Messaggio di Attilio Mastino alla 58° edizione del Premio città di Ozieri.

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Scritto da Administrator | 16 Ottobre 2017

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Messaggio di Attilio Mastino alla 58° edizione del Premio città di Ozieri
Ozieri, 2 ottobre 2017


Cari amici,

impegnato in Tunisia negli scavi della Scuola archeologica italiana di Cartagine, mi è impossibile essere presente oggi a questa splendida 58° edizione del Premio Ozieri, che ho seguito attraverso le opere di tanti appassionati poeti che abbiamo valutato in una giuria composta da studiosi e specialisti di grandissimo livello. Li ho osservato lavorare in questi mesi con passione ma anche con una conoscenza della cultura della Sardegna che non ha eguali. Lasciatemi dire grazie a tutte le autorità, al Presidente e soprattutto al segretario del Premio Antonio Canalis e alla sua famiglia.

Voglio soltanto raccontare l’impressione che ho tratto nel corso dell’ultima riunione del 2 settembre, quando abbiamo selezionato le opere da premiare: la discussione all’interno della giuria  è stata per me davvero interessante, salutare, piena di informazioni e di indicazioni di metodo. Ho soprattutto ascoltato con rispetto e con emozione, facendo tesoro delle osservazioni sul metro, sulla sintassi, sulle immagini letterarie, perfino sulle zoppie volute oppure casuali di una lingua che deve trovare una sua progressiva convergenza. Il quadro che mi sto facendo dei tanti poeti che partecipano al Premio Ozieri si radica ancora di più, coinvolge le nuove generazioni, attraversa tutta l’isola e allarga il suo sguardo verso orizzonti lontani, in un Mediterraneo globalizzato che vorremmo in pace.

Voglio però manifestare ancora una volta la gratitudine e il rimpianto per il nostro Presidente onorario Nicola Tanda, che prima di me ha presieduto la nostra Giuria per oltre vent’anni e che mi aveva chiamato a sostituirlo, con una generosità che mi aveva lasciato senza parole. Una delle ultime volte che lo avevamo incontrato era stata al freddo, sulla terrazza delle terme di Palazzo di Re Barbaro a Porto Torres in occasione della straordinaria performance di Clara Farina sulla Vestale Massima Flavia Publicia: uno spettacolo bellissimo e poetico che ci aveva incantato, anche se Nicola aveva tentato di portarmi via la giacca per difendersi dal freddo. Lo abbiamo ricordato con gli amici una settimana fa in occasione dei Vinalia Turritana, che si sono svolti sulla stessa terrazza e con lo stesso freddo.

Il nostro Nicola è scomparso il 4 giugno 2016 a 88 anni di età a Londra, assistito dal figlio Ugo. Il luogo stesso della sua scomparsa la dice lunga sulla sua dimensione non provinciale ma aperta al mondo, fortemente radicata a Sorso dove era nato il 22 dicembre 1928. Proprio negli ultimi giorni progettava il rilancio in Sardegna del PEN Club, l’Associazione internazionale di poeti (poets), saggisti (essayists) e romanzieri (novelists), fondata a Londra nel 1922 dagli scrittori Catharine Amy  Dawson Scott e John Galsworthy allo scopo di sviluppare la collaborazione fra gli intellettuali di tutti i paesi. Ma se anche restiamo all’orizzonte isolano, sullo sfondo c‘era una scelta non scontata, la progressiva codificazione e circolazione letteraria plurilingue che è alla base anche dell’edizione del Premio Ozieri negli ultimi anni.

Nicola considerava Ozieri (la sua città di adozione che gli aveva conferito la cittadinanza onoraria), la culla della lingua sarda, per usare l’ espressione del giornalista franco-corso Xavier Perlovisi, Ozieri “ville historique, parraine de la protection de la langue sarde”.  E ciò anche nei tempi dell’accertato mancato assolvimento da parte dell’Italia degli obblighi imposti dalla Convenzione quadro delle minoranze nazionali in vigore da vent’anni. Proprio ad Ozieri ci aveva chiamato a confrontarci alcuni anni fa sullo straordinario carattere plurilingue (in logudorese, italiano, castigliano) dell’opera Rimas diversas Spirituales di Gerolamo Araolla, vissuto nella seconda metà del 500. E poi a Ozieri è nato Matteo Madao che ha scritto in  italiano il  Saggio di un’opera intitolata Il ripulimento della lingua sarda lavorato sopra le sue analogie colle due matrici lingue la Greca e la Latina (Cagliari 1782), con il proposito di far acquistare prestigio alla lingua sarda.  Altro personaggio ozierese importante è Francesco Ignazio Mannu (Ozieri 1758 – Cagliari 1839), che ha  esercitato l’avvocatura a Cagliari e durante il triennio rivoluzionario sardo (1793-96), è stato avvocato dello Stamento militare, particolarmente attivo nel rivendicare l’autonomia del Regno sardo e l’abolizione dell’anacronistico sistema feudale. Tra la fine del 1795 e gli inizi del 1796,  ha composto, l’inno “Su patriota sardu a sos feudatarios”, che esprime il sentimento di ribellione contro le ingiustizie (custos tirannos minores / est precisu umiliare). Francesco Ignazio Mannu si è rivolto al popolo sardo  in  lingua  sarda. E Tanda osservava: <<non più di sessanta anni dopo la sua morte, un poeta come Sebastiano Satta,  si rivolgerà al popolo sardo in italiano>>.

Nel mio intervento di un anno fa ho ricostruito il percorso tracciato da Nicola Tanda quando raccontava la storia del Premio Ozieri attraverso i verbali delle diverse Giurie, utilizzando il Fondo manoscritti in lingua sarda, partendo dalla prima edizione con 50 partecipanti in occasione della festa di N.S. del Rimedio del Settembre 1956, grazie al maestro Tonino Ledda, ma sulla scia della lezione del poeta Antonio Cubeddu.  Rileggendo i  giudizi delle giurie del primo decennio, Nicola affermava con ottimismo: <<quando esiste un ascolto, cioè un orecchio  linguisticamente e letterariamente competente, anche la produzione poetica e letteraria migliora>>. La poesia sarda non è una poesia dialettale, e già <<compaiono concetti e categorie che denotano una maggiore competenza linguistica nuova, che già prelude a quella delle “lingue tagliate” delle minoranze e a una sensibilità diversa circa il ruolo svolto sinora dalla poesia sarda rispetto alle lingue nazionali>>. Per Nicola Tanda con l’Ozieri si rinnova ogni anno il canone della comunicazione letteraria in Sardegna poiché proprio con l’immissione nel sistema linguistico e letterario sardo delle sue poesie si rafforza l’automodello sardo e si raggiunge il traguardo di un vero e proprio bilinguismo letterario sardo–italiano: <<questa produzione letteraria segna l’avvio di quella ripresa della cultura artistica sarda nel suo insieme che non solo ha guadagnato continuamente consensi  ma ha posto le premesse di quel ribaltamento della rappresentazione dell’Isola che la ha inserita nell’immaginario collettivo europeo  e nel circuito mediatico internazionale>>.   Nominato presidente del Premio nel 1990, Nicola avrebbe lasciato la sua impronta profonda, al fianco di Tonino Ledda e poi di Antonio Canalis.

Egli ormai presiedeva il Centro di studi filologici sardi nato nel 1980 e ne dirigeva la collana, che continua ancora oggi a pubblicare (con la casa editrice Cuec) le edizioni critiche delle opere degli scrittori sardi. Proprio per il mio intervento al Premio Ozieri di un anno fa avevo ricostruito attraverso l’Archivio storico dell’Ateneo Turritano il suo straordinario stato di servizio all’Università tra il 1972 (primo incarico di Storia della grammatica della lingua italiana presso la Facoltà di Magistero) al 2001 come professore di Letteratura e Filologia Sarda, con la chiusura del suo mandato di Vice Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia.  Nicola Tanda è stato battagliero membro dell'Osservatorio della lingua e della cultura sarda - istituito in applicazione della legge della Regione Sardegna n. 26 del 1997 e della legge dello Stato italiano 482 del 1999 - che tutela, difende, promuove la cultura, la lingua e la letteratura della Sardegna. Tra le sue opere, quelle che più amava: Dal mito dell'isola all'isola del mito. Deledda e dintorni, Roma, Bulzoni, 1992; Un'odissea de rimas nobas: Verso la letteratura degli italiani, Cagliari, Cuec 2003. Nel 2007 aveva pubblicato con Dino Manca l’Introduzione alla letteratura, questioni e strumenti, Cagliari, Centro di studi Filologici Sardi, Edizioni Cuec.

Ci mancheranno le sue frequenti visite a Palazzo Segni, la sua pazienza e un poco anche le sue sgridate; soprattutto il suo affetto che non sempre meritavo fino in fondo.

In questi giorni, nel numero di settembre de “La Revue Sarde” uno scrittore che apprezzo, Claude Schmitt, ha pubblicato le traduzioni in francese di tante poesie di Rafael Sari, Alessandra Cardia, Antonio Cossu, Pietro Mura, Franco Carlini, Benvenuto Lobina, Giovanni Corona, tutti autori che Nicola amava davvero. Tra tutte citerò l’Adieu di Orlando Biddau, il poeta di Modolo che Nicola aveva scoperto e seguito per anni, riuscendo a cogliere al di là della piaga sanguinante della malattia  la spiegazione di quell’inadeguatezza a vivere che tormentava il poeta, l’inadéquation au vivre. Nicola sapeva trovare le parole per consolarlo, per dipanare i fili della memoria, per sciogliere i sortilegi dei giorni entrati in fumo di nebbia e d’acque negli occhi.  Trovo che questa capacità di “compatire”, di asciugare le lacrime, di lenire le piaghe, sia la cosa più straordinaria che Nicola ci voleva insegnare, guardando ad una Sardegna diversa e più felice.

Tunisi, 2 ottobre 2017

Attilio Mastino

Ultimo aggiornamento Lunedì 16 Ottobre 2017 12:25