Intervento al Convegno Uno statuto per la Sardegna del XXI secolo.

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Scritto da Administrator | 24 Novembre 2013

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Attilio Mastino
Rettore dell’Università degli Studi di Sassari
Intervento al Convegno: Uno statuto per la Sardegna del XXI secolo
Sassari, 29 ottobre 2010

Apriamo questo incontro con grande piacere, ringraziando la Presidente Claudia Lombardo e tutte le autorità presenti, per l’onore che fanno a questo Ateneo, alla nostra Università di Sassari, in occasione della presentazione del volume – curato da Mariarosa Cardia – su Uno Statuto per la Sardegna del XXI secolo. Un volume che sintetizza, in occasione del Sessantesimo anniversario dello Statuto  in Sardegna, i lavori dei seminari nei quali numerosi consiglieri regionali e nostri colleghi delle due Università sarde a Cagliari si sono confrontati nel corso del 2008 intorno ai problemi del nuovo Statuto della Sardegna.

Credo che la discussione che si sta sviluppando sul tema del federalismo in Consiglio regionale, nella nostra Regione e, ancora più in generale, nel Paese, può rappresentare una opportunità ma anche una incognita. Soprattutto se il federalismo viene interpretato come competizione tra Regioni sviluppate e Regioni in ritardo di sviluppo. Tutti noi avvertiamo sullo sfondo alcune minacce e alcuni pericoli che non possono certo essere quelle, ad esempio, del secessionismo della Regione Sicilia che oggi, sui giornali, è stato annunciato dal Presidente Raffaele Lombardo.

Respingiamo invece la prevalente interpretazione egoista del modello federale da parte delle Regioni settentrionali. Questo è un tema di bruciante attualità e lo vediamo anche dallo scarto che esiste tra gli atti pubblicati in questo volume, con i contenuti delle discussioni avvenute due anni fa, e il cammino che il Paese sta compiendo in queste settimane in materia di modello federale, con questa prepotente proposta che in qualche modo potrebbe non solo scardinare gli assetti che finora abbiamo conosciuto, ma prendere una strada sbagliata, che dovrebbe essere in qualche modo corretta e riorientata.

Il dibattito in Consiglio regionale ha messo in luce la necessità di affiancare alla riflessione politica anche una riflessione e un impegno da parte di studiosi e di giuristi. Porto allora, anche a nome del Rettore dell’Università di Cagliari, il saluto delle Università della Sardegna, ribadendo la disponibilità dei nostri ricercatori a mettersi al servizio degli interessi della nostra isola, in una discussione che dovrà in qualche modo approfondire tanti aspetti molto delicati, iniziando, soprattutto, da alcuni temi che richiedono una maggiore chiarezza terminologica.

In occasione di una sessione del Consiglio regionale – che si è tenuta il 5 ottobre – riguardante questi temi (anche a nome del Rettore Giovanni Melis, aiutato dalla riflessione che è stata svolta in Ateneo da Simonetta Sanna, da Vanni Lobrano, da Vanna Ledda e da altri colleghi delle due Università di Cagliari e di Sassari), ho introdotto alcune osservazioni sul dibattito riguardo alla riforma statutaria, osservando che esiste una esigenza preliminare di chiarezza terminologica, politica e scientifica delle diverse soluzioni istituzionali proposte.

Spesso la scarsa chiarezza ha inficiato questo dibattito collettivo. Quindi, i due Atenei hanno confermato l’interesse per accompagnare la discussione sui temi statutari, a sessant’anni dallo Statuto di autonomia, in questa fase nuova del dibattito federale nella quale la Sardegna entra con la sua storia, con la sua dignità, con la sua dimensione nazionale riconosciuta in età preistorica, antica e medievale.

Mi sono sentito di dire semplicemente che la riforma dello Statuto deve essere innanzitutto concepita come un momento per valorizzare l’autonomia. La chiarezza terminologica vorrebbe che i cittadini sardi si mobilitino non tanto sulla riforma costituzionale, sulla forma di governo statale, sulla quale dobbiamo intervenire e dire la nostra, ma soprattutto sulla riforma statutaria ossia sulla riforma della forma di governo regionale che costituisce l’essenza dell’esercizio fondamentale della nostra autonomia più solida e radicale.

La questione di come si autogoverna la Sardegna è sicuramente la questione centrale che dobbiamo porci; il federalismo opposto a ogni centralismo esasperato e capace di restituire al popolo sardo ogni potere nella propria Regione e nella propria casa. Abbiamo osservato che il modello che viene seguito oggi – soprattutto dalla Lega Nord – per la riforma federale è un modello che parte dalla Convenzione di Filadelfia del 1787. Questo è un modello Nordamericano e non so se le Regioni del Nord Italia potranno lucrare vantaggi da tale specifico federalismo divisionista, a scapito delle altre Regioni, ad esempio la Sardegna.

Comunque, ammesso che tra le rivendicazioni nordiste di questo federalismo possa essere ravvisata una convenienza, sia pure discutibile e di fiato corto, noi ne saremo certamente ed esclusivamente le vittime. Allora occorre valorizzare un’altra visione di federalismo, una visione più societaria e radicata più profondamente sulla storia del nostro Paese e sulla storia dell’Europa, partendo innanzitutto da quelle esperienze antiche delle comunità locali (le leghe dei koinà ellenistici, la societas di societates civium romanae, che è la repubblica a base municipale): dunque nelle rispettive dottrine giuridiche dobbiamo cercare gli elementi di un federalismo di tipo diverso. Credo che questa proposta federale si possa appoggiare anche sulla esperienza medievale moderna delle leghe intercomunali, si possa sposare con la dottrina di Tommaso e di Althusius e credo che ritorni anche nel XVIII secolo nel Progetto di Costituzione per la Corsica di Rousseau.

Tutti temi che costituiscono l’anima democratica della grande rivoluzione. È proprio questa idea federale che giunge ad innervare parte del pensiero socialista europeo in particolare nel Risorgimento italiano.

Consentitemi di fermarmi sulla soglia del nostro dibattito, ricordando che, però, in una fase storica come quella odierna, caratterizzata da uno spazio globale nel quale ci muoviamo, dobbiamo sforzarci tutti, anche a livello scientifico, di far prevalere la specialità, la diversità e le ragioni dell’autonomia che acquistano – proprio in questo quadro globale – un nuovo valore. Non possono, dunque, essere lette in un’ottica separatistica, microstatale, destinata in quanto tale a fallire, ma, al contrario, come nuova occasione che consenta di bilanciare la dimensione globale e quella locale, come occasione per collocare la Sardegna in uno spazio più ampio laddove la specialità può e deve essere strumento per rinnovare e aprire spazi nuovi per correre nel tempo.

Con questo spirito offriamo la nostra collaborazione – come Università – al processo di riforma, per garantire ai due Atenei sardi un percorso di crescita del sistema formativo inserito nei circuiti internazionali, che veda la Sardegna al centro del Mediterraneo in un sistema nel quale la Regione diventi attore fondamentale in funzione della crescita dell’Università e del rafforzamento della sua autonomia (anche l’autonomia dell’Università è costituzionalmente garantita).

Per arrivare a questi obiettivi dobbiamo verificare la nostra volontà politica di riforma istituzionale nella dimensione regionale sarda e, in questo senso, ribadiamo di voler essere partecipi a tutti gli effetti di questo percorso avviato dal Consiglio regionale.

Ultimo aggiornamento Domenica 24 Novembre 2013 11:19