Identità latinoamericana e identità mediterranea

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Scritto da Administrator | 04 Dicembre 2013

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Attilio Mastino
Identità latinoamericana e identità mediterranea
Sassari, 29 novembre 2013

Ho l’onore di aprire questo XXXIII Seminario per la Cooperazione Mediterranea dedicato al tema Identità latinoamericana e identità mediterranea promosso dall’ISPROM, dal nostro Dipartimento di Giurisprudenza, da nostro Seminario di studi latinoamericani, con la presenza di ospiti, di studiosi, di tante persone che ci sono care. Vi accogliamo in quella sala che ospitava dell’Ottocento il Gabinetto archeologico dell’Università studiato nell’ottobre1877 da Theodor Mommsen, testé evocato da Vanni Lobrano: a giorni scopriremo una lapide per ricordare la visita dello studioso tedesco all’indomani della pubblicazione della Römische Staatrecht.

So che molti dei nostri ospiti meglio di me saranno in grado di offrire uno sguardo originale, non circoscritto e non limitato, dato che provengono da un ambiente internazionale, dall’Accademia delle Scienze di Russia, dall’Università Nazionale Scuola Superiore di Economia di San Pietroburgo, dall’Istituto di Alti studi in Geopolitica e scienze ausiliare, dall’Associazione di studi sociali latino americani che celebra i suoi 40 anni di attività, dal Grupo de Trabajo de Jurisprudencia del Consejo europeo de Investigaciones Sociales de América Latina.

Allora credo di essere la persona meno adatta ad affrontare – in quello che in modo esagerato nel programma viene definito Discorso di apertura - il tema della proiezione dell’identità mediterranea verso l’America Latina, eppure tenterò un esercizio per entrare in sintonia con la tradizione di quegli studi latino americani che sono stati coltivati in questa Università da molti di voi, qui a Sassari negli anni 70 oltre che da Pierangelo Catalano anche da Sandro Schipani, che ricordo sempre con affetto e viva simpatia, anche perché è stato capace di insegnarci un metodo partendo dal rispetto delle persone, di aprire orizzonti nuovi, di creare reti, di suscitare curiosità e passioni profonde. Del resto ci ha pensato Giovannino Massarelli ad erudirmi un po’ e a farmi un’idea dei problemi che oggi trattiamo, regalandomi qualche abbonamento a riviste latinoamericane.

Vorrei portarvi per un attimo in Brasile, al Museo religioso José de Anchieta presso l’originaria colonia gesuitica di San Paolo, nel cuore della degradata città moderna, al di fuori della luccicante Avenida Paulista col ben più moderno Museo d’Arte San Paolo MASP: all’interno del Museo religioso he ricorda la originaria riduzione gesuitica, sono rimasto impressionato dall’enorme dipinto, credo poco noto, che ricorda i 40 martiri gesuiti morti nel naufragio sulle coste delle nuove Indie. E’ un’accurata raffigurazione cinquecentesca del mare in burrasca, della nave rovesciata, degli scogli inospitali, degli eroi della colonizzazione gesuitica, trasformati in tante fiammelle che ascendono prodigiosamente in cielo sotto lo sguardo della Madonna. In quelle immagini, negli oggetti di culto, nelle rozze cartine che segnano l’avanzare dell’espansione portoghese, ritorna profondissimo il senso di un sacrificio, di un impegno, di un’eredità, se si vuole anche di una solidarietà verso gli aborigeni del nuovo mondo e di una speranza, quella di trasmettere il testimone di una civiltà antica che si apriva al nuovo mondo verso le sterminate terre incontaminate del Sud America.

José de Anchieta arrivò in Brasile, chiamato dal provinciale  Manuel da Nobrega, il 13 giugno del 1553, a 20 anni di età, insieme ad altri sacerdoti, come il basco Juan de Azpilcueta Navarro. Sbarcato a Santos, nello sviluppo della sua azione missionaria al di là della catena montuosa della Serra do Mar, fondò il 25 gennaio 1554 nell'altipiano di Piratininga il Colégio de São Paulo de Piratininga, in cui fu reggente, embrione della città di San Paolo, insieme con altri sacerdoti della Compagnia di Gesù. Questo villaggio contava, nei primi anni della sua esistenza 130 persone, 36 delle quali avevano ricevuto il battesimo. Si occupò non solo di educare e catechizzare gli aborigeni nomadi  Tupi-Guarani, ma anche di difenderli dagli abusi dei colonizzatori portoghesi, che li volevano, non di rado, fare schiavi.

Al di là di ogni retorica e di ogni mitizzazione relativa alle missioni civilizzatrici dei gesuiti nel territorio della Plata già dal 1585 e poi in Paraguay o nel resto dell’America Latina, vorrei oggi ricordare che negli stessi anni i gesuiti fondavano in Sardegna a Sassari il Collegio Gesuitico, da cui sarebbe nata la nostra Università.

Due mesi fa, parlando davanti a Papa Bergoglio, il papa argentino che tanto amiamo, ho ricordato che alle origini dell’Università di Sassari c’è l’accettazione nel 1559 da parte del Generale della Compagnia di Gesù padre Diego Laínez del testamento del cav. Alessio Fontana, funzionario della cancelleria di Carlo V e in relazione con Ignazio di Loyola:

Nel 1562, durante il regno di Filippo II, nell’ultimo anno del Concilio di Trento, iniziavano a Sassari  le lezioni  nel Collegio gesuitico. I primi docenti che incominciarono ad insegnare a Sassari grammatica, umanità e retorica dal martedì 1° settembre 1562 furono: Juan Olmeda, di Cuenca (Castiglia), classe di mayores, poco più di 20 studenti; Juan Naval, spagnolo, classe di medianos, circa 50 studenti; Antonio Bosch, diocesi di Barcellona, classe di menores, circa 80 studenti Nei primi anni un fratello laico venne designato a insegnare a leggere e scrivere a circa 200 ragazzi.

La mortalità tra i gesuiti non abituati alla malaria della Sardegna fu alta: dei primi tre, solo uno sopravvisse entro i primi tre anni; nel secondo anno insegnò straordinariamente grammatica anche il portoghese Francisco Antonio, che poi sarebbe diventato celebre.

Pio IV aveva concesso al generale della Compagnia e ai rettori di collegi da lui designati il potere di conferire tutti i gradi accademici in filosofia e teologia anche a studenti non gesuiti, a condizione che negli stessi collegi si svolgessero i corsi di quelle facoltà, gli studenti ne avessero frequentato i corsi e ne avessero superato gli esami. Entro la fine degli anni Sessanta del 1500 a Sassari si svolgevano già quei corsi ma il generale non autorizzò il conferimento di gradi accademici se non cinquanta anni dopo. Nel corso dei decenni successivi il Collegio gesuitico di Sassari, nel quadro dell’ordinamento spagnolo del tempo, ha contribuito a formare un certo numero di studiosi e intellettuali che hanno cominciato a porsi la particolare specificità storico-culturale dell’Isola. .

Solo il 10 luglio 1612, quattrocento anni fa,  un altro Generale della Compagnia di Gesù Claudio Acquaviva autorizzò il rettore del collegio turritano (riconosciuto come università di diritto pontificio) a conferire i gradi accademici di <<bachiller, licenciado y doctor>>.  E’ lo stesso generale che promosse la colonizzazione dell’America Latina: istituendo coraggiosamente la provincia del Paraguay, egli non attribuì i nuovi territori né alla Provincia del Perù, né alla Provincia del Brasile, con le conseguenze che ben conosciamo per i successivi rapporti tra Argentina e Brasile, ma anche tra Spagna e Portogallo. Ho letto che Claudio Acquaviva aveva imparato da Cristo attraverso il Vangelo di Matteo che bisogna essere "prudenti come serpenti e semplici come le colombe". Ma Gesù aveva anche detto: "Vi mando come agnelli tra lupi". E agnelli tra lupi furono i missionari gesuiti in Paraguay, dove i lupi non sarebbero stati i selvaggi Guaranì, ma paradossalmente i colonizzatori civili e cristiani, decisi ad affermare un processo di colonizzazione fondato sulla schiavitù degli indigeni. Un processo che si sarebbe in qualche modo replicato più di recente nel vecchio mondo, nel corso della fase del colonialismo europeo dell’Ottocento lungo la riva meridionale del Mediterraneo, tra il Marocco e l’Egitto.

Forse agnelli tra i lupi furono anche i gesuiti inviati in Sardegna: a Sassari essi l’8 febbraio 1617 ottennero da Filippo III la carta reale de trasformava il collegio in università di diritto regio con le facoltà di filosofia e teologia, con tutte le prerogative e i privilegi degli studi generali della Corona d’Aragona.  Nel 1632 Filippo IV avrebbe concesso la facoltà di graduare anche in diritto civile e medicina.

La storia del nostro Ateneo potrebbe essere declinata da qui in avanti con un costante parallelismo con la storia delle più antiche università latino americane o con la ricerca di intersezioni e di rapporti, che non mi azzardo ad affrontare anche per rispetto alla competenza di tanti studiosi ben più preparati di me in materia. Sullo sfondo vorrei mettere però il tema dei diritti, che è stato radicato in Europa come in America Latina facendo leva sullo sviluppo delle infrastrutture della conoscenza, in particolare sulle Università, struttura portante per orizzonti di sviluppo e di modernizzazione.

Voglio dunque restare al 500 e ricordare che parlando ad Asuncion in Paraguay due anni fa ho ricostruito la fortuna che più tardi avrebbe avuto in America Latina l’idea di Roma antica, riletta attraverso la lente in parte deformante dei Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio di Nicolò Machiavelli, alla base di quelle che sarebbero divenute le istituzioni politiche latino americane. Più tardi il modello romano si sarebbe affermato soprattutto dopo la rivoluzione francese, che avrebbe enfatizzato il successo della repubblica e delle sue istituzioni, la libertà dei cittadini, l’idea di impero, il cesarismo e l’anticesarismo, il tema della cittadinanza.

Restando in Paraguay, la lezione del Machiavelli, filtrata attraverso l’esperienza rivoluzionaria giacobina, sarebbe comparsa  nitidamente nel pensiero giuridico e storico dei padri fondatori della Repubblica del Paraguay e nella esperienza di codificazione del diritto, soprattutto con riferimento alla proclamazione del triumvitato del 1811, poi della nomina dei due consoli con giurisdizione e autorità identica all’indomani del secondo Congresso del I ottobre 1813, la nomina di un magistrato titolare del potere esecutivo unico, come rimedio imposto dall’emergenza militare che si doveva affrontare, un dittatore per salvare la patria dagli stranieri, spagnoli ed argentini. Da qui la nomina del dott. José Gaspar Rodriguez Francia – formatosi in un convento francescano di Cordova -  prima come dittatore temporaneo per tre anni, poi nel congresso del 1817 fino alla morte nel 1840 come dittatore perpetuo, il titolo che era stato di Giulio Cesare. Bernardino Cano Radil, in un articolo del 2001 su “Maquiavelo y la construcción del Estato Nacional Paraguayo”, ha richiamato in particolare l’influsso sui fondatori della repubblica del Paraguay del Principe di Machiavelli, che pure appare secondario, rispetto ai Discorsi, in particolare per ciò che riguarda la centralità della volontà popolare, l’esercito, il fine che giustifica i mezzi utilizzati per raggiungere un risultato. Il fecondo modello romano mediato dall’interpretazione rousseauiana non fu abbandonato, se l’anno dopo la morte del dittatore perpetuo furono nominati prima un triumvirato provvisorio poi due consoli per un triennio Mariano Roque Alonso e Carlos Antonio López, quest’ultimo poi primo Presidente della repubblica del Paraguay a partire dal 1844. L’esperimento del dott. José Gaspar Rodriguez Francia, per quanto frainteso e travisato, non sarebbe stato completamente abbandonato ma anzi ripensato con riferimento al popolo romano modello di tutti i popoli liberi.

Dimensione certamente più rilevante ebbe negli stessi anni il venezuelano Simon Bolivar, il Libertador, che dal soggiorno in Spagna e a Parigi trasse l’ispirazione per la proclamazione della repubblica nel 1811, per la sua azione rivoluzionaria e per la nascita della Gran Colombia, dissoltasi con la sua morte nel 1830.

Al di là del giudizio storico su tanti altri straordinari protagonisti, che si sono alimentati con il pensiero classico ripensato in Europa e con la vitale ripresa della prospettiva imperiale, interessa in questa sede andare alla ricerca delle ragioni per le quali il modello repubblicano romano fu assunto prima dai giacobini e poi in iberoamerica al di là del grande mare come capace di ispirare un sistema costituzionale di un paese come il Paraguay o la Gran Colombia in una situazione di emergenza militare.

Temi che hanno un’eco nella riflessione politica di Giuseppe Garibaldi che traspare nelle Memorie, a partire dai tempi di Rio de Janeiro e di Montevideo a difesa delle repubbliche del Rio Grande nella rivolta dei farrapos e dell’Uruguay (1835-46), e poi soprattutto a difesa della repubblica romana nel 1849.

Le piste da seguire sarebbero moltissime e credo sarebbe fuori luogo un mio ulteriore approfondimento su identità diverse che hanno lontane origini comuni e che si incontrano nel tempo in modo straordinariamente fecondo, se si vuole anche contraddittorio e in bilico tra cesarismo e democrazia.

Ai nostri giorni, le migrazioni europee verso le sterminate terre dell’America Latina, che il nostro Alberto Merler ha studiato in passato con la sua peculiare competenza a cavallo dei due mondi,  hanno certamente arricchito il quadro di tante storie che si incontrano, di tante reti che si consolidano, di tante affinità culturali che oggi ci sembrano preziose e vitali. La storia personale di Papa Francesco è un tassello di queste vicende che presentano convergenze ma anche profonde differenze sociali, politiche e culturali, ancorate a identità che non si sovrappongono ma che hanno avuto costantemente contatti e relazioni tra loro.

Spero vorrete perdonarmi per questa per me inusuale scorribanda attraverso i secoli.

Due giorni fa si è svolta a Roma la VI edizione della Conferenza Italia-America latina, dedicata alla relazione strategica tra Italia e America latina, promossa dall’Istituto di alti studi in Geopolitica e scienze ausiliarie, l’ISAG, attorno al tema dello sviluppo territoriale sostenibile, anche nella dimensione storica e ambientale. Una occasione preziosa per una riflessione sull’orizzonte di sviluppo che può avere anche sul piano scientifico il tema che oggi stiamo declinando sul versante economico, giuridico, culturale. Contemporaneamente la Conferenza de Rettori ha presentato a Roma presso l’Università di Roma tre la campagna per il diritto all’identità in Italia promossa dall’Ambasciata della repubblica Argentina: attraverso questa campagna le autorità argentine cercano di localizzare e restituire alle famiglie legittime i circa 500 bambini sequestrati e scomparsi durante l’ultima dittatura militare, i niňos desaparecidos, molti di loro potrebbero trovarsi oggi in Italia, come i 109 bambini recuperati dall’Associazione Abuelas de Plaza de Mayo.

Volevo ricordare che il nostro Ateneo è interessato ad estendere rapporti con le Università latino americane nell’ambito della ricerca scientifica e dei master internazionali e che intende allagare le numerose convenzioni stipulate in questi ultimi anni: in rappresentanza dei nostri Dipartimenti, di Giurisprudenza, Agraria, Architettura, Scienze Economiche e Aziendali, Scienze Politiche, Scienze umanistiche e sociali, Chimica e Farmacia, Medicina clinica e sperimentale:

Le convenzioni da me firmate dopo la nascita dei nuovi dipartimenti sono ormai più di venti:

-         in Argentina con l’Universidad Nacional de Rosario, con l’Universidad de Flores, con l’Universidad de Moròn, con l’Universidad Nacional de la Plata, con l’Universidad Catolica de Cordoba.

-         In Brasile con l’Universidad Federal de Bahia, con l’Universidade de Sao Paulo, con l’Universidade Paulista de Sao Paulo UNIP, con l’Universidade Federal de Sao Paulo UNIFESP, con la Ponitificia Universidade Catolica do Rio Grande de Sul, con l’Universidade Federal do Rio Grande do Sul, con l’Universidade de Caxias do Sul, con l’Universidade do Estado de Rio de Janeiro, con l’Universidade Federal do Espirito  Santo..

-         In Colombia con la Universidad Piloto de Colombia

-         In Paraguay con la SEAM Secretaria del Ambiente, con l’Universidad Nacional de Asuncion.

-         In Uruguay con l’Universidad de la Republica Oriental del Uruguay.

-         In Venezuela con l’Universidad Bolivariana del Venezuela. Lascio da parte Cuba.

-         Infine in Cile con l’Universidad Austral de Chile, ma vorrei ricordare il ruolo del massimo studioso di Pablo Neruda, il nostro collega Hernàn Loyola, che nell’ottobre 1973 scavalcò il muro di cinta dell’ambasciata italiana a Santiago, pochi giorni dopo la morte di Allende, rifugiandosi poi a Sassari con tanti altri esuli cileni. Una storia che dice anche molto di come nell’immaginario collettivo latino americano fosse vista l’Europa e in particolare fosse rappresentato il nostro Paese, ma anche la nostra isola e la nostra università.

Per tornare in conclusione al Brasile, nei giorni scorsi Alberto Merler ci ha messo in contatto con il Rettore dell'Università Federale dello Stato di Espirito Santo (UFES) che ha molto gradito la nostra proposta di collaborazione e ci ha scritto proponendo a sua volta una serie di programmi di attività. Merler ha svolto molto lavoro a Vitória in collaborazione col professor Reinaldo Centoduccate. E’ solo un esempio delle tante iniziative che bollono in pentola e delle tante strade che abbiamo davanti a noi.

In chiusura lasciatemi ricordare i quattro esponenti della famiglia brasiliana tra le 16 vittime del ciclone Cleopatra, morti nei giorni scorsi ad Arzachena in località Mulinu vecchiu, annegati nello scantinato che avevano adibito ad abitazione, invaso in pochi secondi da un fiume di acqua e fango alto tre metri che non ha lasciato loro scampo.
Isael Passoni e la moglie Cleide, entrambi di 42 anni, e i figli Weriston, di 20 anni e Laine Kellen, di 16, sono stati sorpresi dagli effetti della piena del rio Mannu e del rio San Pietro mentre dormivano. I soccorsi sono arrivati all'alba, quando per loro non c'era già più nulla da fare. L’Università ha aperto una sottoscrizione per aiutare i superstiti, ma rimane il sapore amaro di un’accoglienza inadeguata o addirittura rifiutata, di un degrado ambientale in Sardegna che rischia di essere anche un degrado morale contro il quale dobbiamo sempre combattere.

Ultimo aggiornamento Mercoledì 04 Dicembre 2013 09:06