Presentazione del volume curato da Mario Matteo Tola sulla fondazione della Casa della Divina Provvidenza in Sassari

Stampa

Scritto da Administrator | 13 Maggio 2011

Valutazione attuale: / 0
ScarsoOttimo 

Presentazione del volume curato da Mario Matteo Tola sulla fondazione della Casa della Divina Provvidenza in Sassari

Intervento di Attilio Mastino

12 gennaio 2011

Debbo all'amicizia con il sen. Bruno Dettori la mia presenza stasera qui a parlare di un tema per me inusuale, a tentare di raccontare una delle forme attraverso le quali la Chiesa si è incarnata in Sardegna impegnando laici e religiosi sul terreno della carità.

Questo volume, pubblicato in occasione delle celebrazioni centenarie dalla fondazione della Casa della Divina Provvidenza di Sassari, curato da Mario Matteo Tola per le Edizioni Gallizzi, rappresenta un prezioso strumento per ripercorrere un aspetto poco noto della storia della città di Sassari nel secolo scorso, consente l'accesso ad archivi poco frequentati, mette a disposizione una documentazione preziosa e utilizza una bibliografia locale forse non del tutto nota agli studiosi.

Il testo, scritto anche da Maria Lorenza Murtas e da Ilaria Delogu, con la collaborazione di Bruno Dettori e Bruna Fumagalli, ha alle spalle una accurata ricerca seguita dal collega Angelino Tedde, che ha coinvolto decine di persone, molte famiglie e diversi soggetti pubblici e privati. I risultati li abbiamo potuti ammirare il 16 dicembre scorso quando il presidente Giulio Poddighe e il sindaco Gianfranco Ganau inaugurarono la mostra fotografica che ripercorre la storia della Casa dei Sassaresi, che tanti di noi hanno in passato conosciuto, visitando nel tempo amici e parenti, ricoverati e assistiti. In quei locali sono passate migliaia di persone, non solo anziani, che hanno contratto un debito e una gratitudine profondi verso i protagonisti di un impegno nel sociale che è scaturito innanzi tutto dalla generosità, dalla dedizione, dall'amore per gli altri.

Se c'è un aspetto che caratterizza la città di Sassari, accanto alla significativa vivacità culturale sintetizzata dall'Università e dal Liceo “Azuni” e accanto ad una straordinaria vivacità politica rappresentata dall'autorevolezza di una classe dirigente aperta e sensibile proiettata su una dimensione nazionale, c'è veramente la catena delle opere promosse dalla Chiesa turritana, che in qualche modo hanno ancora oggi una loro eco nella mensa per i poveri nei locali della ex Questura in via Regina Margherita o nella Caritas di Via Galilei. Esse ci ricordano l'urgenza di fermarci un attimo a pensare ai drammi degli altri e anche alle tante necessità dei poveri dei nostri tempi, che evidentemente le istituzioni pubbliche non riescono ancora a soddisfare del tutto. Queste opere in passato hanno spaziato in città con l'Istituto dei ciechi, la Casa dei Santi Angeli, la Casa di San Giuseppe, il Rifugio di Gesù Bambino, l'Ospizio dell'Immacolata Concezione e di San Vincenzo dei Paoli, frutto dell'appassionata predicazione di padre Giovanni Battista Manzella: opere che si sono affiancate alla impressionante costellazione di iniziative di tanti sacerdoti, delle diverse famiglie francescane come il ricovero di mendicità di San Pietro, gli asili, gli orfanotrofi, i rifugi e alle opere promosse dai laici organizzati nella Compagnia delle dame di Carità, nelle Conferenze femminili, nella Società di San Vincenzo dei Paoli: testimonianze insieme di una situazione sociale degradata e di una particolare sensibilità della nobiltà e della borghesia cittadina, di quei numerosi esponenti di una classe dirigente non provinciale ed aperta. Istituzioni e personaggi che ritroviamo in tante immagini di questa mostra e di questo libro, in un'epoca che non fu solo di dura contrapposizione tra Chiesa e Stato, ma che vide i cattolici impegnati in prima fila nell'amministrazione della città e nel sociale. Testimonianze anche di vivacità, di voglia di riscatto, di affermazione di una presenza. Sono opere che rimontano indietro nei secoli e ci riportano anche ad un clima, a un modo di vivere in comunione con gli altri, ad una capacità di entrare in sintonia e di capire i problemi degli ultimi. In città e fuori città, alla Casa fino a Castelsardo e ad Alghero, e più di recente nel secondo dopoguerra giù fino al margine della provincia ecclesiastica ben oltre la diocesi turritana, fino al Rifugio La Madonnina tra Cuglieri e Santulussurgiu, dove molti di noi si sono formati. Lasciatemi ricordare per un attimo una figura che non possiamo dimenticare ed alla quale molti di noi debbono molto, monsignor Giuseppe Budroni, uomo positivo, illuminato e incompreso. Fino ai nostri giorni, per quanto i nostri tempi richiedano un profondo ripensamento, l’interpretazione di nuove forme di solidarietà sociale che vanno ben al di là della qualità degli interventi del passato.

Oggi però parliamo di un altro protagonista, di Giovanni Battista Manzella, oggi Beato della Chiesa Universale, impegnato a trasferire in Sardegna la lezione di San Vincenzo de' Paoli, partendo dalla chiesa di Sant'Agostino nel cuore della città. A dieci anni dal suo arrivo a Sassari, nel 1910, padre Manzella fondò il settimanale cattolico “Libertà”, oggi profondamente rinnovato, al quale sono legato per aver iniziato a scrivere proprio sulle sue pagine nel 1966 per impulso del vescovo di Bosa Francesco Spanedda; contemporaneamente, nello stesso anno padre Manzella sostenne la nascita della Casa della Divina Provvidenza per cronici e derelitti, che il 30 novembre 1910 veniva fondata dalla Conferenza delle Signore di Sassari, azioniste di una Società per azioni nell'ambito dell'Associazione di carità dell'Immacolata Concezione e di San Vincenzo de' Paoli. Quel 1910 è anche l’anno dell’incoronazione della Madonnina delle Grazie di San Pietro di Silki, che tanto colpì i contemporanei. Già la forma giuridica di Ente Morale riconosciuto alla Casa nel 1930 da Vittorio Emanuele III durante l’episcopato di Maurilio Fossati testimonia della larghezza di vedute e dell'ambizione degli obiettivi, del resto documentata da un patrimonio di immobili via via più esteso grazie alle donazioni pervenute, alle tante beneficienze, al consenso di cui la nuova istituzione godeva e di cui oggi continua ancora a godere in città. Prima presidente fu Teresa Bellieni Grana, seguita da Maria Pittalis Zirolia. presidente per quarant'anni, poi Laura Carta Segni, Alba Alagna Castiglia, Tullio Dolcher, il nostro professore di Fisiologia vegetale nella Facoltà di Scienze, Lorenzo Ganadu, Consolata Simula Spanedda, fino ad arrivare al nostro Giulio Poddighe. E poi la collaborazione con le Suore Figlie di Maria, le Suore Figlie della Carità di San Vincenzo, nel 1918 la nascita della Casa San Giuseppe per gli incurabili, l'asilo infantile, la campagna contro la tubercolosi, la malaria, il tracoma, la collaborazione col ricovero di mendicità.

Già i nomi testimoniano l'impegno della nobiltà sassarese, di alcune famiglie illustri, lo sforzo corale di una città che ha riconosciuto la giustezza di un obiettivo e si è dedicata a perseguirlo, attraverso mille prove, come quelle che hanno consentito lo sviluppo delle attività, l'ampliamento degli edifici, l'aumento del numero degli assistiti, l'articolazione delle forme di assistenza, lungo un intero secolo, soprattutto nel corso degli anni difficili delle due guerre mondiali. Mi hanno molto colpito le pagine dedicate agli anni dell'ultima guerra durante l’episcopato di Arcangelo Mazzotti, i prestiti garantiti dal patrimonio delle nobildonne della Casa, l'assistenza sanitaria, la lenta ripresa sotto la guida di Donna Laura, l'azione di tanti anonimi benefattori, l'assegnazione di terreni a Tramariglio da parte dell'Etfas di Enzo Pampaloni, un nostro Preside della Facoltà di Agraria, docente di Economia e politica agraria fino agli anni 70. Del resto ci sono in questo volume tante figure note, tanti personaggi che hanno segnato la storia della Sardegna nell'Ottocento, come Damiano Filia, lo storico amico di mio nonno Attilio Mastino che compare ora in un diario inedito da me pubblicato, e poi il deputato Lare Marghinotti, i Castiglia, gli Abozzi, gli Agnesa, i Bozzo, i Clemente, i Crovetti, i Di Suni, i Ledà d'Ittiri, i Ponzeveroni, i Pilo, i Prunas, i Passino, i Talu, gli Zirolia, e tanti altri personaggi che compaiono al fianco di Padre Manzella in una straordinaria galleria fotografica di uomini e donne, con i loro costumi, con il loro abbigliamento che dichiara l'appartenenza all'alta borghesia sassarese, che non era solo massonica o rivoluzionaria, ma anche fortemente religiosa negli anni del non expedit. Scorrono in queste pagine tante storie diverse, tanti aspetti di una città dinamica, aperta, piena di contraddizioni ma anche capace di guardare lontano.

Questo volume studia i precedenti, l'impegno della Chiesa a favore dei bimbi abbandonati, degli orfani, dei mendicanti: all'inizio del Novecento la nascita, in terreno laico, delle cucine economiche promosse dal Comitato “Cuore e Follia”, che si estesero in tutta la Sardegna e che a Bosa furono animate da un mio antenato, il poeta dialettale Giovanni Nurchi.

Vorrei per un attimo portarvi proprio in quegli anni, alle origini della Casa, nel 1909 a Sassari, in occasione delle celebrazioni per i 50 anni dalla fondazione delle Dame di Carità voluta dall'avv. Carlo Rugiu e da donna Matilde Quesada, moglie del marchese Amat di San Filippo, negli anni dell’episcopato del visitatore provinciale vincenziano Emilio Parodi.

Le parole pronunciate in quell'occasione da padre Manzella dimostrano come l'uomo fosse profondamente colto, imbevuto di cultura classica, lettore di testi greci, ancorato ad una solida corrente popolare. Mario Matteo Tola ricorda le vibranti parole pronunziate da padre Manzella per infiammare il suo pubblico: .

Sembrerà strano, ma sono pari pari le parole che Plutarco mette in bocca a Tiberio Gracco alla vigilia della rivoluzione del 133 a.C, con un'oratoria potente e invincibile davanti a comizi della plebe: . E poi questo clima religioso del testo classico, che potrebbe aver colpito un lettore moderno non sprovveduto come padre Manzella: <>.

Caro presidente Giulio Poddighe, caro Bruno, dopo un secolo, dopo tanti avvenimenti,  dopo tanta fatica e tanto impegno, c'è ancora bisogno di voi, la città di Sassari e la sua gente ha bisogno della vostra passione, del vostro altruismo, della vostra generosità.

Ha bisogno, insomma, della Casa della Divina Provvidenza.