CONVEGNO NUOVE ALLEANZE. DIRITTO ED ECONOMIA PER LA CULTURA E L’ ARTE

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Scritto da Administrator | 07 Ottobre 2011

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CONVEGNO NUOVE ALLEANZE. DIRITTO ED ECONOMIA PER LA CULTURA E L’ ARTE
NUORO 14-15 ottobre 2011

ATTILIO MASTINO

LEGISLAZIONE NAZIONALE E LEGISLAZIONE REGIONALE DELLA SARDEGNA. IL CASO DEI MUSEI: UN’OCCASIONE (PERDUTA?) PER LO SVILUPPO ECONOMICO?

Gli Atenei della Sardegna, quello di Cagliari e il nostro di Sassari, partecipano da decenni al processo di alta formazione degli operatori dei Beni Culturali.

Attualmente l’ Università di Sassari  così come l’Università di Cagliari propongono nei rispettivi Manifesti degli Studi  un corso di Laurea Triennale in Scienze dei Beni Culturali e un corso di Laurea Magistrale in Archeologia.

Si aggiungano le Scuole di Specializzazione in Beni Culturali dei Due Atenei sardi, il cui Diploma è indispensabile per la partecipazione ai concorsi statali, regionali e degli Enti Locali per le professioni culturali.

In particolare da quest’ anno l’ Università di Sassari attiva a Nuoro le due Scuole di Specializzazione in Beni Demoetno antropologici e in Beni Archivistici, mentre è attiva dallo scorso anno in Oristano la Scuola di Specializzazione in Beni Archeologici, denominata Nesiotikà, aperta in particolare all’ Archeologia delle isole del Mare Nostrum e del Mare externum  ed all’ Archeologia subacquea e dei paesaggi costieri.

A fronte di questa  didattica universitaria le possibilità di inserimento dei nostri giovani Laureati e Specializzati nei luoghi di cultura della Sardegna sono limitate a causa di un profondo gap fra le gestioni attuali dei beni culturali  degli Enti Locali  in Sardegna  e le auspicate gestioni future che, di necessità, accolgano le figurte professionali da noi formate.

La nostra analisi deve partire dalla L. R. 15 ottobre 1997, n. 26 dettante norme sulla Promozione e valorizzazione della cultura e della lingua della Sardegna  con la quale vengono individuati  gli strumenti operativi in leggi di settore che dovranno disciplinare :(omissis)

b) il sistema museale e monumentale della Sardegna che: 1) cura la valorizzazione, la crescita e la fruizione, diffuse e coordinate, dei musei e delle pinacoteche, nonchè dei beni storici, archeologici, antropologici, artistici architettonici, paesaggistici ed ambientali, meritevoli di tutela e di memoria collettiva esistenti in Sardegna, anche favorendo la nascita di nuove raccolte espositive.

È stato necessario attendere la Deliberazione di G.R. 36 / 5 del 26 luglio 2005, contenente il Documento d’indirizzo politico-amministrativo sul “Sistema regionale dei musei. Piano di razionalizzazione e sviluppo”,  per disporre per la prima volta di una organica proposta sul sistema museale della Sardegna, cui seguì  il 
Disegno di legge concernente “Norme in materia di beni culturali, istituti e luoghi della cultura” approvato con deliberazione di G. R. 10 / 4  del 14 marzo 2006, trasformato dal Consiglio Regionale nella L. R. 20 settembre 2006, n. 14, attualmente vigente, seppure con varie modifiche.

La Legge Regionale 14 / 2006 è uno strumento normativo di notevole interesse e portata giuridica, che si inserisce nella cornice della legislazione nazionale del Codice deio Beni Culturali e del Paesaggio[1] e, per quanto concerne i Musei, nel solco dei riferimenti normativi e tecnico-scientifici dell’ Atto di indirizzo sui criteri tecnico-scientifici e sugli standard di funzionamento e sviluppo dei musei  (art. 150, comma 6, del D.L. n. 112 del 1998) contenuto nel D.M. 10 Maggio 2001 del Ministero per i Beni e le Attività Culturali.

Nella L.R. 14 / 2006 il sintagma Sistemi museali possiede 13 citazioni, negli articoli 5, 6, 7, 12 (dedicato integralmente ai Sistemi Museali) e 21.

La  Sardegna giungeva così con notevole ritardo rispetto al resto d’ Italia e d’ Europa a concepire un Sistema Regionale Museale con una rete di sottosistemi provinciali, nei quali integrare gli Istituti museali e le Raccolte museali comunali.

Purtroppo la L. R. 14 / 2006 giungeva in un momento storico ritardato in cui le istanze culturali ed identitarie dei singoli Comuni, spesso in assenza di rigorosi presupposti museologici e museografici, avevano ottenuto corposi finanziamenti soprattutto Regionali, determinanti nella  creazione di una pletora di «Musei» locali, privi in molteplici casi delle indispensabili figure professionali al funzionamento culturale e sociale dei sedicenti «Musei».

Può essere interessante notare che l’ Isola conobbe la Fondazione di Musei a partire dall’ Ottocento con i Musei Universitari di Cagliari (1806) e di Sassari (1878), trasformati in Musei Archeologicio Nazionali, mentre  solamente negli Anni Trenta del XX secolo furono istituiti i primi musei locali della Sardegna: la Galleria comunale d’ Arte di Cagliari (1933) e l’ Antiquarium Arborense di Oristano (1938). Non a caso la Galleria d’ Arte cagliaritana condivide  esclusivamente con l’ Antiquarium Arborense il rango di museo di ente locale ex lege 1080 / 1960 e la classificazione ex d.m. (Ministero degli Interni e Ministero della Pubblica Istruzione) del 15 settembre 1965, rispettivamente di museo medio e museo minore.

Il capoluogo di provincia Nuoro ebbe la istituzione  del Museo del Costume sul Colle S. Onofrio ai primi anni Sessanta del XX secolo, poi integrato nell’ Istituto Superiore Regionale Etnografico, dotato anche del Museo Deleddiano il il 5 marzo 1983, mentre  il 23 ottobre 1978, in occasione della XXII Riunione dell’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria, fu inaugurato a Nuoro il Museo Civico Speleo-Archeologico, divenuto infine Museo Archeologico Nazionale. Per i Musei Locali dobbiamo attendere il 1982 con la istituzione del Museo civico di Villanovaforru: erano passati  44 anni dalla nascita dell’ Antiquarium Arborense. Da quel momento iniziò una gara municipalistica fra le Amministrazioni Comunali dell’ Isola  per creare il proprio Museo Archeologico e / o Demo Etno Antropologico, inquadrando in ambito pubblico anche lodevolissime iniziative private.

Solo gli Enti ecclesiastici si salvarono da questo clima di “ musealizzazione” a tappe forzate della Sardegna e forti della conservazione del proprio secolare patrimonio diedero luogo ad importanti iniziative museali prevalentemente a livello Diocesano.

Il quadro dei Musei della Sardegna nel primo decennio del XXI secolo  è ricco di chiaroscuro, da una parte con musei affermati, connessi con il proprio territorio,  oggetto di costante attività di ricerca scientifica e di esposizioni temporanee, fra i quali citiamo, fra gli altri,  i Musei Archeologici Nazionali di Cagliari, Nuoro, Sassari- Porto Torres, la Pinacoteca Nazionale di Cagliari e il Museo Canopoleno di Sassari,  la Galleria Comunale d’ Arte di Cagliari, il Museo di Palazzo Zapata di Barumini, il Museo Ferruccio Barreca di Sant’ Antioco, il Museo Civico di Villanovaforru, il Museo di Cabras, il Museo di Casa Atzori di Paulilatino, il Museo Civico di Ozieri, il Museo di Perfugas, i Musei dell’ ISRE ed il MAN di Nuoro, dall’ altra con  «musei » ripetitivi, privi di ordinamento scientifico, non dotati di operatori tecnico-scientifici.  Questi ultimi sono certamente in maggior numero rispetto ai primi.

La chiave di volta per una rivoluzione nel sistema museale della Sardegna (comprendendo in questo termini, ai sensi della L. R. 14 / 2006 «le raccolte museali, comprese quelle relative ai temi dell’emigrazione, le aree e i parchi archeologici, i complessi monumentali, gli ecomusei, i siti di interesse naturalistico e i beni mobili e immobili, di proprietà pubblica e privata, che rivestono particolare interesse e che possono essere funzionalmente integrati nell’organizzazione museale regionale» sarà in una rigorosa applicazione della stessa Legge Regionale sui Beni Culturali attrtaverso la costruzione di un consenso delle comunità locali che rinunzino all’ ottusità delle guerre di campanile.

A fronte di un panorama di gestione dei Beni museali della Sardegna limitato fino agli anni Settanta del XX secolo agli operatori delle Soprintendenze competenti per quanto attiene i Musei archeologici nazionali di Cagliari e Sassari, la Pinacoteca nazionale di Cagliari, il Compendio Garibaldino di Caprera, ed agli «assuntori di custodia» di alcune aree archeologiche come Nora e Tharros, alla Direzione ed al personale dei Musei dell’ ISRE a Nuoro, ed ai Direttori della Galleria d’ Arte di Cagliari e dell’ Antiquarium Arborense di Oristano, sta la «rivoluzione gestionale» dei Musei indotta da un lato dalla costituzione in pianta organica di alcuni Comuni, in primis quello di Villanovaforru, di curatori museali e di  altro personale museale, dall’ altro e soprattutto dalla legislazione regionale con l’ art. 11 della Legge Regionale 7 giugno 1984, n. 28, recante Provvedimenti urgenti per favorire l'occupazione:

Contributi in favore di Comuni, Province e Comunità montane

I Comuni, singoli o associati, le Province e le Comunità montane che promuovano la realizzazione di attività nel settore dei servizi sociali e nei settori della tutela e valorizzazione dei beni ambientali e culturali, da affidare in convenzione alle cooperative o società giovanili costituite ai sensi dell’articolo 1, possono beneficiare di un contributo a valere sulla presente legge pari al 70 per cento dei costi dell’attività affidata dai suddetti enti.

La quota di cofinanziamento regionale fu elevata  al 90 per cento dei costi dell’ attività nei settori della tutela e valorizzazione dei beni ambientali e culturali dall’ art. 38 della  L.R. 20 aprile 2000, n. 4.

L’ impatto della L.R. 28 /84 sulla gestione dei Beni Culturali della Sardegna fu fondamentale, poiché, restringendoci ai Beni Museali  ed ai siti archeologici, si poté assicurare una gestione indiretta, tramite affidamento a società giovanili,  di tali beni  da parte degli Enti pubblici territoriali nei cui ambiti ricadevano musei e siti archeologici, benché sul piano giuridico facesse difetto spesso agli stessi Enti Pubblici Territoriali la pertinenza dei Beni, per lo più demaniali ex art. 822 C.C. o pertinenti al patrimonio indisponibile dello Stato ex art. 826 C.C.

A fronte di questo risultato positivo si è riscontrata la generale scarsità di figure professionali specifiche dell’ attività museale, in considerazione della bassissima percentuale di personale laureato (circa  4 %) tra gli operatori museali inquadrati come soci o personale dipendente delle società che avevano ottenuto in appalto i servizi museali ed, inoltre, la pervicace volontà della maggior parte degli Enti Pubbici Territoriali a rivendicare l’ autonomia nella gestione dei Beni Culturali ad essi pertinenti a discapito di forme effettivamente sistemiche, che pure si sono in qualche caso affermate, come ad esempio nel Consorzio Sa Corona Arrubia o nel caso dei Celeberrimi populi Anglona- Goceano-Monte Acuto.

L’ abrogazione dell’ art. 38 della  L.R. 20 aprile 2000, n. 4 dal co. 1 p dell’ art 23 della L. R. 14 / 2006  ha posto le premesse per una nuova «rivoluzione copernicana» della gestione dei Beni Culturali in ambito di sistemi museali, con il raggiungimento dei requisiti minimi di qualità e di personale in parallelo con la normativa nazionale.

Deve, con rammarico, considerarsi una occasione perduta la mancata approvazione, nelle forme stabilite dalla L.R. 14 / 2006, del Piano regionale triennale per i beni culturali, gli istituti e i luoghi di cultura 2008-2010, unico strumento secondo la suddetta L.R. 14 / 2006, capace di dettare criteri e principi anche per la gestione dei beni culturali.

In realtà, dopo il D. Lgs 42 / 2004  (Codice Urbani) ed in coerenza con esso, la Regione Sardegna volle adottare una disciplina sulla gestione dei servizi pubblici locali privi di rilevanza economica, fra i quali in primis la dottrina e la giurisprudenza hanno riconosciuto i servizi culturali ed in specie quelli museali.

Il Codice Urbani  ha ispirato alla Regione Sarda, che possiede potestà legislativa primaria nel campo dei Musei locali, la normativa costituita dai commi 7-9 dell’ art. 37 della L. R. 7 / 2005, non ancora abrogati, sulla gestione dei Beni Culturali, compresi tra i “servizi pubblici locali privi di rilevanza economica”:

7. Gli enti pubblici territoriali della Sardegna sono autorizzati a gestire in forma indiretta o diretta i servizi pubblici locali privi di rilevanza economica.
8. La gestione in forma indiretta può attuarsi tramite concessione a terzi, in conformità alle vigenti norme in materia di scelta del contraente, ovvero mediante affidamenti diretti a soggetti costituiti o partecipati, in misura prevalente, dall’ente pubblico territoriale interessato. Il rapporto tra l’ente pubblico territoriale titolare dell’attività e l’affidatario o il concessionario è regolato con contratto di servizio, nel quale sono specificati, tra l’altro, gli indirizzi e le modalità di controllo spettanti all’ente pubblico, la durata dell’affidamento, i livelli qualitativi d’erogazione e di professionalità degli addetti.
9. La forma diretta può essere utilizzata quando, per le modeste dimensioni del servizio o per le caratteristiche dell’attività, non sia opportuno procedere con l’affidamento di cui al comma 8.

Come si può osservare dal confronto tra la primitiva formulazione dell’ art. 115 del Codice Urbani e i commi 7-9 dell’ art. 37 della L. R. 7 / 2005 questi derivano la disciplina regionale dal testo nazionale con una sostanziale differenza:  gli Enti Pubblici Territoriali della Sardegna possono ricorrere alla concessione a terzi per la gestione dei Beni culturali, mentre tale gestione era riservata dal Codice Urbani esclusivamente allo Stato e alle Regioni. La Regione Sarda ha normato, dunque, la piena legittimità sia della gestione diretta, sia della gestione indiretta dei Beni Culturali degli Enti Pubblici Territoriali, risultando in capo agli Enti Locali la scelta motivata di uno dei due sistemi di gestione. La Regione Sardegna volle darsi una norma sulla gestione dei Beni Culturali poiché la dottrina aveva immediatamente censurato la formulazione dell’ art. 115 del Codice Urbani in quanto considerata compressiva dell’ autonomia delle Regioni, tanto più che la sentenza della Corte Costituzionale 13 luglio 2004, n. 272 aveva dichiarato l’ illegittimità del comma 3 dell’ art. 113 bis del T. U. degli Enti Locali, introdotto dall’ art. 35, comma 15 della L. 28 dicembre 2001, n. 448, dichiarante “Gli Enti Locali possono procedere all’ affidamento diretto dei servizi culturali e del tempo libero anche ad associazioni e fondazioni da loro costituite o partecipate” “proprio sulla base della considerazione che, non sussistendo in materia  esigenze di tutela della liberta di concorrenza” la disciplina di dettaglio “si configura come illegittima compressione dell’ autonomia regionale e locale”. A complicare il quadro, tuttavia, si è posta la Giurisprudenza europea che ha suggerito  una profonda modifica dell’ art. 115 del Codice dei Beni Culturali, inerente la forma di gestione. Il D. Lgs. 156 / 2006 ha riscritto l’ art. 115 del Codice Urbani, lasciando vigente nella forma del Codice Urbani l’ art. 117: il nuovo articolo 115 contempla la gestione diretta o indiretta ed esclude gli affidamenti diretti a soggetti costituiti o partecipati, in misura prevalente, dall’ente pubblico territoriale interessato. È scomparsa, dunque, dalla legislazione nazionale, impegnativa per lo Stato, le Regioni e gli altri enti pubblici territoriali, la possibilità di affidamento diretto della gestione dei Beni Culturali a società pubblico-private partecipate in maniera prevalente dall’ Ente Pubblico, poiché l’ affidamento diretto a tale società avrebbe leso la libertà di concorrenza.

Attualmente in base al comma 8 della L.R. 7 /2005 sarebbe, invece,  ancora vigente per gli Enti Pubblici Territoriali della Sardegna la possibilità di ricorrere all’ affidamento diretto della gestione dei Beni Culturali a società pubblico-private partecipate in maniera prevalente dall’ Ente Pubblico, possibilità esclusa tassativamente dalla nuova disciplina della gestione dei BB.CC. stabilita dal D. Lgs. 156 / 2006 e successive modifiche.

Una soluzione ai problemi interpretativi del nuovo art. 115 del Codice Urbani è venuta dalla Dottrina immediatamente successiva alla promulgazione del D. Lgs. 156 / 2006.

Il più articolato contributo è quello di Girolamo Sciullo:

è da pensare che la formulazione dell’ art. 115, comma 2, disciplinante le ipotesi di gestione diretta, sia da reputarsi non tassativa e perciò tale da non escludere una sua interpretazione estensiva in grado di comprendere anche il caso in cui alle Fondazioni (e in genere ai soggetti costituiti ex art. 112, comma 5 “lo stato, le regioni egli altri enti pubblici territoriali  possono costituire appositi soggetti giuridici ‘ ad. Es. le fondazioni.”) sia stato conferito in uso il bene della cui valorizzazione si tratta.

La situazione è mutata ancora per quanto attiene la normativa sulla gestione dei Beni Culturali: abbiamo l’ art. 14 della  Legge 29 novembre 2007, n. 222, relativo alla Razionalizzazione dei servizi aggiuntivi - Beni culturali, che ha determinato La nuova disciplina dei servizi aggiuntivi dei musei statali: il D.M. 29 gennaio 2008: Modalità di affidamento a privati e di gestione integrata 
dei servizi aggiuntivi presso istituti e luoghi della cultura.

Questo D. M. può estendere la propria efficacia sia in termini di modello per i servizi integrati  di Musei e altri Istituti non statali, inoltre, all’ art. 3, comma 6, si stabilisce che

che la disciplina del Decreto  può trovare applicazione anche nei confronti di musei delle regioni e degli enti locali se coinvolti in una gestione integrata, tramite l'accordo di cooperazione istituzionale, stipulato tra amministrazione statale e amministrazioni regionali e locali ai sensi dell'art. 112, commi 4 e 6,  del d.lgs. 42/2004.

I modelli gestionali del suddetto decreto sono  la gestione diretta e la gestione integrata delle attività museali, la cui scelta discende dalla valutazione delle Istituzioni.

La gestione diretta potrà attuarsi in presenza di mezzi economici, finanziari e del personale necessario. L’ esternalizzazione impone la gestione integratas delle attività da assegnare ad un’ impresa tramite procedura concorsuale.

Attualmente sono vigenti, con il loro potere di indirizzo e di cornice anche per le legislazioni regionali, gli articoli 115 e 117 del codice Urbani così come riformulati dal d.lgs. n. 62 del 26 marzo 2008, che fra l’ altro adopera il sintagma di “servizi per il pubblico” al posto di “servizi aggiuntivi.

Tuttavia,  nonostante le previsioni normative della L. R. 14 / 2006, sulla gestione dei Musei e dei Sistemi museali, il quadro gestionale sardo non è mutato rispetto alla situazione ante legem.

A fronte di questo quadro normativo estremamente complesso  può auspicarsi che la Regione Sardegna, in forza della propria potestà legislativa primaria nel campo dei Musei locali, possa formulare, con la  revisione della L.R. 14 / 2006 in coerenza con la rilevata cornice legislativa nazionale, una norma di gestione dei Beni Culturali che consacri definitivamente l’ opzione di un sistema museale regionale, suddiviso in sistemi provinciali, assicurando le risorse finanziarie esclusivamente agli Enti Pubblici Territoriali inseriti nei Sistemi museali, previa verifica positiva del raggiungimento degli standard tecnico-scientifici di qualità dei musei pertinenti a ciascun sistema museale.

In questa prospettiva nuova dovranno trovare luogo le sinergie  interistituzionali tra i fondamentali Istituti Museali statali, i Musei Regionali di antica e nuova istituzione, fra cui il Museo dell’Identità di Nuoro ed il Museo della Sardegna Giudicale di Oristano-Sanluri in corso di  costituzione, i Musei degli Enti Locali, i Musei Ecclesiastici, i parchi archeologici, le aree archeologiche, i beni monumentali etc.

Il Sistema Museale della Sardegna è il Sistema identitario di tutto il popolo sardo e di tutti gli attori istituzionali (statali, regionali, provinciali, comunali, ecclesiastici, universitari) che cooperano per il comune obiettivo della conservazione, valorizzazione e fruizione del Patrimonio Culturale.


[1] D.Lgs 42 /2004 e successive modifiche dei D. Lgs. 156 e 157 / 2006 e D. Lgs. 62 /2008.