Il Popolo Sovrano in Romangia e l’era del socialista Antonio Catta. Impegno politico e sindacale in Sardegna tra Ottocento e Novecento.

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Scritto da Administrator | 27 Marzo 2017

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Vanna Pina Delogu
Il Popolo Sovrano in Romangia e l’era del socialista Antonio Catta. Impegno politico e sindacale in Sardegna tra Ottocento e Novecento
, Phasar edizioni


Intervento di Attilio Mastino

Cari amici,

negli anni ‘90 avevo sempre trovato inspiegabile la ragione per la quale il nostro compianto prof. Nicola Tanda avesse accettato di essere l’ultimo segretario provinciale del PSI, dopo la caduta di Bettino Craxi nel cuore dello scandalo di Mani Pulite. Lo ero andato a trovare a Sassari nella sede di Via Bellieni e l’avevo trovato sereno, anche se sapeva che il PSI ormai non avrebbe avuto un futuro. Certamente i compagni cercavano una figura alta, nobile, inattaccabile sul piano della indagine giudiziaria, ma continuavo a chiedermi la ragione per la quale Nicola Tanda si fosse prestato e non avesse rifiutato l’incarico.

Leggendo questo libro della nostra carissima  Vanna Pina Delogu ho capito tutto, ho riscoperto un legame profondo che univa Nicola Tanda con il socialismo delle origini, con il paese di Sorso, con gli ideali di una vita, con alcuni esponenti centrali nella Sardegna di fine Ottocento, che hanno molto da insegnarci ancora oggi, come è facilmente dimostrabile leggendo queste saporite pagine, cariche di polemica politica ma che segnano anche l’ascesa travolgente degli operai, dei contadini, dei conciatori, dei minatori in Sardegna, guidati dai loro giovani e vigorosi leaders ben prima della Rivoluzione d’Ottobre e della prima guerra mondiale: e ciò in una dimensione che va ben oltre i localismi, che si estende all’intera Sardegna e che assume in tante occasioni un orizzonte nazionale e internazionale. In mezzo a difficoltà di ogni tipo, collegamenti antiquati, pericoli, maldicenze, forse anche qualche tradimento e infedeltà.

Con delicatezza Vanna Pina Delogu ricostruisce a tutto tondo la figura di un personaggio, Antonio Catta, <<agitatore e predicatore socialista tra i più interessanti del primo socialismo isolano>>, fondatore del socialismo a Sassari, a Sorso, a Sennori, in tanti altri luoghi della Sardegna, oratore straordinario, amante del bello, che visse solo 56 anni, primo sindaco socialista deposto dal Generale Luigi Pelloux nel 1898 <<per aver demeritato del suo ufficio per la continua propaganda che egli fa nel suo comune e nei centri più importanti della provincia di Sassari>>. La sua straordinaria amicizia con il deputato repubblicano e anticlericale Felice Cavallotti, si sviluppò soprattutto durante i due viaggi compiuti in Sardegna nel 1891 e nel 1896 da Cavallotti, il fondatore della Lega della democrazia ispirata a Garibaldi. Due dei 10 discorsi pubblicati proprio nel 1896 per condannare la corruzione e la politica coloniale del governo Crispi furono pronunciati a Sorso davanti ad una folla entusiasta, come ricorda la lapide del 10 aprile 1898 conservata nel palazzo in rovina di Via Guglielmo Marconi, che ci auguriamo l’Amm.ne Comunale le voglia sistemare al più presto. Per arrivare qui, ho ripercorso oggi la strada che da Sassari toccava l’orrenda spelonca di S. Andrea e la campagna di Geridu, immaginando il percorso trionfale di Cavallotti tra i contadini della Romangia.

Catta fu il fondatore dell’associazione operaia e contadina “Il popolo sovrano” nel 1889 (solo tre anni dopo sarebbe nato a Genova il Partito dei lavoratori e quattro anni dopo a Reggio Emilia nel 1893 il Partito Socialista dei lavoratori italiani): oggi, al tempo dei partiti sovranisti che hanno tanto successo, questa denominazione sorprende davvero.

Fu poi consigliere e assessore della Provincia di Sassari, oratore davvero efficace, sindacalista capace di suscitare passioni e entusiasmi incredibili, fondatore l’8 marzo 1900 della Camera del Lavoro di Sassari con un inusuale monopolio socialista, anche se poi durante il funerale l’avv. Giovanni Mulas avrebbe deplorato il contegno proprio della Camera del lavoro di Sassari, <<che sorse per sua opera e per i suoi sacrifizi>>.

Le vicende della Camera del Lavoro di Sassari dalla fondazione all’avvento del fascismo sono già state ripercorse da Sandro Ruiu nel volume Tra città e Campagna, che parte proprio dalle conferenze degli Avv. Francesco Camboni e Antonio Catta, che avviarono la nascita dalle numerose leghe di miglioramento tra contadini, panattari, conciatori, tagliapietre, calzolai, muratori, scalpellini, marmisti, nonché le società dei vermicellai (i produttori di pasta) e tipografi che già esistevano. E poi il fecondo contatto con le società operaie di mutuo soccorso.

Sorprende il rapporto intenso, amichevole e addirittura appassionato con i barcaioli di Carloforte diretti dal medico Giuseppe Cavallera, che avevano subito più volte l’affronto del carcere, per le proteste del mondo minerario perennemente sfruttato e in difficoltà. I lavoratori del mare lo attendono con trepidazione, lo ascoltano con entusiasmo, lo applaudono con viva simpatia e affetto. Diceva Luciano Cicu di questo racconto scritto per i suoi lettori da Catta, un racconto che conserva il sapore della nostalgia e del rimpianto.  Sullo sfondo la crisi doganale, i rapporti commerciali con la Francia, il disastro agrario, il vino della Romangia che non si produce più, la Fillossera, la mosca olearia, la malaria, la proprietà privata nata tra arbitrii e soprusi, la questione meridionale, la guerra imminente, l’uccisione del rapace esattore Francesco Cocco Lopez. Gli interventi risolutivi proposti dal Catta, il vivaio provinciale di viti americane, la fine del feudalesimo nella Sorso baronale, la produzione del tabacco, le bonifiche, il credito agrario. Temi che erano stati messi a fuoco nella inchiesta del repubblicano Francesco Pais Serra sulle condizioni dell’isola. Bellissime le pagine sulla guerra greco turca, i resoconti del giornalista Pietro Marogna e la sfortunata presenza tra gli insorti di tanti studenti sardi, ad Atene, a Creta, in Tracia.

Giornalista, diresse alla fine dell’Ottocento “La voce del popolo”, “Il Risveglio operaio sardo” e ”L’Aurora” nel 1901-2; infine “La difesa della verità” e “La via”. Arrivò ad assumere un ruolo regionale nazionale e fu nominato fiduciario e propagandista ufficiale unico del PSI in Sardegna; si scontrò a viso aperto con i repubblicani de “La Nuova Sardegna” guidati dal sindaco Satta Branca, il dittatore- tirannello odiato da Catta, Enrico Berlinguer, Filippo Garavetti, tanti altri personaggi coi quali poi alla fine si sarebbe anche compromesso.

La sua tomba che risale esattamente ad un secolo fa (fu costruita qualche anno prima della morte avvenuta il 24 febbraio 1914 e dei funerali civili), conserva il bellissimo monumento – inusuale in un paese come Sorso - con il busto dell’avv. Catta e soprattutto la statua marmorea del tedoforo in corsa, l’atleta che porta la fiaccola olimpica, nella posa di “nudo eroico”, opera probabilmente di quel Giuseppe Sartorio al quale dobbiamo il monumento a Vittorio Emanuele II in Piazza d’Italia: il tedoforo esce arditamente da un tempietto stilizzato che poggia su quattro colonne doriche. L’iscrizione ricorda la calda eloquenza di un personaggio che ha consacrato tutta la vita al bene del popolo perseguendo con invitta costanza un ideale di libertà e giustizia.

L’archivio storico dell’Università di Sassari a Palazzo Segni conserva tutti i documenti della carriera scolastica al Regio Liceo, il diploma di abilitazione all’esercizio della professione di farmacista nel 1882, il successivo diploma di licenza liceale nel 1893, la rapida e tardiva carriera accademica che si sviluppa tra il 1893 e il 1897 presso la Facoltà di Giurisprudenza, il libretto, la tesi sul tema della proprietà privata vista sotto l’ottica del diritto comparato, le tesine sul tema dell’ineleggibilità dei consiglieri comunali e provinciali, sull’abuso della pratica della firma in bianco e sulle caratteristiche dei beni comunali e di uso pubblico. Catta – che risiedeva a Porta Nuova presso Giovanni Bolla - superò 17 esami, di cui solo 8 con 30 e due con 24 (Istituzioni di diritto civile e diritto romano). Si laureò il 10 luglio 1897 quando aveva compiuto i 40 anni. Non ho osato sottrarre neppure per questa serata la cartella con i documenti all’archivio di Palazzo Segni, ma vi assicuro che il corposo fascicolo è liberamente consultabile e sorprende non poco. Del resto il testo integrale della bella tesi è contento in questo volume, con tante osservazioni proprio sul tema del diritto romano e del diritto comparato, con un’erudizione che oggi – debbo dire - un poco infastidisce.

Ho riletto in parallelo le belle pagine scritte da Luigi Nieddu e anche da Piero Sanna per F. Andreucci, T. Detti, Il movimento operaio italiano, Dizionario biografico 1853-1943, I, Roma 1975: per Piero Sanna <<l’esperienza giovanile radicale e mazziniana, maturata negli ambienti accademici e nei ristretti circoli culturali di una élite professionale costituì per molti versi un momento comune nella formazione dei promotori dei primi nuclei socialisti isolani>>, che pure erano condannati ad una testimonianza nobile ma minoritaria in tutte le elezioni, schierandosi contro le camarille eppure accusati di difendere i candidati radicali repubblicani come Garavetti o addirittura i moderati monarchici come l’avv. Michele Abozzi; provocando così successive scissioni tra i socialisti. A ridimensionare molte critiche ci pensa Oddino Morgari nell’articolo Sorso insegna del 17 luglio 1899.

Antonello Mattone ha ricordato in questi giorni nel volume sulla storia della Facoltà di Giurisprudenza la nascita del circolo Giordano Bruno a Sassari e il famoso contraddittorio svoltosi nel teatro civico nel 1909 sul tema Responsabilità del Papato e della Chiesa nella Santa inquisizione che vedeva da un lato l’avvocato socialista Antonio Catta feroce anticlericale (eppure la sua eredità sarebbe andata alla Chiesa di Sorso) e dall’altro il canonico Damiano Filia, studioso di storia ecclesiastica, con un giurì di cui facevano parte fra gli altri Enrico Duval, professore di storia e filosofia all’Azuni, Salvatore Bibbiana avvocato e docente di diritto costituzionale all’Università, il giovane avvocato Lorenzo Mossa, di idee repubblicane. Ho ritrovato tra le carte di mio nonno Attilio Mastino tante pagine di Damiano Filia di Bonarcado, chi ci appare più intelligente e trasgressivo di quanto non si sia pensato.

Scorrendo queste pagine emergere la lucida capacità di analisi della situazione economica della Sardegna, la sensibilità e l’impegno per fare proprie e capire le sofferenze dei ceti proletari, la necessità di rompere con l’ignoranza, il che spiega la sua tardiva iscrizione all’università, passando da una professione tecnica che gli avversari politici consideravano vile e degradante, quella di farmacista, a quella di avvocato, un titolo che non sempre gli viene riconosciuto nella polemica politica.

Tornano in questo volume tanti nomi: Giorgio Asproni, Sebastiano Satta, Salvatore Farina avversario politico, il poeta socialista Giuseppe Calvia di Mores, Grazia Deledda, lo storico Ettore Pais non ancora Senatore. L’espressione che ricorre qua e là per chiedere interventi radicali da parte della politica a favore della Sardegna è quella della legge marziale romana: Videant consules.

Del resto in ogni scritto emerge prepotente la cultura classica, Gaio Gracco in Sardegna, Demofilo, Rusticus, anche se non mi risulta (p. 304) che Mario abbia pianto sulle rovine di Cartagine. Semmai Scipione l’Emiliano.

Debbo dire infine che il lettore vorrebbe sapere qualcosa di più sulle maldicenze di “suprema bassezza” che colpirono e forse più tardi travolsero Antonio Catta, firmate da Pietro Marogna, a conclusione di un lungo scontro che aveva coinvolto le rispettive famiglie: egli però continuò a perseguire obiettivi alti di integrazione sociale e di sviluppo, contro ogni utopia, perché gli operai devono unirsi ed organizzarsi, contro la servitù del salario, contro il pecorume dei clericali o dei reazionari, per un nuovo apostolato laico. E’ per questo che si doveva celebrare con entusiasmo il I maggio la pasqua dei lavoratori, per affermare gli ideali di libertà e di democrazia che oggi riconosciamo finalmente come patrimonio comune di tutti.

Quella di Antonio Catta fu una testimonianza coraggiosa e di avanguardia, in un tempo e in un’isola che forse ancora non lo meritavano del tutto.

Ultimo aggiornamento Lunedì 27 Marzo 2017 11:25