Il lapidario di Rimini intitolato a Giancarlo Susini.

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Scritto da Administrator | 06 Gennaio 2016

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Il lapidario di Rimini intitolato a Giancarlo Susini.

Il lapidario di Rimini è stato intitolato a Giancarlo Susini (Bologna 1927-2000): il 12 dicembre scorso Angela Donati ha svolto in quella sede una breve presentazione del nostro maestro, che vogliamo ora ricordare con le parole pubblicate sui Rendiconti dell'Accademia dei Lincei nel 2003.

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Giancarlo Susini e la Sardegna antica di Attilio Mastino

Ho avuto l’onore di ricordare Giancarlo Susini a Sassari già nel dicembre 2000, in occasione del XIV convegno internazionale de “L’Africa Romana”, dedicato al mare tra Geografia storica ed economia: ebbi allora modo di ricordare che il  23 ottobre precedente, mentre con il Rettore Alessandro Maida e con il Senato Accademico dell’Università di Sassari percorrevamo Henchir ed Douâmis, 'la collina dei sotterranei' ad Uchi Maius in Tunisia, apprendemmo con dolore profondo la notizia della scomparsa di questo grande maestro, che ci era caro ed al quale ci legano tanti ricordi preziosi.

Volli raccontare allora i vincoli che univano Susini alla Sardegna:  negli anni 70, la presenza di Angela Donati nella Facoltà di Magistero di Sassari aveva confermato i legami di Susini, di famiglia originaria della Corsica, con un’altra isola, la Sardegna, alla quale guardava con simpatia ed affetto, sia che studiasse le fasi della romanizzazione a Capo Testa, a Santa Reparata ed a Capicciolu, alla scoperta delle cave di granito, dei non finiti, delle colonne e dei blocchi semilavorati con i segni degli strumenti antichi abbandonati sulla costa; sia che ricostruisse con la lampada di Wood le incerte tracce di un alfabeto greco sulle pareti dell’ipogeo di San Salvatore di Cabras; sia che percorresse la valle del Temo o raggiungesse con i suoi studenti l’acropoli di Cornus sulle orme di Ampsicora, l’alleato di Annibale raccontato da Livio oppure l’area paleocristiana di Columbaris, alla ricerca delle scritture antiche; sia infine che si avventurasse coraggiosamente con me e con Raimondo Zucca su un’instabile barchetta per osservare Tharros dal mare.  E poi l’attenzione per l’età nuragica anche su riviste locali di modestissima diffusione e per la fase fenicia e punica in una dimensione mediterranea; le curiosità per i musei locali ed in particolare per le collezioni epigrafiche, con attenzione per gli aspetti istituzionali di quella che fu forse la colonia cesariana di Turris Libisonis; l’aggiornamento continuo e la presentazione delle più recenti pubblicazioni sulla Sardegna romana, come la recensione del volume di studi in onore dell’Accademico dei Lincei Giovanni Lilliu. In sintesi, la Sardegna come una terra di periferia, un mondo di periferia, una preziosa periferia, con fenomeni di conservazione, di relegazione ma insieme un punto collocato al centro del Mediterraneo antico tra Africa ed Europa, dunque anche aperto alle differenti influenze culturali. Ad Oristano nel 1992 Susini presentò il volumetto-guida di Angela Donati e di Raimondo Zucca sui segni, sulle navi, sulle scritture antiche dell’ipogeo di San Salvatore a Cabras, l'antico santuario dedicato ad Eracle Salvatore, vascelli effigiati che restituivano la suggestione della Sardegna come terra di approdi dal mondo e di pulsioni verso il mondo.

A Sassari Susini è stato uno dei fondatori dei convegni de “L’Africa Romana”, ai quali ha partecipato dalla prima edizione nel 1983 con grande assiduità, riferendone sul bollettino dell’Association Internationale d'Épigraphie Grecque et Latine per “Epigraphica”. Voglio citare solo alcune frasi dell’intervento conclusivo improvvisato in occasione del I convegno che era stato aperto da Marcel Le Glay, ormai vent’anni fa: <<io vorrei sottolineare, uscendo dal temenos del nostro colloquio, che quanto è trionfato [qui a Sassari], nei discorsi e negli interventi, sono il rispetto, l’attenzione, la simpatia, la passione per il valore e la complessità delle culture antiche dell’Africa>> un interesse <<fatto di curiosità non banali che non coinvolge solo gli addetti ai lavori, ma che dilaga, partendo dal momento punico: c’è il bisogno profondo di capire l’essenza, i coefficienti delle culture molteplici, complesse, che camminavano prima e dopo Annibale, lui che veniva dalla lontana Iberia, seguendo la via di Ercole e che hanno composto tanti momenti e tanti aspetti della storia comune del Mediterraneo>>.

Scrivendo l’introduzione al quinto volume, Susini riprendeva la premessa fenicio-punica, la via aperta dai Cartaginesi da Tiro a Gades, tra il Vicino Oriente e l’Atlantico, quando le storie dei Libii, dei Mauri, dei Numidi, si incontrarono con quelle dei Cartaginesi, con i Greci e con i Romani. Susini ridisegnava la geografia antica:  «La storia dell’Africa romana - nel significato di un corònimo culturale - è storia di intersezioni; non si scrive tale storia senza prendere conoscenza con i palinsesti libico, numida, mauro, perché la storia punica è ancora storia di tali radici e di tali apporti, perché la storia romana è ancora punica e la storia bizantina sarà storia punica e romana».

Per Susini l’impresa africana non serve soltanto un tratto limitato della storia antica, ma fruga e si approfondisce in un pertugio - quasi un mundus che mena all’accumulo delle memorie nel sottoterra - aperto tra le ragioni di fondo della storia intera della civiltà: quella nella quale l’Africa romana si delinea come versante essenziale del sapere e della formazione delle conoscenze: Annibale, Giugurta, Agostino sono alla base anche della storia delle nuove nazioni africane, che riconoscono il proprio passato come una storia unitaria.

Nell’89 a Sassari, Giancarlo Susini ha presentato gli Atti del VI Convegno dedicato alla fase tardo-antica, ed i volumi di Pierre Laporte sull’accampamento della coorte dei Sardi a Rapidum, di Michel Christol ed Andreina Magioncalda sui governatori della Mauretanie e di Gianni Brizzi su Cartagine, tra storia militare ed ideologia politica, tra Annibale, Ampsicora e mondo celtico: icasticamente Susini osservava che tra le pagine di Brizzi rimbalza la testa mozzata di Gaio Flaminio.

L’attenzione di Susini per l’Africa risale però già agli anni '60: timoli e suggestioni che l’avevano visto da ultimo accogliere la proposta dell’Institut National du Patrimoine di assumere il coordinamento per gli studi storici nell’ambito del progetto pilota del Ministero degli Affari Esteri diretto da Piero Bartoloni sulle indagini archeologiche a Zama Regia in Tunisia. Un impegno che ancora una volta lo vedeva lavorare alla raccolta delle fonti storiche e all’interpretazione delle nuove iscrizioni, come quella straordinaria che cita i Zamenses Regii recentemente scoperta da Ahmed Ferjaoui. Un impegno che si affiancava a quello delle Università di Sassari e di Cagliari ad Uchi Maius, ad Uthina, a Numluli e ad Agbia. Ne abbamo parlato il  15 dicembre 2002 a Tozeur, in occasione della seduta conclusiva del XV Convegno de "L'Africa Romana".

La nascita a Sassari nel 1990 del Centro di studi interdisciplinari sulle province romane (oggi diretto da Paola Ruggeri) interpretava  l’insegnamento di Giancarlo Susini, alla ricerca delle specificità regionali e locali nel quadro del generale fenomeno della romanizzazione, con particolare attenzione per le persistenze e le sopravvivenze locali, puniche ed ellenistiche: l’organizzazione provinciale romana, la cultura, l’urbanizzazione, l’economia, la vita religiosa dell’area occidentale del Mediterraneo in età romana, con attenzione però per quelle correnti culturali nate in periferia ma capaci di proiettarsi in modo vitale, creativo ed originale verso il centro della romanità; il tema del contributo che le singole realtà provinciali hanno dato per la costruzione di un impero nel Mediterraneo; lo spazio di contatto, di cooperazione e se si vuole di integrazione sovrannazionale. Proprio al nostro Centro (presso il Dipartimento di Storia che lo annovera tra i suoi benefattori)  Giancarlo Susini volle generosamente donare la sua preziosissima biblioteca, oltre mille volumi e 4000 estratti, riordinate a suo tempo con l'assegnazione di tre distinte tesi di laurea seguite dalla nostra Tiziana Olivari.

Multa venientis aevi populus ignota nobis sciet
multa saeculis tunc futuris,
cum memoria nostra exoleverit, reservantur:
pusilla res mundus est,
nisi in illo quod quaerat omnis mundus habeat.


Seneca, Questioni naturali , VII, 30, 5

Molte cose che noi ignoriamo saranno conosciute dalla generazione futura;
molte cose sono riservate a generazioni ancora più lontane nel tempo,
quando di noi anche il ricordo sarà svanito:
il mondo sarebbe una ben piccola cosa,
se l'umanità non vi trovasse materia per fare ricerche.

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