XIX Convegno internazionale de L’Africa Romana

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Scritto da Administrator | 19 Dicembre 2010

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XIX Convegno internazionale de L’Africa Romana

Attilio Mastino

Saluto conclusivo

Sassari 20 dicembre 2010

Cari amici,

si conclude con questa solenne sessione finale il XIX Convegno internazionale de “L’Africa Romana” dedicato al tema “Trasformazione dei paesaggi del potere nell’Africa settentrionale fino alla fine del mondo antico”. Come di consueto, mi viene affidato un compito, quello di chiudere questo momento finale del nostro incontro, ripercorrendo idealmente alcuni dei momenti di queste giornate, che sono state anche una festa mediterranea e un momento per ritrovare amici veri.

Con tristezza voglio innanzi tutto  ricordare uno studioso che ci era caro che è scomparso dieci giorni fa, Domenico Fossataro della Università di Chieti e della Missione italiana in Cirenaica, che avrebbe dovuto parlare qui a Sassari su Ad Liminas – Lamluda in Libia, come centro di confine e di potere. La terra ti sia lieve.

Vogliamo però pensare positivo e anche quest’anno il numero dei partecipanti ai nostri incontri si è ampliato, coinvolgendo tanti giovani studiosi, tanti dottorandi, tanti studenti che rappresentano il nostro futuro.

Cari amici,

mi consentirete di chiamarvi amici e solamente amici, rinunciando alle nuances, spesso ipocrite, degli “amici e colleghi”, perché io so che voi siete venuti, in questo glaciale dicembre, nella nostra Sardegna, in nome della amicizia che ci lega, per i più fedeli e antichi compagni de l’ Africa romana, da quasi trent’anni.

Ho l’emozione di vederci, di riconoscerci, qui, alla vigila della festa di fine anno, com’è tradizione, per pronunciare le parole di conclusione, di bilancio, di questa XIX sessione de l’ Africa Romana, che poi appariranno stampate nei volumi (tre, quattro ?) che comporranno gli Atti di questa nostra, comune, avventura decembrina.

Due anni orsono abbiamo scherzato sulla “babelica” Africa romana olbiese, o sul “minestrone” (son le parole di Marc Mayer) di Olbia.

Gli è che ho il senso, abbiamo il senso, e so di parlare a nome dei miei, dei nostri studenti dei corsi di laurea, della scuola di Dottorato, dei miei amici sassaresi che hanno dato anima e corpo perché questo “minestrone”, decimo nono, avesse il buon sapore delle cose antiche che sono il “nostro pane quotidiano”, abbiamo il senso del nostro dovere di proseguire insieme a tutti voi l’ Africa Romana.

Dobbiamo andare avanti, nonostante la tempesta internazionale che ci fa presagire le “déluge”.

Noi non prestiamo fede ai profeti di sventura, agli pseudo-interpreti del  calendario Maya, che vaticina per il 2012 la scomparsa del nostro mondo, noi abbiamo un’altra fede, noi abbiamo fede nella nostra comune humanitas,  quella  invocata da un grande africano, Terenzio, che pensava che niente d’ umano, niente proprio dell’ humanitas, potesse essere estraneo all’ uomo.

Nonostante le voci crudeli dell’ homo oeconomicus, che vorrebbe ridurre ogni valore a moneta, noi crediamo nell’ humanitas, che ci rende solidali, noi uomini del Maghreb, noi uomini dell’ Europa, noi uomini del nuovo mondo.

E ora questa humanitas nostra, romana, africana, di mille e mille voci dell’ antichità, è giunta sino alle nuove Indie, e da lì, dalla bella Argentina, dal cuore dell’ America latina,  a noi è venuta con la voce di un amicus a parlarci della Volubilis mauritana.

Nuove storie, nuove storie sono state narrate da tutti voi, novelle sirene, che ammaliano con il proprio sonoro canto antico  il viaggio del moderno Odisseo.

Avete cantato le storie  di paesaggi incantati, quasi miraggi del deserto, come quelle delle sfarzose domus di Cartagine, con i loro stibadia, in cui sdraiati i nostri antichi fratres in humanitas discettano e banchettano, come noi abbiamo fatto  alla mensa ospitale de L’ Alguer, la nostra bellissima città catalana, al suono seducente dei nostri cori antichissimi.

Avete cantato i paesaggi di città superbe, dalle terme sfarzose, zampillanti d’acqua, come a Thamugadi, come a Lambaesis, dal cui praetorium siamo partiti con la nostra XIX tabula de L’ Africa romana.

Avete cantato i paesaggi incantati dei superbi tonni del Mare Oceano, dell’ Atlantico, andati ad offrire quel succo arcano che era  il garum.

Avete fatto risplendere le visioni di città poderose annichilite dall’ incedere della storia: dai templi delle città della Tripolitania, fino al santurario B, enigmatico di Volubilis, alle baleariche Palma e Pollentia, alle nostre sarde Nora, Sulci, Turris Libisonis.

Dalle viscere antiche cave - numidiche- di Smitthus alle acque terse di Nabeul che rivelano i paesaggi incantati d’una città sommersa, Neapolis, con i bacini ed il porto neapolitano, non sfuggito all’ ira di Poseidone.

E il moderno Odisseo ha così conosciuto, nell’ anelito dantesco alla canoscenza (fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute  e canoscenza…), paesaggi di sovrani e di potenti, regge e palazzi e tombe e templi, rendendo non vano la nostra rotta comune.

E’ il nostro officium, è il nostro dovere, non obbligati da una norma di legge, ma sedotti dal dio che ha messo nel nostro spirito quella sete di conoscenza, per cui è giusto spendersi, fino all’ ultima goccia.

Questo forse è l’ insegnamento che voi traete dal canto proibito delle sirene,  l’insegnamento che tramandate ai vostri allievi, e agli allievi dei vostri allievi, affinché il fievole canto non si spenga, ma risorga.

E’ il vaticinio apollineo del Gnothi seauton, che sedusse Socrate e seduce ognuno di noi, ed ognuno di quelli che verranno appresso noi, per intonare il “tu devi” seguir virtute  e canoscenza,

Questa è l’essenza della nostra Africa romana, anno dopo anno, decennio dopo decennio: seguir virtute  e canoscenza.

E voi mirabilmente avete restituito l’ unità della conoscenza, sbriciolata in mille rivoli dalle pratiche accademiche, quasi che s’assaporasse la condanna divina della confusione delle lingue di babelica memoria.

Qui è restituita la lingua  edenica, che parlano all’unisono storici, archeologi, epigrafisti, numismatici, giuristi e scienziati delle scienze esatte che combinano i loro saperi a quelli umanistici, tutti provenienti da tanti paesi.

Da questa polifonia è restituita la lingua delle origini prima di Babele che parlarono gli uomini prima che i fratres in humanitas fossero separati dall’ ignorantia, dall’incapacità di ascolto della parola, unica, di tutti gli uomini.

Abbiamo ascoltato infine la voce d’uomo che viene da Gerusalemme, la città sacra per gli uomini del Libro, degli uomini, dico, di fede islamica, di fede giudaica, di fede cristiana.

Quell’uomo ci ha chiesto, in nome della comune scienza dell’antichità, di collaborare, per Gerusalemme.

E, con il Salmista (ps. 121). possiamo dire tutti:

“Esultai quando mi dissero: andremo nella casa del Signore

Ed ora i miei piedi stanno alle tue porte, o Gerusalemme”.

Gerusalemme, la città divisa, la città dove i palestinesi soffrono, separata da un muro da quella Betlemme verso la quale tanti di noi guardano in questi giorni.

Giovedì la performance musicale di Daniela Cossiga per i 150 anni dall’unità d’Italia,  è stata innanzi tutto indirizzata contro tutti i nazionalismi, in un Mediterraneo che deve sempre di più orientarsi verso forme di integrazione, deve essere capace di superare i conflitti, di avvicinare i popoli, di segnare nuove tappe di progresso e di sviluppo pacifico. Questa impresa internazionale è stata davvero un’occasione di crescita, di maturazione e di impegno per le discipline che studiano il mondo antico, per una nuova generazione di studiosi più rispettosi degli altri, più consapevoli dei valori delle diverse identità, pur con l’ammirazione e il rispetto verso i maestri che ci hanno preceduto.

Da qui, da Sassari, partiremo tra due anni verso la riva Sud del Mediterraneo, in un luogo che sarà certamente accogliente ed ospitale, per celebrare con una festa il XX convegno ed anche il trentennale dei nostri incontri.   Si è svolta poco fa una riunione del Comitato scientifico che ci ha dato un obiettivo comune ed una meta da raggiungere. L’appuntamento è all’autunno 2013 per discutere di “Momenti di continuità e rottura: bilancio di 30 anni di convegni de L’Africa Romana”, con sessioni tematiche specifiche. Il Comitato scientifico ha deciso sui nomi dei curatori del volume XIX, che dovranno rimettere ordine al materiale, ricchissimo e originale, che in questi giorni è stato presentato a Sassari.  Il Comitato scientifico si allarga con studiosi della Tunisia, dell’Algeria, del Marocco, della Libia.

Spero vorrete concedermi un minuto per i ringraziamenti per quanti hanno collaborato per il successo dei nostri lavori: per la concessione del suo  alto patronato il Presidente della Repubblica italiana Giorgio Napolitano, l’Association internationale d’épigraphie grecque et latine rappresentata dalla Segretaria Generale Angela Donati, il Presidente della Fondazione Banco di Sardegna avv. Antonello Arru, il presidente dell’Istituto Italiano per l’Africa e l’Oriente prof. Gherardo Gnoli, l’Istituto di studi e programmi per il Mediterraneo, il Rettore dell’Università di Cagliari, il sindaco di Sassari Gianfranco Ganau, la Presidente della Provincia Alessandra Giudici presenti alla seduta inaugurale, i dirigenti del Centro di Studi Sallustiani dell’Aquila, infine i colleghi della Soprintendenza Archeologica con tutta la loro squadra che ci hanno ospitato con tanta simpatia ed affetto e ci hanno offerto venerdì sera una straordinaria mostra ricca di novità e di inediti. I lavori si sono svolti in questa Università centrale, in questa aula Magna, nella sala Eleonora d’Arborea e nell’aula consiliare, ma anche a Porto Conte Ricerche nel complesso universitario di Tramariglio messo a disposizione dall’amministratore delegato Sergio Uzzau.

Voglio ringraziare il Soprintendente Bruno Massabò e l’amico Rubens D’Oriano, che ha promosso assieme agli insegnanti del Liceo D.A. Azuni Pier Paolo Carboni e Franca Pirisi una delicata performance al Museo.  Gli altri spettacoli sono stati affidati al Coro dell’Università con i Carmina Burana, al Coro di Bosa, al Gruppo Amici del Canto Sardo di Sassari ed ai Gruppi Folcloristici di Ittiri Cannedu e Figulinas di Florinas. Le escursioni ci hanno portato ad Alghero ed a Turris Libisonis, alla ricerca dei monumenti di una terra che amiamo, una Sardegna ricca di storia e con una forte identità: il nuraghe Palmavera, il villaggio di Sant’Imbenia, i misteriosi giganti di M. Prama, gli scavi nella basilica di San Gavino, il Centro di restauro di Li Punti, l’Antiquarium Turritano.

Volevo poi ringraziare Giovanni Maria Satta della direzione dell’Agenzia Ajò, i suoi collaboratori, la casa editrice Delfino, la libreria Koiné, che hanno curato la esposizione di libri; gli assegnisti, i dottorandi gli studenti della Segreteria, tra i quali mi consentirete di citare almeno Gabriele Carenti, Fabrizio Delussu, Michele Guirguis, Pierpaolo Longu, Emanuele Madrigali, Giuseppe Maisola, Giuseppe Padua, Alessandro Vecciu, Emanuela Cicu, Florinda Corrias, Beatrice De Rosa, Lavinia Foddai, Antonella Fois, Elisabetta Grassi, Laura Mallica, Rosana Pla Orquín, Elisa Pompianu, Renata Puggioni, Valentina Sanna, Marilena Sechi, Manuela Sias, Antonella Unali, soprattutto Alberto Gavini e Maria Bastiana Cocco; i nostri impiegati Caterina Petretto, Giovanni Conconi, Franco Mulas, Toni Fara, i membri del Comitato Scientifico tra i quali voglio ricordare almeno Cinzia Vismara e Paola Ruggeri, i nostri carissimi studenti che hanno conosciuto una difficile e faticosa iniziazione.

Infine il Dipartimento di Storia dell’Università di Sassari, il Centro di studi interdisciplinari sulle province romane, la Scuola di dottorato “Storia, letterature, culture del Mediterraneo” rappresentato dal coordinatore Piero Bartoloni, la Facoltà di Lettere e Filosofia.

Voglio però oggi ringraziare soprattutto i nostri ospiti, i giovani ed anche i maestri che amiamo molti dei quali sono seduti a questo tavolo: la festa per il 92esimo compleanno di Joyce Renolds ieri sera ad Alghero ha testimoniato il nostro legame verso la persona, ma soprattutto la nostra ammirazione per un impegno scientifico severo sulla frontiera delle nuove conoscenze, per l’amicizia e la fiducia che hanno riposto in noi.

Osservando la massa di comunicazioni delle quattro sessioni, i 50 posters, le 10 presentazioni di libri, possiamo dirci veramente soddisfatti, quasi come ad Olbia, quando José Maria Blazquez aveva parlato di un vero e proprio trionfo. Prendo tutte le cose positive che sono state dette sul nostro incontro a merito dei nostri relatori, che veramente hanno presentato novità straordinarie. Anzi approfitto per esprimere sinceramente le scuse per le tante cose che non hanno funzionato, per le mie assenze, per l’eccessiva enfasi della giornata inaugurale sul ruolo dell’Università di Sassari. In realtà merito del successo di questi giorni è solo vostro: sono stato impressionato dalle comunicazioni presentate, 174 in tutto (67 per la I sessione, Trasformazione dei paesaggi del potere nell’Africa settentrionale, 34 per la II sessione, Relazioni del Nord Africa con le altre province, 11 per la terza sessione, Nuovi ritrovamenti epigrafici, 31 per la IV sessione, Varia), e desidero esprimere ammirazione per le imprese scientifiche internazionali in corso che si sono riflesse nelle vostre relazioni. L’archeologia e cambiata davvero e noi abbiamo assicurato solo una funzione di coordinamento e di servizio e vi siamo grati per la fiducia che avete riposto in noi.

Hanno preso parte ai nostri lavori 256 studiosi, provenienti da  14 paesi, dagli Stati Uniti e dal Canada, dall’Argentina e dal Giappone; dalla Finlandia al Marocco, dalla Algeria, dalla Tunisia; dal Regno Unito, dalla Spagna, dalla Francia, dalla Germania, dalla Svizzera, da Gerusalemme. Sono state rappresentate oltre 60 università, di cui oltre 20 università italiane. E poi i rappresentanti degli Enti di tutela, delle Soprintendenze statali e comunali, degli Istituti per il Patrimonio, del mondo dell’associazionismo e della stampa.

I nuovi dati presentati a questo convegno e raccolti in questi giorni troveranno puntuale ospitalità nella collana del Dipartimento di Storia dell’Università di Sassari e nel volume degli Atti, che sarà curato da Maria Bastiana Cocco, Alberto Gavini e Antonio Ibba per le edizioni Carocci di Roma, in questa sede rappresentate da Alessandra Zuccarelli. Come di consueto accoglieremo tutti i contributi che ci perverranno entro il 28 febbraio 2011. Ci aspettiamo articoli brevi ed originali.

Chiudendo i nostri lavori intendiamo accogliere tre appelli che condividiamo, tre frontiere vecchie e nuove per i nostri studi: la realizzazione di un grande Parco di Tuvixeddu a Cagliari e l’appello per la messa in rete di archivi sulle esplorazioni archeologiche che precedano l’indipendenza dei paesi del Maghreb e non solo, magari che si estendano anche alle grandi imprese internazionali che hanno riguardato il Nord Africa.  Infine un documento sulle linee della riforma delle Università italiane.

Abbiamo terminato e non mi resta che augurarci un felice rientro nelle vostre sedi e nelle vostre famiglie.

Allora auguri a tutti voi per le prossime Festività, per un anno nuovo magico luminoso e  ricco di cose che contano davvero, di emozioni, di sogni e di speranze.

Auguri a ciascuno di voi, alle vostre famiglie, alle vostre équipes di ricerca. Il nuovo anno sia veramente un anno di svolta, positivo, ricco di salute, senza una lacrima, con tanti momenti di gioia e di felicità.

DOCUMENTO N. 1 – Appello per Tuvixeddu

I partecipanti al XIX Convegno internazionali di studi su “L’Africa Romana” (dedicato al tema “Trasformazione dei paesaggi del potere nell’Africa settentrionale fino alla fine del mondo antico”.) rivolgono un appello alle istruzioni per promuovere un grande Parco Archeologico-Ambientale poer Tuvixeddu-Tuvumannu e tutelare la montagna sacra che incorpora la necropoli punica più vasta del Mediterraneo, un monumento di importanza mondiale che fa grande la Sardegna e l’Italia.

Nella città di Cagliari il colle di Tuvixeddu-Tuvumannu, la Montagna Sacra che incorpora la necropoli punica più vasta del Mediterraneo, è un monumento di valenza mondiale che fa grande la Sardegna e l’Italia.

Dovrebbe essere evitata una ulteriore grave compromissione del Colle, già martoriato in passato da azioni di trasformazione che ne hanno pesantemente alterato i valori archeologici e paesaggistici.

Esso costituisce infatti un elemento di fondamentale importanza per il paesaggio storico di Karalis, in quanto la percezione paesaggistica originaria del “luogo” è legata al “sistema dei colli”, a tal segno da essere generatrice del nome stesso di Cagliari.

Il nucleo paesaggistico-culturale dell’area è costituito da una vastissima necropoli connessa all’insediamento urbano punico di KRLY, esteso sulla costa orientale della laguna di Santa Gilla e sede sul versante occidentale di una necropoli romana monumentale, disposta su terrazze, gravitante sulla sezione finale della via a Turre Karales.

Al vincolo archeologico del 1996 si è aggiunto quello paesaggistico, quindi il Piano Paesaggistico Regionale e, infine, recentemente, il riconoscimento come bene culturale in quanto testimonianza dell’attività mineraria. Da anni il pronunciamento di studiosi di chiara fama delle Università di Sassari e Cagliari, nonché la diffusa percezione dei cittadini mette in luce il valore di appartenenza e di identità storica, non negoziabile con promesse di sviluppo economico di breve durata ma, al contrario, suscettibile di vantaggi economici importanti e durevoli, se utilizzato in modo saggio e lungimirante.

Ma sull’area del contesto Tuvixeddu-Tuvumannu insistono progetti e investimenti finalizzati all’edilizia civile, fortemente lesivi dell’unità ambientale e destinati a sottrarre il bene alla fruizione pubblica, per consegnarlo a quella privata. Nel 2000 il Comune di Cagliari e la Regione Sardegna hanno preso impegni e ratificato accordi su quelle progettualità, prima dell’entrata in vigore di leggi e provvedimenti che hanno profondamente modificato la considerazione del bene ambientale. Oggi una revisione della situazione è imposta dal Piano Paesaggistico Regionale e dallo stesso Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, che introduce il concetto del bene paesaggistico come unità contestuale.

In questa nuova percezione del paesaggio assume grande importanza il processo di ricostruzione della fisionomia storica del sistema dei colli prospicienti la laguna di S. Gilla, sulle cui sponde si insediò l’uomo a partire da età preistorica. Noi non vorremmo che si configurasse una ulteriore compromissione ambientale che, se dovesse essere realizzata, sarebbe purtroppo irreversibile.

Invitiamo pertanto a prendere atto di questa innovativa visione del paesaggio, per un recupero dell’unità ambientale nel suo contesto.

TUTTO CIO’ PREMESSO

Si chiede di perseguire con ogni mezzo l’obiettivo fondamentale che l’intera unità ambientale Tuvixeddu-Tuvumannu ritorni a essere patrimonio della collettività.

La realizzazione di un grande Parco Tuvixeddu-Tuvumannu, che comprenda l’intera area di circa 50 ettari, è una occasione per impostare un nuovo indirizzo che abbandoni la logica della crescita della città con la saturazione edilizia quantitativa e parta invece dai “vuoti urbani” per rilanciare la qualità della vita nell’intera area metropolitana di Cagliari.

DOCUMENTO N. 2

Appello sugli Archivi

Dei partecipanti al XIX Convegno internazionale di studi su “L’Africa Romana (dedicato al tema “Trasformazione dei paesaggi del potere nell’Africa settentrionale fino alla fine del mondo antico”).

Sassari-Alghero, 16-19 novembre 2010

Il periodo delle esplorazioni archeologiche precedenti l’indipendenza dei paesi del maghrīb ha visto la nascita di numerosi archivi – di istituzioni e personali – che raccolgono notizie e immagini di enorme importanza: testimonianze preziose e uniche di monumenti e paesaggi che le infrastrutture e l’urbanizzazione degli ultimi decenni hanno fatto in molti casi scomparire. Questi documenti sono di primaria importanza per quanti si dedichino alla ricerca storica (sull’antichità e sull’età moderna) e archeologica.

Tali archivi sono oggi custoditi da privati o da università e istituti di ricerca e in molti casi la loro conservazione è a rischio per mancanza di adeguati spazi e di manutenzione. Tuttavia il medesimo progresso che ha portato al deterioramento di tanti siti archeologici consente oggi, paradossalmente, di conservarne e trasmetterne la memoria come non mai nel passato. La digitalizzazione di testi e immagini permette infatti non solo di “salvare” i documenti, ma anche di renderli accessibili a chiunque ne abbia necessità. La possibilità di disporre di documenti in formato pdf, possibilmente tramite archivi in rete, proteggerebbe il materiale che altrimenti, se frequentemente consultato, si deteriorerebbe e permetterebbe di effettuare spogli da qualsivoglia postazione informatica nel mondo intero, senza costringere i ricercatori a viaggi e soggiorni presso istituzioni, con un risparmio di tempo e di fondi notevole e alleggerendo notevolmente il carico di lavoro di quanti oggi sono addetti a garantirne la fruizione.

Ben sappiamo che mettere in rete questi documenti comporta una serie di difficoltà : gli archivi non sono omogenei, non tutti sono stati classificati e la scansione di un materiale così importante richiede tempo e risorse. Questo appello ha quindi il doppio scopo di sensibilizzare da un lato la comunità scientifica sul problema della trasmissione e della fruizione di queste fonti e, dall’altro, di invitare tutti a collaborare per raggiungere tale obiettivo.

Appel sur les Archives

Par les partecipants au XIX Convegno internazionale di studi su L’Africa Romana (dedicato al tema “Trasformazione dei paesaggi del potere nell’Africa settentrionale fino alla fine del mondo antico”)

Sassari-Alghero, 16-19 décembre 2010

La période des explorations archéologiques antérieures à l’indépendance des pays du Maghreb a vu la constitution de nombreux fonds d’archives – institutionnels ou personnels – qui réunissent des informations et des images d’une très grande importance: témoignages précieux et uniques sur des monuments et des paysages que les infrastructures et l’urbanisation des dernières décennies ont fait disparaître dans de nombreux cas. Ces documents sont d’une importance primordiale pour ceux qui se consacrent aux recherches historiques (sur l’antiquité et l’époque moderne) et archéologiques.

Ces archives sont aujourd’hui conservées par des particuliers ou par des universités et des instituts de recherche et, dans de nombreux cas, leur préservation est menacée par l’absence de locaux et de traitements adaptés. Cependant, ce même progrès responsable des dommages subis par tant de sites archéologiques permet aujourd’hui, paradoxalement, d’en assurer la conservation et la transmission beaucoup mieux que dans le passé. La numérisation des textes et des images permet, en effet, non seulement de « sauver » les documents, mais aussi de faciliter leur consultation. La possibilité d’accéder à des documents au format pdf, si possible à partir d’archives mises en réseau, protègera les originaux qui s’abîmeraient s’ils devaient être souvent manipulés et permettra de faire des dépouillements à partir de n’importe quel ordinateur dans le monde entier, en épargnant aux chercheurs l’obligation d’effectuer des voyages et des séjours auprès des institutions dépositaires des archives ; à ces bénéfices en temps et ressources, s’ajoutera celui d’alléger considérablement la charge de travail de qui ceux qui en assurent actuellement la mise à disposition.

Nous n’ignorons pas, toutefois, que l’on ne peut passer sans effort de l’état des choses actuel à une mise en ligne des documents. Les fonds d’archives ne se présentent pas tous sous la même forme, ils ne sont pas tous classés de la même manière et la numérisation elle-même requiert temps et moyens. Si cet appel a pour but de sensibiliser la communauté scientifique au problème que pose la transmission et l’exploitation de ces sources d’information, il se double d’une invitation à travailler ensemble en ce sens.

DOCUMENTO N. 3

La riforma universitaria in Italia

Appello dei partecipanti al XIX Convegno internazionale di studi su “L’Africa Romana (dedicato al tema “Trasformazione dei paesaggi del potere nell’Africa settentrionale fino alla fine del mondo antico”).

Sassari-Alghero, 16-19 novembre 2010

Il Senato della Repubblica italikana sta per varare una riforma universitaria che avremmo voluto profondamente diversa, più attenta al diritto allo studio ed alle esigenze dei giovani ricercatori, più capace di valorizzare le tradizioni accademiche e di sviluppare reti di relazioni internazionali, una riforma più generosa e meno punitiva. Oggi rischia di essere in discussione la struttura stessa degli Atenei, la sopravvivenza di Dipartimenti, Facoltà, linee di ricerca, reti di relazioni consolidate. La razionalizzazione proposta comporta anche drastici tagli e pone gli Atenei italiani di fronte a scelte molto dolorose. L’ingresso dei privati nel Consiglio di Amministrazione, l’indebolimento del Senato Accademico, la diminuzione della rappresentanza studentesca, la scomparsa del personale tecnico-amministrativo dagli organi accademici, la nuova composizione delle commissioni di concorso,  l’impoverimento dei momenti di democrazia e di confronto che passa attraverso la soppressione dei consigli di facoltà, la precarizzazione dei ricercatori, l’incapacità di cogliere le diversità delle tradizioni accademiche e gli specifici svantaggi dell’insularità non sono elementi positivi in un quadro caratterizzato dalla ricerca di una efficienza che si dovrà comunque confrontare con la capacità di coinvolgimento delle persone, con l’adozione partecipata degli obiettivi prioritari da raggiungere, con politiche di sussidiarietà e di integrazione che correggano il modello centralistico di base.

Il DDL Gelmini (Norme in materia di organizzazione delle Università, di personale accademico e reclutamento, nonché delega al Governo per incentivare la qualità e l'efficienza del sistema universitario) diventerà presto legge dello Stato. Saremo impegnati a partire dalle prossime settimane a scrivere il nuovo statuto, con un solo obiettivo, quello di mantenere ed estendere quell’autonomia universitaria riconosciuta dall’art. 33 della nostra Costituzione. Non ci faremo trascinare da sterili risentimenti, né ci arrenderemo di fronte alla politica dei tagli disposta da Governo, ma chiederemo conto dei propri comportamenti al Ministro, al Presidente della Conferenza dei Rettori, alla Regione, agli amministratori locali, pronti ovviamente a rispondere di ogni atto da noi adottato, ad assicurare trasparenza sulle nostre scelte, a garantire procedure non solo legittime ma soprattutto corrette nella sostanza, a declinare gli indicatori ministeriali con riferimento alla nostra storia ed alla nostra cultura.

Senza l’Università non c’è un futuro per la Sardegna e per il paese.

Ultimo aggiornamento Mercoledì 22 Maggio 2013 08:49