La scomparsa dell’archeologa Antonietta Boninu.

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Scritto da Administrator | 05 Novembre 2020

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La scomparsa dell’archeologa Antonietta Boninu

Antonietta Boninu se ne è andata a 72 anni il 30 ottobre scorso, in silenzio, con stile, senza raccontarci nulla della malattia che l’aveva colpita quasi sei mesi fa e che ha affrontato negli ultimi giorni assieme al suo parroco don Massimiliano Salis a Mater Ecclesiae : la vogliamo ricordare oggi come storica direttrice della Soprintendenza archeologica di Sassari e Nuoro, antica compagna di studi e di mille progetti comuni, indimenticabile amica e generosa studiosa della Sardegna.

L’avevamo conosciuta alla Facoltà di Lettere a Cagliari, dove era stata allieva di Piero Meloni e Giovanna Sotgiu, per poi laurearsi con Mario Torelli in archeologia classica, con una tesi intitolata Catalogo della ceramica "sigillata chiara africana" del Museo di Cagliari (pubblicata nel 1972 sulla rivista diretta da Giovanni Lilliu “Studi Sardi”); un argomento che avrebbe segnato una vera e propria svolta non solo negli studi sulle relazioni tra Africa e Sardegna ma anche sulla classificazione scientifica dei materiali e sulle fabbriche di ceramica da mensa e in «sigillata chiara», di ceramica da cucina e di lucerne, precisando cronologie, trasferimenti per nave e mercati transmarini delle officine africane. La sua classificazione avrebbe permesso negli anni successivi di datare gli strati degli scavi anche in siti urbani o ostiensi.

Da qui bisogna partire per ricostruire una produzione scientifica nella quale spesso ci aveva coinvolto, come nel 1984 col volume firmato da noi con un grande maestro, Marcel Le Glay, su Turris Libisonis colonia Iulia per le Edizioni Gallizzi, dove lei aveva affrontato per la prima volta il tema dell’impianto urbanistico della Colonia Cesariana. Tre anni dopo (nella serie dei “Quadernni” della Soprintendenza) sarebbe uscito sullo stesso tema il volume Turris Libisonis. La necropoli meridionale o di S. Gavino, per l’Editore Chiarella, presentando gli scavi degli ultimi anni 70; gli argomenti dell’archeologia urbana e del rapporto tra Archeologia e architettura sarebbero stati ripresi con Antonella Pandolfi fino al 2012.

Pubblicava i Quaderni dedicati al territorio delle due più grandi province italiane (Sassari e Nuoro), il volume su Dorgali nel 1980; il lungo articolo con l’amico tedesco (di Monaco) Armin Stylov sui miliari inediti; tra tutti gli inediti quello importantissimo di Quintillo, il governatore delle Sardegna diventato imperatore dopo la morte del fratello Claudio il gotico. Nel 1992 aveva pubblicato la riedizione della Tavola di Esterzili nel volume sul conflitto tra pastori e contadini nella Barbaria sarda; nello stesso anno aveva scritto su il Monte Acuto oppure sugli scavi del municipio di Bosa in età romana assieme a Raimondo Zucca (giorni che l’arch. Guglielmo Machiavello ha ricordato per noi), le tante ricerche archeologiche non solo sul mondo classico, ma partendo dalle eredità nuragiche (ad es. il pozzo sacro di Perfugas) e fenicio-puniche; arrivando poi fino all’età paleocristiana.

Nel 1984 la Soprintendenza aveva inaugurato con Fulvia Lo Schiavo l’Antiquarium Turritano in occasione del secondo Convegno de “L’Africa Romana”; ma si possono ricordare  ad esempio i musei di Ittireddu, di Torralba, di Padria, il Museo archeologico navale Nino Lamboglia di La Maddalena; nel 2006 il volume sul Nuraghe Santu Antine di Torralba (sistemi, segni, suoni). La storia della storiografia, come per il centenario dalla morte di Giovanni Spano nel 1978, le Giornate europee del patrimonio con la presentazione del mosaico di Orfeo, che narra un amore sfortunato, quello di Aristeo e di Orfeo per la bella Euridice, riportandoci ai cartoni usati dai mosaicisti africani a Carales e in Sardegna; le ultime arrivate sono state la maschera marmorea di Marsia (o il Satiro) vicino alle terme Maetzke, le bellissime statue imperiali loricate, la statua di Eracle vincitore del leone proprio di fronte all’isola Asinara, l’antica Herakléous nésos (in Via delle Terme).

La Sardegna è stata battuta in lungo e in largo, dalla Planargia, al Goceano, dalla Gallura alla Nurra, con un’incredibile conoscenza delle persone impegnate sul territorio, degli amministratori locali, dei funzionari, cercando le procedure giuste e consultando periodicamente i sindacati sulle battaglie per salvare tanti posti di lavoro.

Vogliamo oggi ricordare il suo ruolo per l'avvio e l'attività del Centro regionale di restauro di Li Punti, dove i Sardi hanno riscoperto le statue degli eroi di Mont’e Prama, grazie ad un finanziamento voluto da Renato Soru e da Maria Antonietta Mongiu. Su questa vicenda l’Editore Gangemi nel 2015 aveva pubblicato la monumentale trilogia su "Le sculture di Mont'e Prama: Conservazione e restauro-La mostra-Contesto, scavi e materiali. Ediz. illustrata".

In questa sede vogliamo ricordare la sua collaborazione con Pier Giorgio Spano e Maria Christiana Oppo per il volume Insulae Christi : il cristianesimo primitivo in Sardegna, Corsica e Baleari del 2002. Mi torna lucidamente in mente la delicata sorpresa che aveva voluto farci a Siviglia nel 2006 per il XVI convegno de L'Africa Romana , quando presentò il mosaico di una villa della sua Porto Torres, con la straordinaria iscrizione entro una ghirlanda : Quod benistis, contentus esto, tutus fecistis, qui probissimus superbenistis. Il richiamo alla probitas è la cosa che allora più ci aveva colpito e che, in fondo, ha caratterizzato la sua esistenza, illuminata da una passione e dalla convinzione di svolgere il lavoro che aveva sempre sognato.

Rubens D’Oriano nell’ultimo ricordo ha affermato che Antonietta Boninu ha consacrato la sua intera esistenza con devozione ad "un dovere morale, perché crediamo fermamente che la conoscenza del passato, la sua divulgazione e la conservazione delle sue testimonianze sono fonte di progresso materiale e morale del mondo e della società. Quanti monumenti salvati, quanti oggetti recuperati e restaurati per merito suo!". Bellissime anche le parole scritte dal personale nel sito ufficiale della Soprintendenza: "Progettava con lungimiranza e riusciva a coinvolgere tutti per raggiungere gli obiettivi che si era prefissata: lavorare per la tutela del patrimonio archeologico e fare in modo che diventasse motore di sviluppo per la comunità. La Soprintendenza non dimenticherà mai l’Archeologa Antonietta Boninu e i suoi insegnamenti e si unisce al cordoglio dei familiari per la sua scomparsa. Grazie per l’impegno profuso con infaticabile passione".

Centinaia e centinaia di commenti ci sono arrivati in questi giorni sui social per esprimere l’affetto e l’ammirazione per una "professionista dal carattere ruvido" (Gibi Puggioni), la falsa grinta che le faceva da scudo, la severità ma anche l’ironia, la passione, la competenza, la preparazione, il legame con il territorio e con i luoghi che ci sono cari ad iniziare da Turris Libisonis, il carisma di una donna colta, intelligente e con senso dell’umorismo. Oggi prevale il senso della perdita e della assenza dopo una presenza lunga e significativa, di una studiosa che spaziava con lo stesso entusiasmo dai corsi CIF alle escursioni del CAI, fino alle Università della Terza Età, che l’hanno voluta ricordare ovunque - come abbiamo potuto constatare - da Sassari fino alla lontana Capoterra.

Attilio Mastino

Foto di Mario Unali.