembre 2014

Non conosco bene le ragioni per le quali il sindaco Antonio Diana, l’Assessore Francesca Demontis e il nostro Salvatore Rubino mi hanno scelto a presentare Mariotto Segni in questa solenne occasione per l’attribuzione del titolo di Stintinese doc.  Considero questo incarico un grande onore, per il prestigio del personaggio e per il legame di stima e di amicizia che risale ad anni veramente lontani, prima ancora del mio arrivo a Sassari nel 1980 come assistente di Sandro Schipani e prima degli incontri politici dove lo vedevo all’opera con grande forza, con freschezza e con un forte spirito di iniziativa. In Facoltà di Giurisprudenza al fianco sempre di Antonio Serra.

Ho ritrovato in questi giorni la voluminosa cartella conservata nell’archivio dell’Università di Sassari, che ricorda la sua carriera accademica dopo la laurea a Sassari, iniziata a Padova  nel 1963 come assistente di diritto del lavoro alla scuola del civilista Luigi Carraro. Segue l’incarico di Diritto industriale ad Economia e commercio, assistente ordinario l’anno dopo; nel 1969 supera la libera docenza in diritto civile e a Padova pubblica la sua prima monografia Autonomia privata e valutazione legale tipica, con altri articoli scientifici tra i quali quello dedicato ad un fenomeno che giungeva allora in Italia, la"lettera di patronage".

Si trasferisce a Sassari il I novembre 1973 come professore incaricato esterno stabilizzato, vince il concorso a cattedre come professore ordinario e prende servizio il I luglio 1977, titolare di diritto civile dal 1980 dopo lo straordinariato. I trent’anni di professore ordinario arrivano fino al mio mandato di rettore, con la proroga di un anno che aveva ottenuto fino al pensionamento il 31 ottobre 2010. In totale 47 anni di servizio di solito a tempo definito, frequentemente interrotti da lunghi periodi di congedo per mandato parlamentare, ministeriale ed europeo, anche se si è sempre considerato un professore prestato alla politica.

Tra le carte ho ritrovato la tessera originale rilasciata dall’Università di Padova credo mai utilizzata alla bella moglie Victoria Pons nata a Montevideo in Uruguay, più giovane di lui di 6 anni.

A Sassari nella Facoltà di Giurisprudenza si manteneva vivido il ricordo del padre Antonio Segni morto l’anno prima, professore di Diritto processuale civile dal 1924 e di Diritto commerciale, anche a Perugia, a Napoli e a Roma, fondatore del Partito Popolare nel 1919, Commissario straordinario del Governo per l’Università nel 1943-44. Rettore dal 1944 al 1951, fondatore della Facoltà di Agraria. Fu Antonio Segni a celebrare come Presidente della Repubblica i 400 anni del nostro Ateneo. A Sassari la famiglia era arrivata nella prima metà dell’Ottocento da Carloforte e a me sembra che questo legame forte intenso identitario con l’Asinara, con Stintino e con il mare passi attraverso le origini tabarchine e genovesi della famiglia, attraverso quel Giobatta Segni che, poco tempo dopo la fondazione della colonia di San Pietro, era stato invitato a far fruttare nell’isola l’esperienza che aveva maturato come amministratore di Ventimiglia; e poi il sacerdote Nicolò, che aveva seguito i suoi compaesani nel doloroso esilio di Tunisi, alleviando con la sua presenza i dolori di centinaia di Carolini nei cinque anni di schiavitù seguiti alla terribile incursione di pirati barbareschi nel settembre del 1798.

Mario ha iniziato a svolgere la sua attività politica nella Democrazia Cristiana. Fu eletto per la prima volta deputato nella VII legislatura repubblicana dopo la campagna elettorale del 1976, l’anno in cui il PCI di Enrico Berlinguer tentò il sorpasso. Si candidò in Sardegna ed ebbe un successo insperato, arrivando secondo dietro Cossiga con 87 mila preferenze. Entrò in un Parlamento in cui la DC, costretta dalla durezza della battaglia ad aprire le liste, aveva più di cento deputati nuovi. Lui stesso ha ricordato: <<c’era uno splendido clima, pieno di fermenti e di speranze>>. Si chiudevano gli anni del compromesso storico. Scrisse più tardi: <<Noi gettammo un seme, quello della liberaldemocrazia, attorno al quale andava costruito un blocco che doveva contrastare la sinistra comunista allora vincente in Italia e nel mondo>>.. Rieletto fino all’XI legislatura, in quegli anni ha ricoperto l'incarico di Sottosegretario all'Agricoltura nel secondo governo Craxi e nel sesto governo Fanfani. È stato Presidente del Comitato di Controllo per i Servizi di Informazione e Sicurezza e per il Segreto di Stato dal 1987 al 1991.Vicecapogruppo della DC alla Camera.

Il 9 giugno 1991 ha promosso il primo referendum elettorale sulla preferenza unica che lo ha reso popolarissimo. Il 31 luglio 1992 Segni fondò, sull'onda del successo referendario, il movimento Alleanza Democratica, per promuovere i referendum per la modifica della legge elettorale da proporzionale in maggioritaria e provocare un rinnovamento radicale nel sistema politico italiano. C’era al suo fianco l’amico Massimo Severo Giannini passato in precedenza sa pur brevemente per il nostro Ateneo. Iniziava l’epopea referendaria, un periodo straordinario, come lui stesso scrisse <<un fiorire di speranze e di tensioni che capitano una volta nella vita, forse una volta al secolo>>.

Il 23 marzo del 1993 abbandonò la DC, colpita dall'inchiesta Mani Pulite. Grazie al sostegno di alcuni leader del centrosinistra italiano, tra cui Achille Occhetto e numerosissimi esponenti della società civile, la consultazione referendaria che si tenne il 18 aprile del '93 superò trionfalmente il quorum e si concluse con la vittoria del sì. In breve tempo Mario Segni al vertice del Movimento dei popolari per le riforme divenne uno dei leader politici più amati ed apprezzati dall'elettorato italiano, avviando una rivoluzione che però presto si sarebbe arenata..

Poi le delusioni, il frantumarsi del fronte referendario, l’ingresso in campo di Berlusconi, il clima torbido che avrebbe fatto esplodere la corruzione nella politica. .

Nel 1994 fondò, separandosi da Alleanza Democratica, un nuovo movimento politico, il Patto Segni, che operò d’intesa con Martinazzoli ma subì pesantemente gli effetti della nuova legge elettorale che di fatto avvantaggiò Berlusconi. Eletto deputato alle elezioni politiche del 1994 ma solo con il recupero proporzionale (sconfitto nel collegio uninominale di Sassari) alla Camera guidò il Patto Segni verso una linea di opposizione al primo governo Berlusconi, con una piena intesa con le posizioni di Indro Montanelli sui referendum: << Li appoggio perché almeno una volta nella vita spero di vedere una riforma che cambia gli italiani, e non gli italiani che cambiano una riforma>>.  Proprio in quei giorni Mariotto Segni pubblicava il volume La rivoluzione interrotta 1994.

Più tardi manifestò un iniziale interesse al progetto dell'Ulivo di Romano Prodi, ma ne criticò l'eccessivo sbilanciamento a sinistra. Nel 1996, in occasione delle elezioni politiche annunciò il suo ritiro dall'attività parlamentare italiana e tornò all'insegnamento universitario. Ciò che rimaneva del suo partito si federò con la Lista Dini - Rinnovamento Italiano, alleata col centrosinistra.

Rientrò sulla scena politica nel 1999, anno in cui propose un nuovo referendum al fine di abolire quella quota proporzionale che esisteva nel sistema elettorale (il 25%): vinsero i sì, ma per 150.000 voti il quorum non fu raggiunto. Ci riprovò l'anno successivo, ma anche stavolta non si recò alle urne più del 50% degli aventi diritto.

Alle elezioni europee del 1999 fuse quel che rimaneva del suo partito con Alleanza Nazionale sotto il simbolo dell'Elefantino; nonostante il sostanziale insuccesso della nuova alleanza, fu eletto come parlamentare europeo e a Strasburgo si occupò soprattutto degli affari costituzionali e dei rapporti tra l'Unione Europea e l’America Latina. In più occasioni lavorò per la continuità territoriale della Sardegna e per il superamento degli svantaggi dell’insularità.

Presidenzialista, tenace difensore della Costituzione e della partecipazione attiva dei cittadini alle scelte politiche del Paese, Mario Segni ha sempre avversato gli eccessi del berlusconismo, ma, fedele alla sua estrazione di cattolico e liberale, non ha mai voluto accettare avances neppure da L'Ulivo. È stato impegnato a promuovere un ritorno al sistema elettorale maggioritario, nato dal referendum da lui stesso promosso. In occasione del referendum costituzionale del 2006 Segni si schierò per il "no", contro la riforma voluta dal centrodestra.

Nei primi mesi del 2007 divenne Coordinatore del Comitato promotore dei Referendum elettorali promossi insieme al giurista Giovanni Guzzetta. L'obiettivo era l'abolizione dell'attuale legge elettorale vigente per l'elezione di Camera e Senato detta "Porcellum". Il 24 luglio dello stesso anno consegnò in Cassazione oltre 800 mila firme per la presentazione dei Referendum elettorali che si sono poi svolti il 21 giugno 2009. Tuttavia il quorum previsto dall'ordinamento italiano non venne raggiunto, ma alla fine del 2013 la Corte Costituzionale ha finalmente dichiarato incostituzionale la legge elettorale Calderoli (chiamata giornalisticamente porcellum).

Non sono un frequentatore del blog di Beppe Grillo, ma mi ha incuriosito una ironica dichiarazione di Mario Segni che è stata rilanciata in questi giorni dai cinque stelle: << Sono Mario Segni, quello che ha perso il biglietto della lotteria. L’uomo che aveva l’Italia in mano, come mi è stato detto molte volte. Ho cercato di spiegare che avevo perso le elezioni, non la lotteria, perché nel '94 ero candidato contro Berlusconi e lui prese molti più voti di me. Ma sono rimasto quello che ha perso la lotteria. Pazienza, un po’ mi dispiace. Ma non più di tanto, perché so che la vera lotteria erano i referendum e che con quelli abbiamo cambiato il sistema politico, cosa successa nel secolo scorso solo a De Gaulle, in Francia nel ‘58. Il fatto che, senza alcuna carica, sia stato il promotore di tutto questo mi rende orgoglioso. Adesso il biglietto della lotteria lo stanno rubando davvero. Ma non a me, a tutti noi. Con il primo referendum abbiamo mandato a casa Craxi e un bel po’ di politici. Con il secondo referendum, quello sul maggioritario, ci siamo conquistati il diritto di scegliere direttamente sindaco, presidente della Provincia e della Regione. Con il governo il diritto ce lo siamo conquistato a metà. Nel 94 abbiamo scelto Berlusconi e Bossi l’ha mandato via. Nel 96 abbiamo scelto Prodi e i suoi amici l’hanno sbattuto via. Nel 2001 ha vinto Berlusconi ed è rimasto in carica sino alla fine. In fondo questo è il nocciolo della democrazia. Ma ce lo stanno sfilando di mano. Oggi ci assicurano che tutto rimarrà come prima, che il governo continuerà a sceglierlo il cittadino: tutte balle!>>.

Mariotto ha più volte dichiarato di aver fatto battaglie bellissime, per cose in cui credeva, perché l’indifferenza lo angoscia. Ancora oggi continua a considerare la politica uno dei campi in cui un uomo può dare di più agli altri. Ne ha parlato nell’ultimo libro, Niente di personale,  solo cambiare l'Italia del 2010: Che cosa si può dire oggi di queste speranze di cambiare l’Italia? <<Qualche anno fa - racconta Mario Segni - un medico che mi assisteva al pronto soccorso del S. Giacomo mi fece un gran complimento: lei è l'unica persona che ci ha provato sul serio, mi disse. Ma è più facile ragionare con i talebani che cambiare la testa degli italiani. Dunque le speranze dì Montanellì sono state deluse e tutto è rimasto come prima? Eppure queste battaglie hanno traversato per due decenni la politica italiana, hanno acceso una straordinaria messe di passioni e di speranze, e hanno portato all’elezione diretta di sindaci, presidenti dì provincia e governatori. E nei comuni, dove la riforma si è completata, sono nate figure nuove e un nuovo modo di governare. Eppure la battaglia istituzionale, più che mai necessaria, non basta più. Perché si sono persi i valori fondamentali della legalità e del senso dello Stato>>.

Mariotto Segni ama il mare, le barche e i pescatori, partecipa da sempre alle gare di vela latina, con una passione che è stata anche di Enrico Berlinguer, come si può constatare guardando le immagini di Stintino nel 1938 nel recente volume di Giovanni Gelsomino, L’ultimo leader.

C’è nella biografia di due politici come Mario Segni ed Enrico Berlinguer, tanto diversi ma anche tanto radicati e tanto amati, davvero tutta la Sardegna, Sassari, l’Asinara e Stintino.

L’occasione di oggi vuole rinnovare un legame, riconoscere un impegno, costruire una Sardegna nuova.

Ultimo aggiornamento Mercoledì 10 Settembre 2014 08:17

Multa venientis aevi populus ignota nobis sciet
multa saeculis tunc futuris,
cum memoria nostra exoleverit, reservantur:
pusilla res mundus est,
nisi in illo quod quaerat omnis mundus habeat.


Seneca, Questioni naturali , VII, 30, 5

Molte cose che noi ignoriamo saranno conosciute dalla generazione futura;
molte cose sono riservate a generazioni ancora più lontane nel tempo,
quando di noi anche il ricordo sarà svanito:
il mondo sarebbe una ben piccola cosa,
se l'umanità non vi trovasse materia per fare ricerche.

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