Presentazione del volume Studi sul paesaggio della Sardegna romana.

Stampa

Notizie - Archivio
Scritto da Administrator | 22 Maggio 2012

Valutazione attuale: / 0
ScarsoOttimo 

Sassari 14 maggio, Facoltà di Lettere
Presentazione del volume Studi sul paesaggio della Sardegna romana
a cura di Giampiero Pianu e Nadia Canu

Giampiero Pianu e Nadia Canu presentano questi studi sul paesaggio della Sardegna romana, un volume pubblicato dalla Nuova stampacolor con i fondi della legge regionale sulla ricerca.

Dopo un'indigestione di toponimi, di informazioni, di dati, di coordinate geografiche, di carte non tutte in scala, debbo dire che trovo difficoltà a riassumere un'opera che comunque rappresenta un passo in avanti significativo sulle ricerche che si concentrano su una nuova disciplina accademica, la archeologia dei paesaggi e che hanno l'obiettivo di ricostruire la viabilità romana in Sardegna, soprattutto nella Sardegna centro settentrionale, utilizzando una molteplicità di dati, con un'integrazione di informazioni diverse che è tipica della disciplina. Non è detto che i limiti dell'indagine non debbano essere in futuro estesi, se l'archeologia dei paesaggi si estendesse come pare doveroso anche agli aspetti ambientali, agrari e naturalistici nell'antichità.

Questo progetto unitario sulle strade e i ponti romani in Sardegna tiene sullo sfondo  il tema del rapporto tra città e campagna, dell'occupazione del territorio, delle diverse anime di una provincia come la Sardinia nella quale i Romani hanno dovuto fare i conti con la presenza di popolazioni locali insediate su un territorio interno, la Barbaria, che comunque conserva un paesaggio trasformato dall'uomo, marchiato dai nuraghi di età preistorica, spesso rioccupati in età romana, con processi di continuità, discontinuità, con rifunzionalizzazioni che non possono essere schematicamente descritti una volta per tutte.

Il tema della resistenza alla romanizzazione è connesso a queste indagini, perché gli ultimi studi confermano una presenza romana profonda e pervasiva anche nel Nuorese, basti pensare ai risultati dei recenti scavi di Sant'Efis ad Orune. Nell'introduzione il tema fa infuriare Giampiero Pianu, che condanna la becera politica di chi favoleggia sulla libertà e l'identità dei sardi. Eppure il tema è presente dalla prima all'ultima pagina di questo libro, anche se se ne deve precisare la complessità, l'articolazione nel tempo e nello spazio, la necessità di una riflessione non ideologica ma fondata sui dati.

Nell'introduzione Giampiero Pianu traccia un bilancio della ricerca ma che è anche un bilancio di un lungo fortunato e io credo felice periodo della sua vita, fatto di collaborazioni e di un fervido impegno che ha coinvolto tanti di noi e di cui gli siamo grati.

Nadia Canu ci presenta la metodologia di un progetto che si è esteso per oltre dieci anni attraverso accurate indagini territoriali che riscattano in qualche modo la condizione ancillare che l'archeologia rischiava  forzatamente di assumere a causa dell'invadenza – lo vediamo anche oggi – degli storici e degli epigrafisti, quelli che Nadia Canu chiama anche gli esponenti del metodo antiquistico-antiquario eredi della scuola di Piero Meloni e di Guido Clemente, che però è stato anche un appassionato indagatore della viabilità in particolare attorno a Bonorva.

Eppure, nonosdtante le polemiche occorre partire da:

-geografi e itinerari antichi

It. Antoniniano, Anonimo Ravennate Tabula Peutingeriana Tolomeo

-bibliografia moderna

-documentazione itineraria miliari stradali, tracce di glareatio, di crepidines, modine, di massicciata con forna a schiena d'asino, di infrastrutture stradali, come le mansiones o i praetoria di Muru Is Bangius a Marrubiu, di Rebeccu

-cartografia storica e cartografia attuale, carte catastali a partire dall'età piemontese, il Catasto De Candia

- Toponimi prediali e itinerari: su caminu osincu, s'istriscia, ottava, strada romana di Medaus presso Fordongianus, via de carru o carrucaria, s'immattonadu, Sosteri di Bonnanaro, S'arcu 'e milli Fonni, Simaxis, Siamanna, Siapiccia, Siamaggiore

-ricognizioni archeologiche, ancora insufficienti, in particolare azioni di survey territoriale con riferimento ai tratti di massicciata, ai ponti, ai guadi, alle dighe, agli acquedotti, alle ville, alle terme, alle necropoli, ai templi, agli insediamenti rurali, pagi, vici, più in generale ai siti datati attraverso le forme ceramiche, le monete, le iscrizioni, le testimonianze di cultura materiale

-georeferenziazione, ovvero la localizzazione univoca finalmente del bene sul territorio di riferimento attraverso l'attribuzione delle relative coordinate geografiche,  geolocalizzazione delle migliaia di siti archeologici rilevati

-documentazione fotografica e aerofotografica con indicazione di quelle che i topografi chiamano le anomalie, gli allineamenti, i percorsi stradali, le tracce di centuriazione, le strutture stradali

- Quadro che rivela una conoscenza completa della bibliografia fino alle ultime scoperte, compreso il miliario trovato a 4 miglia da Cornus M Cornuficius Oratiddo, per quanto alcuni articoli appaiano purtroppo datati, siano frutto di tesi di laurea discusse più di dieci anni fa e oggi non risultano più accettabili.

Infine la tradizione orale.

Rosita Giannottu pone il problema del rapporto tra viabilità e suddivisione agraria nella pertica della colonia di Turris Libisonis: fondata da Cesare o più probabilmente durante i primi anni del triumvirato Antonio Ottaviano Lepido, Turris Libisonis fu dedotta tra il 46 e il 42 a.C.  attraverso forme di inauguratio accompagnate da una definizione catastale che doveva essere documentata nel tabularium nell'archivio cittadino e nell'archivio provinciale, con una delimitazione che troviamo riflessa nel giudicato medioevale, nelle curatorie di Nurra, Fulmenargia e Romangia, nella diocesi turritana, negli stessi confini comunali di oggi. Ben prima dell'editto delle chiudente che ha rivoluzionato la geografia del paesaggio, le proprietà registrate nei condaghi medioevali possono in qualche modo orientarci sulla consistenza del demanio giudicale erede del latifondo imperiale e repubblicano: le terras de fune del condaghe di San Pietro de Silki sarebbero la più lontana testimonianza dell'innovazione introdotta in età vandala con l'utilizzo di funiculi per la misurazione delle terre. Le foto aeree ci consentono di ipotizzare l'orientamento dei terreni sulla base di muri, recinzioni, sentieri, che sembra essere eterogeneo a Sorso Sennori rispetto alla Nurra tra Palmadula e Tottubella. L'esame delle carte dell'IGM talora consente di identificare le tracce di centuriazione, con lotti che assomigliano molto ad una centuria classica  suddivisa sulla base di una unità di misura: l'actus quadratus o acnua, agnua: 120×120 piedi (35,5×35,5 metri).

Più che prove conclusive si indicano ipotesi o vere e proprie piste per future ricerche che testimoniano le varianti possibili, con una maggiore consapevolezza per la complessità di una questione che è certamente tecnica ma che ha profondi riflessi storici. La regolarità del sistema non è in discussione e la dimensione delle singole centurie sarebbe definibile tra i 15 e i 14 actus, con riferimento alle articolazioni di un territorio che è spesso collinare e che costringe gli agrimensori ad adattarsi al percorso dei corsi d'acqua.

Vengono presentati e collocati quasi 200 siti, necropoli, aree di frammenti, aree produttive, infrastrutture, luoghi di culto, monumenti preistorici e protostorici riutilizzati, rilevamenti sporadici, infine veri e propri insediamenti. Sorprende l'altro numero di villaggi, 46, molti lungo l'asta del Rio Mannu o lungo la strada a Turre Karales, mentre l'area di Ad Herculem Stintino appare pressocché deserta.

Il percorso tra la foce del Riu Mannu e Sassari della Via Turresa Maiore come è definita nei condaghi  viene descritto partendo dal pons maximus di età giulio claudia che però è sulla costiera occidentale, toccando il miliario di Predda longa,  la cava di Li Prediazzi,  Su Crucifissu Mannu, verso Ottava Adu de Ottau, Crucca, Sassari Corso Vittorio, Serra Secca, Carlo Felice, Iuschala de Clocha Scala di Giocca con il miliario di Nerone sul rio Mascari, Campo Mela, Codrongianus, Florinas nuraghe Punta 'e Onossi, Sa Tanchitta di Siligo, Bonnannaro, Scala Carrugas, Prunaiola, Campu Giavesu, Bonorva. Il tema è ovviamente tra i più delicati e viene ripreso in numerosi altri articoli di questo volume: il ritrovamento della base onoraria di un duoviro in Piazza Tola continua ad essere un punto di riferimento obbligato così come la necropoli di via Cagliari presso Piazza Castello, ma sono molte le testimonianze archeologiche che suggeriscono un percorso che viene ripetutamente messo in discussione: voglio solo ricordare i resti di sarcofago in marmo ritrovati vent'anni fa nel parcheggio ANAS a Mulini a Vento a due passi da qui, da me consegnati in Soprintendenza.

Sullo sfondo c'è il tema del progetto del Carbonazzi della nuova Carlo Felice e delle novità introdotte dai Savoia rispetto al percorso romano.

Non mi sembra coronato da successo il tentativo di spostare il percorso principale sulla variante Li Punti-Funtana di Lu colbu-Sant'anatolia-Molafa- Predda Niedda- Tissi, Muros, Cargeghe.

Il tema della prima parte del tracciato a Turre è del resto ripreso da Nadia Canu con una straordinaria competenza che testimonia come ci siano ancora tante questioni aperte sulle quali è possibile indagare con successo, trattando le dinamiche insediative del territorio, il riuso delle domus e dei nuraghi,

Marilena Sechi discute con molte novità e competenza i percorsi nel Logudoro e nel Meilogu, con attenzione per il cruciale territorio di Bonorva, a Nord della Campeda, affrontando il tema della biforcazione della a Karalibus Olbiam dalla a Karalibus Turrem, ribaltando il percorso e partendo dall'enigmatico villaggio abbandonato di Padru Mannu a S del punto culminante della Campeda tra il miglio 109 e il 118: il lavoro che si presenta è veramente straordinario e il ritrovamento dei miliari di Monte Cujaru e Mura Menteda, Mura Ispuntones consente di indicare meglio il percorso in direzione di Olbia lungo la piana paludosa di Santa Lucia a valle di Rebeccu e del praetorium di Sas Presones con lo stabilimento termale  che riutilizza i miliari di III secolo raccolti forse presso l'officina lapidaria. La Sechi pensa a dei divertuicula che aggiravano la piana toccando S. Andrea Priu, Su Terranzu con la necropoli romana scavata nella roccia, Montiju e lacana, Mura Ispuntones, per poi arrivare a monte Cujaru.

Rimangono problematiche le strutture militari di San Simeone e sono significativi i nuovi dati sulle produzioni di ceramica sigillata di Claudia Atte.

Mauro Mariani affronta la viabilità nella media valle del Temo, tra Pozzomaggiore, Padria e Mara e presenta le indagini territoriali che aggiornano i lavori della Galli attorno a Gurulis Vetus, con il Ponte Ettori sul Temo, il Ponte Enas sul Crabolu e il Ponte Oinu tra Sindia e Pozzomaggiore sul Rio Badu e Crabolu al confine provinciale.  Debbo dire francamente che è deludente la conoscenza delle fonti storiche, se una delle stazioni stradali a occidente del territorio in esame  viene chiamata con il nome di Calmedia che non si trova nell'Itinerario Antoniniano e ci è conservato solo dalle false carte d'Arborea e dal manoscritto seicentesco della Relacion de la antigua ciutat de Calmedia. Di qualche interesse è il toponimo Via Grekisca o Via de Grecos o S'istrada de sos padres documentata dai condaghi sette secoli prima dell'arrivo dei Greci a Montresta.  Una attestazione analoga è la Biaregus di Fonni Sorabile.

Andrea Mesina studia i territori di Monteleone Roccadoria e Romana, illustrando la funzione di polo attrattivo rappresentata dalla vallata del fiume Temo e richiamando le testimonianze di preistorici riti ordalici come nella spelonca di San Lussorio di Romana o a Funtana Sansa nella Piana di Santa Lucia. Come vedremo analoghi problemi si pongono per il fiume Tirso e in particolare per le stazioni ternali di Aquae Lesitanae, Oddini Orotelli nel territorio dei Nurritani e Aquae Hypsitanae presso Forum Traiani, Significativi i resti di mura di epoca classica a Monteleone RD sull'altopiano che si affaccia sul lago e le strutture presso il nuraghe Pibirra di Romana.

Rita Fantasia riprende i lavori di Lucrezia Campus su Ozieri e aggiorna i dati sui monumentali resti conosciutissimi del Pont'ezzu sul Rio Mannu in località Punta de Navole, il Ponte di Iscia Ulumu in comune di Romana e di Badu Sa Feminedda, con attenzione per i percorsi stradali testimoniati anche dai miliari come quello di Dalmazio.

Meno felice il secondo articolo di Rosita Giannottu sulla viabilità gallurese, che riprende i risultati delle indagini compiute per la tesi di laurea del 2001 discussa col prof. Zucca: sostanzialmente fedele alle ipotesi di Piero Meloni, la Giannottu è incerta sulla localizzazione di Tibula e di Portus Tibulae, mentre fornisce informazioni preziose sulla viabilità, con i resti della strada a Monti di Deu presso il nuraghe Agnu, con il ponte romano di Vena Longa a Tisiennari e di Diana sul lago Coghinas presso Luguido.

Stefano Giuliani allarga il discorso alla Gallura meridionale, elencando 44 insediamenti che aggiornano gli studi del Tamponi alle porte di Olbia, con i celebri punti miliari di Putzolu Sbrangatu, Traissoli, ecc. A San Salvatore di Nulvara, sul Rio Scorraboes iniziava il territorio dei Balari e finiva il territorio del municipio romano: l'impressione è quella di una potente romanizzazione e di un'attenzione straordinaria per la viabilità diretta al porto di Olbia soprattutto nel III e IV secolo, con interventi che arrivano al 388 al tempo di Magno Massimo e Flavio Vittore, i più tardi in assoluto.  Accanto alla viabilità principale, la a Karalibus Olbiam, la per mediterranea, la costiera, esisteva una rete di strade, che documenta una viabilità secondaria meno nota, anche per il concentrarsi dell'attenzione degli studiosi intorno alla viabilità principale.

La strategica posizione di Telti suggerisce molti interrogativi sui percorsi interni, che dovettero svilupparsi alle spalle di Feronia già in piena età repubblicana.

Luisangela Sulas studia Lesa e le Aquae Lesitanae, affrontando la viabilità tra Benetutti e Bultei lungo l'alto corso del Tirso, presso le sorgenti termali e le strutture romane, riprendendo alcuni passaggi conservati nella relazione di Martin Carrillo p. 163. Il culto di Esculapio a Lesa documentato da un'ara votiva poco nota ha un perfetto corrispondente con quello di Esculapio e delle ninfe a Fordongianus.

Maria Antonietta Mele procede lungo la via per mediterrranea arrivando fino a Sorabile-Fonni, dove sorgeva il santuario sacro a Diana e Silvano entro il nemus Sorabense: anche in questo caso si parte dalle indagini precedenti, quelle di Filippo Nissardi, Antonio Taramelli e di Antonio Mereu, Raimondo Zucca, ma l'aggiornamento riguarda alcuni percorsi di transumanza che testimoniano la profonda penetrazione romana in età imperiale in uno dei punti più alti, 1000 metri della Sardegna. Ovviamente si riprende il tema di come collegare la viabilità storica alla posizione decentrata dei ponti di Govosoleo Fonni o su vicariu e di Gusana Gavoi, detto anche ponte vetzu sommerso dopo la costruzione della diga. Nelle vicinanze la stazione preistorica con i menir. Luoghi straordinari sono il nuraghe Dronnoro dal quale proviene il diploma del classiario e di Soroeni Lodine, obbligato punto di passaggio.  Infine, a proposito dei collegamenti secondari, emerge il tema delle relazioni tra Barbagia e Ogliastra attraverso i valichi di Correboi o di Caravai.

Stefania Atzori conferma le sue qualità e la sua capacità di leggere il territorio con questo lucido intrevento sulla pertica di Forum Traiani, le antiche Aquae Hypsitanae, attraverso i territori di Ollastra Simaxis Villanovatruschedu, Fordongianus, Siapiccia ecc, con una parte del comune di Allai dove viene studiato il celebre ponte a 7 arcate restaurato in età medioevale ed ora più di recente.

Alla strada di San Giovanni ed alla mansio di San Cromazio ci conduce Giampiero Pianu, che mette a frutto le osservazioni compiute nel corso degli scavi da lui diretti a Villaspeciosa: rimane sullo sfondo il tema della viabilità lungo la vallata del fiume Cixerri e la possibilità di identificare una delle stazioni. La terma mosaicata era una struttura pubblica funzionale ad un abitato, di incerta connotazione giuridica, forse un vicus, magari un capoluogo di un pagus rurale, più probabilmente una mansio o una statio presso la via a Karalibus Sulcos, poco oltre la stazione di ad Decimum, al X miglio da Karales.

Piera Brandi si spinge in mare e cerca  (debbo dire con non molte novità) di portare il discorso sulle vie del mare, i percorsi della flotta romana, i traffici marittimi, i commerci.

A conclusione di questa veloce carrellata, posso dire che pur con una qualche eterogeneità di fondo, emergono da queste pagine tante informazioni nuove e si suscitano riflessioni nuove sul rapporto dei territori in bilico tra relazioni e isolamento, sull'economia agropastorale, sulle caratteristiche dell'insediamento rurale, sullo sviluppo nel tempo e le variazioni diacroniche, sula cronologia.

Grazie a Giampiero Pianu e a Nadia Canu per questo impegno e per questa passione.

Ultimo aggiornamento Mercoledì 22 Maggio 2013 19:11