La scomparsa di Claude Lepelley

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Scritto da Administrator | 23 Ottobre 2015

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Attilio Mastino
La scomparsa di Claude Lepelley

Vorrei ricordare oggi Claude Lepelley, scomparso a Montreuil (Île-de-France) il I febbraio 2015, all’età di 80 anni, a seguito di un arresto cardiaco. Era nato a Saint-Maurice, Val-de-Marne l’8 febbraio 1934.

Mentre esprimiamo il dolore profondo per una perdita che ci colpisce davvero, che impoverisce ulteriormente la generazione di studiosi che ci hanno preceduto e che sono stati anche nostri maestri, vogliamo ricordarlo a nome di tutti per le sue straordinarie imprese scientifiche, per la sua figura umana di studioso, di democratico, di amico dei paesi del Maghreb. Gli siamo grati per l’attenzione che ci ha voluto riservare, sempre con affetto e simpatia, ma anche con una sorta di nobile distacco, ricollegandosi fin dall’inizio ad un personaggio che ha voluto dare avvio ai convegni, de L’Africa Romana assieme a Giancarlo Susini, Marcel Le Glay, il maestro al quale era subentrato nella cattedra di Paris-Nanterre nel 1984.

Scrivendo la sua bella presentazione introduttiva all’XI volume de “L’Africa Romana” con gli Atti dell’incontro di Cartagine svoltosi nel dicembre 1994, Claude Lepelley ricordava proprio quell’anno lontano: <<En 1984, Marcel Le Glay m’apprit qu’il avait participé en décembre précédent, à Sassari, à une petite rencontre d’un grand intérêt consacrée à l’Afrique antique. Très vite parurent les actes, L’Africa Romana I, avec déjà une qualité d’impression qui ne devait jamais se démentir. Actes modestes, avec seulement huit communications, dont une consacrée à la Sardaigne, et quatre dues à des savants tunisiens, qui, d’emblée, s’étaient ralliés avec enthousiasme. On connaît la suite: la série des actes est désormais une publication de référence fondamentale, “un monument de la science contemporaine” a pu écrire André Chastagnol>>. E aveva aggiunto che il Convegno di Cartagine del 1994 segnava un ulteriore allargamento geografico alle province occidentali dell’impero romano, in particolare alla Sicilia, alla Corsica, alle due Spagne, alla Lusitania e poteva constatare che i nostri colloqui erano divenuti nelle nostre discipline un fatto che riguardava tutti gli specialisti del mondo romano. Poi ci aveva parlato di Helvius Vindicianus médecin et proconsul, riportandoci al tema che preferiva: la tarda antichità, Agostino di Ippona, amico del proconsole d’Africa Vindicianus nella prima età di Teodosio, tra il 379 e il 380, vir sagax, medicinae artis peritissimus, atque in ea nobilissimus.

A Cartagine Lepelley era intervenuto nei dibattiti, aveva partecipato alle escursioni, alla memorabile cena organizzata dal direttore generale dell’Office National du Tourisme Tunisien sull’Acropolium della Byrsa, quasi un mercato improvvisato all’interno della ottocentesca cattedrale di San Luigi costruita all’incrocio tra il cardo e il decumanus della colonia giulia per il cardinale Lavigerie; a Tunisi con noi aveva visitato il Museo Nazionale del Bardo, divenuto oggi il simbolo luminoso della lotta al terrorismo e al fanatismo.

Per ricordare meglio la nostra collaborazione, in questi giorni ho voluto sfogliare gli indici di tutti gli altri volumi de «L'Africa Romana», trovando centinaia di rimandi interni, richiami, riflessioni, stimoli e suggerimenti di Lepelley ripresi da altri autori, che hanno guardato a lui come al più profondo conoscitore del Nord Africa in età tardo-antica, un maestro pieno di curiosità, di interessi, di idee originali.

Nei nostri volumi Lepelley è presente quasi in ogni pagina, con i messaggi inviati ai nostri incontri, con le sue intuizioni, con la presentazione delle sue opere: io stesso ho presentato a Sassari nel 2000 l’ Hommage al nostro carissimo Pierre Salama, che ha per titolo Frontières et limites géographiques de l'Afrique du Nord Antique. Études rèunis par Cl. Lepelley e X. Dupuis. Così come avevo presentato quelle sue carte topografiche, l'accurata riedizione della carta di Pierre Salama, annunciata in preparazione presso Brepols, con il titolo Routes de l'Afrique orientale dans l'antiquité tardive, révision de la carte Salama et notices des sites, d'après les cartes redessinées par P. Salama.

Ma sono soprattutto le straordinarie sintesi di Lepelley ad aver costretto gli studiosi a confrontarsi, tentando di dare coerenza ad una documentazione epigrafica che è sempre più ricca e originale: cito solo a titolo d’esempio il penetrante dibattito sul tema della Libertas municipale, con i lavori su La fin du privilège de liberté : la restriction de l'autonomie des cités à l'aube du Bas-Empire, in 'Splendidissima civitas', études d'histoire romaine à la mémoire de François Jacques, publiées par André Chastagnol, Ségolène Demougin et Claude Lepelley, Publications de la Sorbonne, Paris, 1996, p. 207-220 e, più specificamente, Thugga au IIIe siècle : la défense de la 'liberté' , in Dougga -Thugga- . Etudes épigraphiques (actes du colloque réuni à Bordeaux en mai 1996; M. Khanoussi et L. Maurin éds.), coll. "Ausonius", Bordeaux-Paris, 1997, p. 105-116.

Proprio a Bordeaux con lui avevamo discusso sulla nuova eccellente edizione dell’iscrizione di Thugga proveniente dal tempio dedicato alla Vittoria Germanica di Caracalla, presentata dal nostro amico Nabil Kallala, oggi Direttore Generale dell’Institut National du Patrimoine di Tunisi; ma tante altre erano state le occasioni di incontro e di confronto a Tunisi, in Algeria a Mascula, a Lambaesis, a Diana Veteranorum, alle Aquae Flavianae, a Parigi all’Académie des Inscriptions et Belles-Lettres nell’Institut de France e in una delle ultime sedute della Commission pour l’Afrique du Nord du CTHS alla fine degli anni ’90: nel 1997 Lepelley era il segretario della Commissione e, assieme a Jehan Desanges ed a Maurice Euzennat, ci aveva invitato a presentare le nuove scoperte effettuate nel corso degli scavi tuniso-italiani ad Uchi Maius. Poi le diverse Rencontres franco-italiennes sur l’épigraphie du monde romain, i congressi dell’Association Internationale d’épigraphie grecque et latine, e così via, con lo sguardo sempre rivolto al Nord Africa.

Infine, avevamo iniziato a lavorare insieme all’interno della SEMPAM, la Société d’étude du Maghreb préhistorique, antique et médiéval, che aveva contribuito a fondare con René Rebuffat. Nel quadro di questa istituzione, aveva organizzato con Françoise Deroche a Porto Conte ad Alghero in Sardegna il Congresso della SEMPAM su L’onomastica africana (28-29 settembre 2007). In precedenza era stato presidente-fondatore (con Michel Christol) nel 1995 della Société française d’études épigraphiques sur Rome et le monde romain (SFER) e poi aveva presieduto, in occasione delle celebrazioni bicentenarie del 2004, la Société des antiquaires de France.

Claude Lepelley aveva studiato a Parigi nel celebre liceo Charlemagne; ammesso all’aggregazione in storia nel 1957, iniziò il suo insegnamento per due anni a Tunisi, per poi prestare il servizio militare in Algeria, tra il 1959 e il 1962. Sono gli anni nei quali, da Batna, aveva potuto visitare le straordinarie testimonianze di Lambaesis e conoscere da vicino gli archeologi francesi che operavano attivamente in Algeria, pur nel quadro convulso dell’insurrezione e della decolonizzazione. Gli era rimasta fortissima l’immagine delle monumentali testimonianze archeologiche della Numidia, che l’avevano incuriosito e indirizzato allo studio dell’Africa nella tarda antichità. Nella fase finale del periodo coloniale francese (terminato il 5 luglio 1962), proprio da questa esperienza insieme militare e civile nacque la sua ostilità nei confronti dell’OAS, la sua dimensione aperta e democratica, che ci ha lasciato una traccia costante nelle sue opere e nei suoi articoli sul Canard enchaîné. Rientrato a Parigi, fu nominato assistente di William Seston alla Sorbonne, dove restò per sei anni tra il 1962 e il 1967; insegnò poi all’università di Amiens (1967-70), quindi prese servizio a Lille prima come maître de conférences e poi come titolare di cattedra (1970-84), fino all’arrivo a Paris-X-Nanterre dove come abbiamo visto subentrò a Marcel Le Glay, che nei decenni precedenti aveva conosciuto in Algeria. Proprio a Nanterre, dove rimase fino al 2001, diresse il Centre de recherches sur l’Antiquité tardive et le Haut-Moyen-Age. Per tredici anni tra il 1987 e il 2000 aveva guidato il prestigioso Institut d’Etudes Augustiniennes in Rue de Sèvres a Parigi.

Il lavoro scientifico che maggiormente ha orientato i nostri studi è stata la sua tesi, discussa nel 1977 con il maestro William Seston, in onore del quale, tre anni prima, aveva dedicato uno studio sulla prefettura delle tribù nel basso impero. Però fu proprio la tesi su Les cités de l'Afrique romaine au Bas-Empire ad essere destinata a modificare profondamente le nostre conoscenze delle realtà urbane del Nord Africa nel III e nel IV secolo, con il superamento di tanti luoghi comuni e la dimostrazione, oggi confermata dall’archeologia, della ricchezza della vita cittadina nella fase tardo-antica, perché Lepelley rifiutava il pre-giudizio di una inarrestabile decadenza della società africana. I due volumi usciti tra il 1979 e il 1981 (Les cités de l'Afrique romaine au Bas-Empire, tome I : La permanence d'une civilisation municipale ; tome II : Notices d'histoire municipale, Paris, Institut des études augustiniennes, collection des études augustiniennes) assumono una dimensione interdisciplinare tra storia, epigrafia, fonti letterarie, giuridiche e agiografiche, e finiscono per anticipare le osservazioni degli archeologi sulla progressiva « meridionalizzazione » delle forze produttive, sullo sviluppo dell’agricoltura africana e sulla prosperità delle città del Nord Africa alla fine dell’età imperiale fino e ben oltre l’arrivo dei Vandali. Sono le posizioni già espresse già sul primo numero di Antiquités Africaines fin dal 1967, con l’articolo Déclin ou stabilité de l'agriculture africaine au Bas-Empire ? A propos d'une loi de l'empereur HonoriusTemi che tornano in tanti altri lavori, perché l’autore ha costantemente aggiornato le sue posizioni fino agli ultimi tempi..

Del resto Lepelley sapeva che non possiamo piegare la complessità della storia a formule e luoghi comuni astratti : la storia deve mettere l’uomo al centro del dibattito, deve superare le interpretazioni schematiche e superficiali, finisce per essere espressione di più cause concomitanti e diverse, che producono effetti anche contraddittori a seconda dei luoghi, delle circostanze, del trascorrere del tempo. Ma il rispetto per la complessità della storia non può obbligaci a rinunciare a stabilire connessioni, a mettere ordine, a proporre linee di riorganizzazione del passato, per comprendere e spiegare. Insomma, a fare sintesi.

Dunque il ruolo e la forza del cristianesimo africano, a partire da Tertulliano, fino a Cipriano, Agostino, Optato di Milev e così via.

Lepelley si è dedicato soprattutto ad Agostino dopo la scoperta (a Marsiglia e a Parigi) delle nuove lettere pubblicate nel 1981 da Johannes Diviak dell’Accademia Austriaca delle Scienze per il Corpus Scriptorum Ecclesiasticorum Latinorum: la risposta è davvero immediata, con l’articolo su La crise de l'Afrique romaine au début du Ve siècle d'après les lettres nouvellement découvertes de saint Augustin, proprio nel 1981. Due anni dopo un primo bilancio di sintesi è in L'apport des lettres de saint Augustin nouvellement découvertes à la connaissance de l'Afrique romaine : essai de bilan. Più tardi, nel 1987, avrebbe collaborato alla nuova edizione delle 29 lettere di Agostino.  E poi le omelie agostiniane inedite pubblicate da François Dolbeau.

Da questi interessi agostiniani emergono alcuni lavori davvero straordinari: soprattutto la voce « Africa » dell’ Augustinus Lexikon nel 1986; il VI capitolo della l'Histoire du christianisme, Paris, Seuil, 2007, dedicato a Saint Augustin et le rayonnement de sa pensée ; infine Augustin dans l'Afrique romaine de son temps : les continuités avec la cité classique, nel 1989.

Ma sono tanti altri gli straordinari temi «agostiniani» che emergono dalla produzione scientifica di Claude Lepelley : la persecuzione dioclezianea, gli atti dei martiri, le conversioni, il donatismo, l’evergetismo i Circoncellioni, gli iuvenes, il colonato, la schiavitù e la libertà, i lavori pubblici, le finanze municipali, l’insicurezza nelle campagne, l’enfiteusi nei possessi imperiali, le sopravvivenze pagane, l’uso della lingua punica nel V secolo, l’episcopalis audientia, la fine della città antica.

Con Andrea Giardina aveva discusso nel 1986 il tema caro ad André Chastagnol sulla fine dell’ordine equestre in Società romana e impero tardoantico; ma vd. poi Du triomphe à la disparition : le destin de l'ordre équestre de Dioclétien à Théodose, in L'ordre équestre. Histoire d'une aristocratie, 1999.

Significativi sono gli studi di storiografia pubblicati su tanti maestri: Stéphane Gsell, Hans-Georg Pflaum, William Seston, Charles Pietri, Marcel Le Glay, Henri-Irénée Marrou.

Molti altri sono i lavori che alla sua scomparsa sono rimasti incompiuti e che speriamo i numerosi allievi possano pubblicare presto.

Proprio l’allievo ed amico Xavier Dupuis l’ha ricordato in questi giorni su “Antiquités Africaines” come uno dei più grandi storici dell’Africa romana: <<Homme, historien et enseignant remarquable, Claude Lepelley impressionnait beaucoup, et pas seulement les étudiants, par son physique, son regard profond et lumineux, sa grande clarté, sa science, et aussi par son esprit critique, parfois sévère mais toujours positif et bienveillant, lorsqu’on lui soumettait un article, un chapitre de thèse ou une simple hypothèse. Très discret, il ne parlait guère de lui, mais tous ceux qui l’on approché savent quelle profonde intelligence et quelle immense culture l’habitaient. Ces grandes qualités, humaines et scientifiques, expliquent son rayonnement et son influence en France évidemment, dans les pays du Maghreb bien sûr et singulièrement en Tunisie, mais aussi à l’étranger comme en témoignent l’estime dans laquelle le tenaient [les] savants (…). Plus que tout autre il survit par l’œuvre transmise aux générations futures, par les pistes qu’il a ouvertes et par l’empreinte qu’il a imprimée en chacun d’entre nous>>.

E’ per me davvero un onore unire la mia voce in questo ricordo affettuoso e grato, per un uomo generoso e ricco di passioni e di interessi, capace indicare piste di ricerca originali e di aprire davvero strade nuove per tutti.

Ultimo aggiornamento Venerdì 23 Ottobre 2015 13:36