Scritture antiche e moderne

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Scritto da Administrator | 12 Maggio 2019

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Scritture antiche e moderne
Attilio Mastino
Ittireddu, Ammentos, Archivio Memorialistico della Sardegna, I convegno internazionale, 5 maggio 2019
Sintesi

Sto rileggendo in questi giorni un volume postumo di Marco Tangheroni intitolato Della Storia, con un arguto commento agli aforismi del boliviano Nicolàs Gomez Davila: particolarmente originale mi pare il giudizio sui gravi limiti - scusate ma riferisco tra virgolette - della sociologia e delle altre scienze sociali, che si occupano prevalentemente della contemporaneità e tendono a perdere la ricchezza della profondità della storia. L’antropologia contemporanea, come la sociologia sembra appiattita sul presente - sono parole di Tangheroni - e non ha molta voglia di fidanzarsi con la storia. Al di là delle battute, forse è utile che uno storico come me inizi a parlare ad un incontro aperto come questo, sperando che in futuro si sviluppi la riflessione sul rapporto tra scienze sociali, etnografia, antropologia e la storia sulle tracce di Max Weber, verso un confronto con la dimensione del tempo trascorso; si riesca cioè di estendere metodi e capacità scientifiche di analisi anche alla realtà passata ed all'immagine del passato che si è andata affermando nel mondo contemporaneo.

Dunque partirei dall’antichità, dai graffiti osceni sulle pareti dell’ipogeo di San Salvatore di Sinis con le frasi che tanto ci hanno stupito, espressione immediata e irripetibile di un momento storico, di una cultura, di una passione; partirei dalle scritture antiche, alle quali ho dedicato tutta la mia vita: vorrei dire che l’archivio che oggi  inauguriamo non potrà essere un deposito tradizionale di ricordi, ma dovrebbe essere rivitalizzato dal rapporto con la contemporaneità.  Ad esempio penso sia necessario avviare una sinergia con il contiguo Museo archeologico di Ittireddu, dove sono conservati i mattoni con incise le scritte che ricordano la liberta amata da Nerone Claudia Acte, conosciuta per l’attività delle sue aziende tra Olbia e Hafa, tra Mores e Bonorva; almeno vorrei ricordare le recenti strabilianti scoperte delle scritture rupestri, le epigrafi incise sui miliari stradali, le terme di Sant’Andrea Priu e di Sas Presones a Rebeccu.  E poi gli archivi antichi, i tabulari di Turris, di Tharros, di Carales, come quello ricordato sulla Tavola di Esterzili, che contiene un prezioso riferimento al tabulario urbano, il Tabularium del Principe sul Palatino, forse anche al Tabularium del Senato sul Campidoglio.

Per arrivare a tempi più vicini a noi, le prime relazioni di oggi, l’introduzione del sindaco Franco Campus e di Gavina Cherchi, gli interventi di Claudia Sias e Rita Onida, ci hanno riportato ad una dimensione alta della politica, che spesso trascuriamo, alle memorie di chi si oppose al fascismo e di chi lottò per la libertà di tutti, conservate nelle lettere, nei diari, nei documenti che troppo spesso non sono stati portati all’attenzione degli storici.  Oggi, a pochi giorni di distanza dalle celebrazioni del 25 aprile, come dimenticare il discorso di Piero Calamandrei ai giovani, dove raccomandava di abbandonare le carte morte e i testamenti, per provare attraverso le carte emozioni, impegno e passione.  Allora occorre che l’Archivio Ammentos di Ittireddu promuova una sinergia con molti altri soggetti:  l’Istituto superiore regionale etnografico di Nuoro, il Premio di letteratura sarda Città di Ozieri, la Soprintendenza archivistica della Sardegna, istituzionalmente inserita nella struttura organizzativa del Ministero per i beni e le attività culturali, che nell'intero territorio regionale ed esercita la vigilanza sugli archivi degli enti pubblici (Regione, comuni e altri enti, compresi gli istituti scolastici statali) e su quelli privati  (ad es. di banche, imprese, famiglie, persone) di interesse storico particolarmente importante.

In questo quadro, aggiungerei oggi un piccolo tassello personale relativo a mio nonno, Attilio Mastino (Bosa 1882-Cuglieri 1956), punito col carcere e con robuste bevute di olio di ricino perché si era mantenuto sardista, come testimonia l’articolo su “Il solco” del I aprile 1924: mi ricordo che quando ne parlai con Girolamo Sotgiu pianse, ricordando l’olio di ricino che era stato somministrato a forza ad Olbia al padre, obbligato a restare sul palco di un comizio fascista fino a quando non fu umiliato pubblicamente.

Ho ricordato in passato che quando ritrovai il diario giovanile di mio nonno, nascosto tra le carte di famiglia ed in parte occultato dallo pseudonimo Amalio Stinotti, volli farne trascrivere i testi, un po' per curiosità ed un po' per divertimento: si tratta di un libriccino di 60 pagine, così descritto nel 1899 da Antioco Solinas: <<quel minuscolo libercolo, ma per te infinitamente caro e grande, perché racchiude in se tante dolci memorie; dalla coperta di perla, fregiato di bei fiori di seta, lode alle mani che vi si trattennero, e dai fogli formicolanti di frizzi e di sentenze più o meno nuove, più  o meno saggie che tanta pompa di se fa e farà sul tavolino del tuo salotto>>. 
Mi accorsi poi, rileggendo questi testi, quanto brillante, intelligente e scanzonata fosse la congrega di personaggi che ha accompagnato la giovinezza di mio nonno: tra essi i notissimi Rinaldo Caddeo e Damiano Filia, ma anche Giovanni Nurchi (il poeta dialettale bosano, cugino di Attilio) e Saverio Meloni (poi divenuto cognato,  quando sposò la sorella Nevina), assieme a tanti altri; in questo gruppo di giovani bizzarri, quasi tutti accesi anticlericali, compaiono anche i devoti seminaristi, consapevoli come Antonio Mastino Ledda, studente in S. Teologia, di dover vivere <<senza baci né carezze d'amante, di sogni ideali fra gl'inganni e i pentimenti  educato a lacrimar alla severa scuola della sventura; ... infelice>>; tra questi giovani, isolata ma non a disagio, compare un'unica donna, la sventurata Pierina Bassoli Tola.

Scritto in gran parte a Bosa (ma anche a Cuglieri, a Santu Lussurgiu, a Sennariolo, a Bonarcado), questo diario contiene notizie e commenti sulla vita dei giovani studenti di Bosa, della Planargia e del Montiferru tra il 1897 ed il 1909:   queste pagine riflettono con immediatezza un mondo articolato, complesso, brillante e malinconico, credo ben diverso da quello per esempio che abbiamo documentato per gli stessi anni a Nuoro e nel retroterra barbaricino: si veda l'atteggiamento aperto e scanzonato verso l'amore, documentato ad esempio ne <<la formola matematica del cosidetto Amore delle donne>>, attorno al numero 69. Questi giovani studenti appaiono sicuri di sé, un po' leggeri, pieni di speranze, innamorati, incapaci di resistere alla seduzione (<<Ora la bella servetta dalle forme scultoree che attira la mia attenzione e vuole per se un pò del mio tempo, prezioso quel tempo! indicato allo studio. Ora la vezzosa signorina che ha saputo farsi un pò di largo nel mio povero cuore, ora ...... finalmente la mia bella .... dagli occhi ladri, la vendicativa (la chiamo così) se appena il povero amante, che son io, tarda un momento a contentare tutte intere le di lei voglie. Insomma io mi trovo in un mare di angoscie e, ciò ch'è peggio, non ho la forza bastante per poter vincere questo tiranno del mio cuore, di me stesso, della mia esistenza, e pensare seriamente ai casi miei>>).

Il protagonista è un bizzarro allievo giudiziario, scapestrato ed elegante, che si perdeva appresso alle ragazze, anche se un po’ scrofolose, con una serie di disavventure che ci vengono descritte nei dettagli da Saverio Meloni: <<quel giovine che voi vedete uscire di pretura ogni mezzogiorno, con un paletot all'inglese quasi bleu, se d'inverno, e con un bell'abito bianco se d'estate, d'una statura media, dal colorito sempre sano, dagli occhi neri e lucenti come l'ebano, con un paio di baffetti lunghi mezzo centimetro, dall'andatura spiccia quasi avesse fuoco ai piedi>>. E poi : <<Il nostro caro amico Amalio Stinotti è un accanito fumatore, un camminatore di primo stampo, un fotografo riuscito, un agile nuotatore, un attillato ganimede, un perfetto ballerino ed un tempo ed anche oggi uno scrupoloso osservatore delle leggi di Bacco>>. E, a proposito delle donne: <<Dappertutto egli stabiliva bottega, con tutte, bisogna dire, s'intendeva, e con tutte doveva romperla  dopo che ne era stuffo. Si diede spessissime volte a dar la caccia alle servotte, e quella che maggiormente prediliggeva era una paffutella, dagli occhi cerulei, bruna ricciuta, coi lombi sporgenti alquanto all'infuori e col passo cadenzato alla bersagliera>>. Spero che la famiglia voglia donare l’originale di questo diario ad Ammentos.

Divenuto più grande, mio nonno conobbe la tragedia della scomparsa in guerra (il 7 luglio 1916) di suo fratello Graziano, recentemente raccontata dal Maggiore Gerardo Severino: il Mastini di Emilio Lussu (Un anno sull’altipiano) è proprio Graziano Mastino: <<Io ho dimenticato molte cose della guerra, ma non dimenticherò mai quel momento. Guardavo il mio amico sorridere, fra una boccata di fumo e l’altra. Dalla trincea nemica, partì un colpo isolato. Egli piegò la testa, la sigaretta fra le labbra e, da una macchia rossa, formatasi sulla fronte, sgorgò un filo di sangue. Lentamente, egli piegò su se stesso, e cadde ai miei piedi. Io lo raccolsi morto>>.

Mio nonno era cugino di quel Nuorese, Pietrino Mastino, fondatore del Psd’Az, deputato e nel secondo dopoguerra costituente (ricordato nei giorni scorsi da Annico Pau su La Nuova), difensore di Emilio Lussu, che è ampiamente ricordato con ammirazione nell’edizione de Il giorno del giudizio di Salvatore Satta (con il nome ripristinato da Aldo Morace).

In realtà mio padre Ottorino, scomparso a 99 anni di età, nella poesia Tue anzianu hoe, scriveva che bisogna evitare di sentirsi vecchi e che comunque gli anziani non debbono perdersi dietro i ricordi: <<Bezzu non sìasa / si anzianu sese / su chelveddu activa / fui sos ammentos, / cria>>.

Ma lui stesso citava poi i proverbi logudoresi che invece esaltano i ricordi: <<Sa domo chi ammentada sos moltos, est beneitta cun tottu sos bios>> oppure <<Nois ammentamos cun piaghere cando fìmisi giòvanos ca bi acciapamos sas cosas mezzus chi amos pèldidu>>.

Daniela Murru per il Coro Mont’e Gonare ha scritto: <<Ammentos, sichidemi a pessichire / Cantandemi unu cuncordu / E una disisperada / A sonu de sa chiterra / In d'una notte 'e veranu, de veranu. / Ammentos de una povera domo / Prena de povera zente / Ricca de umanidade / Ch'ischiat a piangher'e riere / Piangher'e riere. / Ammentos, sichidemi a pessichire / Dademi unu vestire istrazadu / E duos pedes pitzinnos / Pro currere in mesu s'erva / Luchida 'e lentore. / Ammentos, ammentos, ammentos.>>.

Oggi ad Ittireddu nasce con tante emozioni “Ammentos”, l’arca salva-memoria. Carissimi Auguri a tutti noi.

Ultimo aggiornamento Domenica 12 Maggio 2019 21:12