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Scritto da Administrator | 23 Ottobre 2016

Laurea ad Honorem di Alberto Ongaro
Sassari, 23 ottobre 2014

Autorità, cari amici, cari studenti,

questa laurea ad honorem che ci apprestiamo a conferire oggi allo scrittore Alberto Ongaro è uno degli ultimi atti del mio lungo mandato di Rettore. Come per tutti i cicli che si chiudono, non posso non provare congiuntamente un senso di liberazione per avere portato a compimento, con esiti che lascio agli altri giudicare, un compito così gravoso e in tempi così difficili, ed una inevitabile malinconia, perché è un periodo ventennale della mia vita che si chiude, prima come Prorettore, poi come Rettore: una malinconia sottile, che scaturisce inevitabilmente da tutto ciò che trova il suo compimento necessario e, peraltro, subito temperata e dissolta dalla prospettiva di poter tornare in toto ai miei studi di storia antica e di epigrafia, che ho dovuto spesso sacrificare, ma che – se consentire -  mi vanto di non aver mai abbandonato, avendo continuato a scrivere nel segno di una passione che non ho potuto accantonare o mortificare.

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Scritto da Administrator | 09 Ottobre 2016

Attilio Mastino
Gli Scritti Africani di Antonino Di Vita, curati da Maria Antonietta Rizzo Di Vita e Ginette Di Vita Evrard.
Roma, Istituto Nazionale di Studi Romani, 6 ottobre 2016

Ho letto con emozione questi due volumi di Scritti Africani di Antonino Di Vita, curati da Maria Antonietta Rizzo Di Vita e Ginette Di Vita Evrard, ritrovando luoghi che mi sono cari e scoprendo un filo rosso che unisce tanti frammenti sparsi e tante storie diverse, raccontate in quasi mille pagine, 52 articoli, 5 voci di enciclopedia, 17 tra recensioni, presentazioni e ricordi: con una vivacità che impressiona emerge una Tripolitania inedita, ma anche la Cirenaica, il Fezzan dei Garamanti, Cartagine, il teatro di Althiburos, Tipasa, Caesarea, la Numidia.

L’ho fatto però solo dopo aver sfogliato la straordinaria 40° monografia di archeologia libica pubblicata anch’essa da L’Erma di Bretschneider dedicata ai 45 anni di ricerche in Libia dell’Ateneo di Macerata: un’opera ricchissima, che attraverso tanti punti di vista, attraverso le parole dei colleghi e degli allievi, attraverso le immagini della Libia di oggi, consente di capire in profondità, di scavalcare questi decenni, di ricostruire un percorso lungo faticoso fatto di sacrifici personali, di fatiche fisiche che possiamo solo immaginare, di polemiche scientifiche, soprattutto permette di avere un quadro di quella che è davvero l’eredità lasciata da Antonino Di Vita, un gigante dei nostri studi e insieme un maestro capace di stimolare, creare curiosità e interesse tra i giovani, mobilitare risorse e forze nuove fino agli ultimi giorni, fino alla guerra sanguinosa che la Libia sta ancora vivendo in una interminabile fase post-coloniale.

Le sue grandi imprese africane testimoniano capacità organizzative e direzionali non comuni, che bene si sono manifestate negli anni in cui fu Rettore dell’Università di Macerata tra il 1974 e il 1977, quando fu nominato direttore della Scuola Archeologica Italiana di Atene al posto di Doro Levi, un incarico che sembrava assorbirlo interamente; ma questi volumi ci restituiscono lo studioso, l’archeologo colto, il filologo capace anche di pignolerie e di interventi puntualissimi su aspetti di dettaglio, come quando a Sassari nel 1989 mi aveva tormentato sui proiettori speciali che erano necessari per le sue rare grandi diapositive che accompagnavano al VII convegno de L’Africa Romana il suo intervento su Antico e tardo antico in Tripolitania: sopravvivenze e metodologie, ripubblicato in questa sede con le spettacolari immagini della tomba del defunto eroizzato di Sabratha e di sua moglie, sepolti in età giulio-claudia. Allora aveva un poco approfittato della nostra gratitudine, pubblicando nelle 16 costosissime tavole a colori i tondi dei 4 venti della villa di Tagiura, gli emblemata di Oceano e di Artemide Selene da Sabratha, l’incredibile Anfitrite tra le Nereidi e la tomba di Aelia Arisuth di Gargharesc. Ci aveva fatto scoprire un mondo colorato e emozionante, che ora ritroviamo in queste pagine nelle quali sono pubblicate tante foto a colori originali, recuperate negli ordinatissimi archivi del Centro di Macerata.

Ultimo aggiornamento Domenica 09 Ottobre 2016 20:14

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Scritto da Administrator | 02 Ottobre 2016

Premio città di Ozieri di letteratura sarda, 1 ottobre 2016
Intervento del Presidente della giuria Attilio Mastino

Cari amici,

questa 57° edizione del Premio Ozieri vede la straordinaria partecipazione di tanti appassionati poeti, pieni di sentimenti, di voglia di confrontarsi, desiderosi di difendere la lingua, la poesia e la cultura della nostra terra. Eppure questa edizione si apre con un’assenza irrevocabile, quella del Presidente onorario Nicola Tanda, che prima di me ha presieduto la nostra Giuria per oltre vent’anni e che mi aveva chiamato a sostituirlo, con una generosità che mi aveva lasciato senza parole. Nicola è stato un attivo protagonista anche di altri importanti Premi letterari in Sardegna, punto di riferimento per tante generazioni di poeti e scrittori sardi.

Il nostro Nicola è scomparso il 4 giugno a 88 anni di età a Londra, assistito dal figlio Ugo: la sua lunga stagione ha avuto molti successi e molta forza. Sullo sfondo del suo impegno intelligente e colto c‘era una scelta non scontata, la progressiva codificazione e circolazione letteraria plurilingue che è alla base anche dell’edizione del Premio Ozieri negli ultimi anni. Ne hanno parlato Dino Manca, Vittorio Ledda, Antonio Canalis, Paolo Pillonca.

Nicola considerava Ozieri, la città di adozione che gli aveva conferito la cittadinanza onoraria, la culla della lingua sarda, per usare la recente espressione del giornalista franco-corso Xavier Pierlovisi, Ozieri “ville historique, parraine de la protection de la langue sarde”.  Il premio che daremo al prof. Edgard Radtke del Romanisches Seminar dell’Università di Heidelberg, in passato vicepresidente della Società di Linguistica Italiana, va in questa direzione.

E ciò anche nei tempi dell’accertato mancato assolvimento da parte dell’Italia degli obblighi imposti dalla Convenzione quadro delle minoranze nazionali in vigore da vent’anni, sia pure teoricamente tutelati dalla legge  482/99 e, in Sardegna, dalla legge regionale 26/97, che pure è più avanzata rispetto alla legge nazionale. E’ di poche settimane fa la rigorosa ispezione disposta dall’Unione Europea, che non è stata positiva in tema di difesa dei diritti delle minoranze linguistiche.

Ultimo aggiornamento Domenica 02 Ottobre 2016 23:32

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Scritto da Administrator | 20 Settembre 2016

Ricordo di Tito Orrù in occasione dell’intitolazione della circonvallazione di Orroli alla sua memoria.
Orroli, 17 settembre 2016


Cari amici,

rispondendo all’invito del sindaco Antonio Orgiana, sono arrivato ad Orroli, “il paese delle roverelle” secondo l’etimologia di Massimo Pittau, giungendo da Fonni, Desulo, Santa Sofia, percorrendo i tornanti che scendono da Villanovatulo, il paese di Ercole Contu, e poi risalendo verso Nurri: qui ho avuto un colpo al cuore osservando i colori rossastri della vegetazione che inizialmente pensavo fossero quelli dell’autunno e che invece sono i colori che testimoniano una ferita sanguinante causata dai terribili incendi dei mesi scorsi.

Questi sono i luoghi che Tito Orrù amava di più, dove ci eravamo recati assieme a Silvio Sirigu e Armando Giocondo, che mi avevano portato all’inizio degli anni 90, nel Sarcidano, mentre si svolgevano ad Orroli gli scavi voluti da Fulvia Lo Schiavo nell’unico nuraghe pentalobato della Sardegna, Arrubiu, con le sue 21 torri e le inedite testimonianze del riuso in età romana con gli impianti produttivi tardi. Si riprendevano gli scavi svolti trent’anni prima, nell’immediato secondo dopoguerra,da Ercole Contu che aveva usato mezzi rudimentali, perfino una matassa di spago per misurare e rilevare il nuraghe rosso. Soprattutto lo aveva incuriosito il volume del 1992 da me dedicato alla tavola di Esterzili:, ai pastori sardi Galillenses e ai contadini originari dalla Campania romana i Patulcenses nell’età di Nerone: sono i luoghi cari anche ad Ercole Contu, originario della vicina Villanovatulo. Per Orrù e per Contu, al di là della scoscesa vallata del Flumendosa, l’orizzonte era chiuso dai monti di Esterzili (il paese di Fernando Pilia), sui quali sorgeva un edificio misterioso, che conservava tracce dei frequentatori preistorici, costruttori di quel tempio megalitico rettangolare noto come Domu de Orgìa.

Ultimo aggiornamento Martedì 20 Settembre 2016 20:17

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Scritto da Administrator | 31 Agosto 2016

Oltre il fiume Oceano
Uomini e navi romane alla conquista della Britannia
Il modello di proiezione romano alla prova d’Oltremare raccontato da un marinaio

di Cristiano Bettini
MUT- Museo della Tonnara - Stintino, 30 agosto 2016

Parlare di navigazione oceanica qui a Stintino, a due passi dall’isola d’Eracle, significa partire dalla rotta seguita dai naviganti greci e cartaginesi verso il favoloso occidente mediterraneo oltre le Bocche di Bonifacio del Fretum Gallicum verso la Gallia Narbonense e in direzione delle colonne d’Ercole, verso l’Oceano. E ricordare che il toponimo Fretum Gallicum è utilizzato in età romana per indicare anche il canale della Manica. Soprattutto significa partire dai misteriosi mostri marini che abitavano il mare Sardum tra la Sardegna e la Corsica, le due grandi vere isole del Mediterraneo, collocate per i Romani al di là del grande mare; infine richiamare la dimensione dell’ecumene inizialmente sulle rive di quel Mare Nostrum che nella sua denominazione originaria greca (par’emin thalasse) era priva di quell’odioso senso “proprietario” e “imperialista” che le si vorrebbe attribuire e che le è stato attribuito in passato; soprattutto significa uscire da quel mare interterraneo sul quale per Platone abitavano uomini come formiche o rane sulle sponde di uno stagno o di una palude. Significa affrontare l’oceano, affacciarsi in campo aperto, cercare nuove rotte, seguir con l’Ulisse di Dante virtute e canoscenza, <<perché fatti non foste a viver come bruti>>.

Questo libro dell’Ammiraglio di squadra Cristiano Bettini, già Sottocapo di Stato Maggiore della Difesa dal 2011 al 2013 (con un curriculum davvero importante e di tutto rispetto) vede la luce e viene presentato a pochi mesi dalla cosiddetta “Brexit”, l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea, in un momento storico complesso in cui il tema dell’unità del Nord e del Sud dell’Europa si pone davvero in primo piano. L’autore conosce i luoghi di cui parla, è stato per alcuni anni addetto militare italiano alla nostra ambasciata di Londra ed è consapevole come <<il modello politico, militare e sociale romano >> sia ancora centrale nella cultura britannica.

Ultimo aggiornamento Martedì 20 Settembre 2016 20:18

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Scritto da Administrator | 28 Agosto 2016

Attilio Mastino
I decenni tra l’esilio in Sardegna di Callisto e quello di Ponziano:
i rapporti tra cristiani e pagani.

Per un paradosso della storia, la prima notizia relativa alla presenza di cristiani in Sardegna nell’età di Commodo precede di vent’anni la più significativa testimonianza dei culti pagani nell’isola, la ricostruzione del tempio del dio “nazionale” Sardus Pater, che documenta la vitalità delle antiche tradizioni pagane locali: tra il 213 ed il 217 d.C. si può infatti datare l’epigrafe dedicatoria all’imperatore Caracalla, in occasione dei restauri dell’antico tempio di Antas in comune di Fluminimaggiore nella Sardegna sud-occidentale, a breve distanza dall’isola circumsarda di Sulci-Sant’Antioco, che Tolomeo conosce come Molilbòdes, l’isola del piombo, Plumbaria.

Si tratta di un edificio, completamente nuovo non solo rispetto a quello cartaginese costruito per Sid Addir Babi, ma anche rispetto a quello di età graccana (o augustea), che oggi conosciamo attraverso le terrecotte architettoniche del frontone; il tempio severiano testimonia la sopravvivenza dell’antico culto salutifero del grande dio eponimo della Sardegna, il Sardus Pater figlio di Eracle, interpretatio romana del dio fenicio di Sidone (Sid figlio di Melkart), dell’eroe greco Iolao Padre compagno di Eracle e probabilmente dell’arcaico Babi, forse un dio venerato da età preistorica presso il santuario nella vicina grotta di Su Mannau. Sovrapposto infine al Sardo figlio di Makeris delle fonti greche.

La cosa straordinaria è che il culto pagano del dio “nazionale” veniva affiancato e integrato con il culto di Eracle, padre di Sardus, e di conseguenza – secondo un progetto che potrebbe esser attribuito già a Commodo – affiancava Caracalla ad Eracle e lo integrava al culto imperiale, ormai fondato su un’articolata organizzazione provinciale (con sede a Carales) e municipale (che è documentata nella vicina Sulci). L’aditon bipartito del tempio testimonia forse la pratica congiunta del culto, se dobbiamo immaginare la statua di Sardus col suo caratteristico copricapo di piume in una cella (rimane un dito in bronzo di 15 cm. di lunghezza) e quella di Caracalla-Ercole nell’altra cella, mentre l'altare era localizzato secondo l'uso romano sula scalinata d'accesso al tempio. Oggi conosciamo meglio la planimetria del tempio tetrastilo, suddiviso longitudinalmente in anticella, cella e penetrale.

Ultimo aggiornamento Domenica 28 Agosto 2016 23:17

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Scritto da Administrator | 04 Luglio 2016

Tomasino Pinna (1949-2016)

Tomasino Pinna è scomparso il 25 giugno dopo otto mesi di terribili sofferenze iniziate il 30 ottobre con l'incidente in Ogliastra: a 66 anni di età, lascia nel dolore Luciana e Adriano, ma anche tanti amici di una vita che, come me, lo conoscevano da quasi cinquanta anni, partendo dai luminosi anni della Facoltà di Lettere di Cagliari, dove era cresciuto alla scuola di Alberto Mario Cirese e della sua Clara Gallini.

Ho consultato in questi giorni lo stato matricolare di Servizio elettronico, rilasciatomi dall’Area del settore personale dell’Università: dopo i 15 anni trascorsi alla Facoltà di Lettere e Filosofia di Cagliari, si era trasferito il 20 aprile 1988 a Sassari come ricercatore confermato a tempo pieno nel gruppo di discipline n. 30, assegnato all’Istituto di Antichità, Arte e discipline etnodemologiche della Facoltà di Magistero. Supplente di Storia delle religioni ininterrottamente dal 1991 (quasi sempre a titolo gratuito), dal 1992 era passato all’Istituto di studi etnoantropologici della Facoltà di Lettere e Filosofia  e poi dal I gennaio 1999 al nostro Dipartimento di Storia.

Ultimo aggiornamento Lunedì 04 Luglio 2016 19:51

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Multa venientis aevi populus ignota nobis sciet
multa saeculis tunc futuris,
cum memoria nostra exoleverit, reservantur:
pusilla res mundus est,
nisi in illo quod quaerat omnis mundus habeat.


Seneca, Questioni naturali , VII, 30, 5

Molte cose che noi ignoriamo saranno conosciute dalla generazione futura;
molte cose sono riservate a generazioni ancora più lontane nel tempo,
quando di noi anche il ricordo sarà svanito:
il mondo sarebbe una ben piccola cosa,
se l'umanità non vi trovasse materia per fare ricerche.

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