Saluto a Giovanni Palmieri

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Scritto da Administrator | 10 Giugno 2013

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Intervento del prof. Attilio Mastino
Chiesa di San Paolo, Sassari, 8 giugno 2013
Saluto a Giovanni Palmieri

Per volontà dell’Arcivescovo e della famiglia, ho l’onore di intervenire a nome dei colleghi, del personale e degli studenti dell’Università di Sassari per accogliere con emozione e con affetto vero il nostro Rettore emerito Giovanni Palmieri che ci lascia per sempre. Il coro ICNVSS lo ha salutato all’ingresso con il Gaudeamus igitur, che spesso cantava a squarciagola per farci sorridere.

Sentiamo il senso di una perdita irreparabile, di un distacco doloroso, ma anche la gratitudine per quanto ha fatto per la sua Università e per la Sardegna e  poi per ciascuno di noi, per me personalmente fino agli ultimi giorni.

Due mesi fa aveva svolto per un gruppo di amici una sorta di stranissima conferenza sulla sua malattia, ricordando a memoria – come era solito – tutte le date, tutte le fasi di una lotta che ha combattuto a viso aperto, a Sassari ma anche in altri ospedali, considerandosi un fortunato per aver strappato un anno e mezzo di vita al suo male, parlando di sé come al passato e come guardando la sua vicenda a distanza, a mente fredda, quasi con gioia pur sapendo che presto sarebbe tutto finito. Intanto era riuscito a vivere, a viaggiare, a incontrare gli amici e le persone care,  a conoscere altre cose, a togliersi curiosità e desideri profondi.

Allora eravamo intervenuti, io e Andrea Montella, per dire quanto ci avessero colpito l’ottimismo, la lucidità e la competenza, perché aveva saputo esprimersi meglio di un luminare di medicina. Ma anche noi iniziavamo a parlarne al passato.

Nelle ultime settimane mi aveva commosso questo uomo ruvido e schietto, che si era addolcito e ora sentiva il desiderio di tenermi informato sulla sua salute, attraverso gli amici comuni come Vittorio Anania, mi abbracciava senza più pudori, gradiva le mie visite, voleva che l’Università sapesse quanto lui era grato a Pinotto Dettori, Corrado Rubino, Pietro Pirina, e agli altri medici che l’hanno seguito nel corso di tutti questi anni.

Già ieri, dopo aver sentito Alessandra, ho voluto rileggere le sei relazioni svolte da Giovanni Palmieri  in occasione dell’inaugurazione degli  anni accademici che vanno dal 1991 al 1997, dal 430° al 435° anno dell’Ateneo facendo partire il calcolo dalla nascita del collegio gesuitico. Più di quanto non ricordassi, quegli interventi rimangono ricchissimi, fanno ritrovare un uomo deciso, che non perdonava gli errori altrui, che assumeva un atteggiamento critico con il suo spirito ironico un poco corrosivo e irridente, ma che era pieno di desideri e di speranze, un democratico capace di ascoltare e di costruire, indicando a tutti obiettivi chiari.

Il primo anno parlando davanti al suo amico il Ministro Antonio Ruberti, aveva criticato la politica delle gemmazioni a costo zero che per lui rispecchiava le discutibili ambizioni municipalistiche a cui prestavano fin troppo credito i politici locali. Aveva denunciato il rischio del sotto finanziamento delle Università e della cancellazione dei fondi Fio 86 che avrebbe determinato il blocco dei programmi edilizi dell’Ateneo. Aveva attaccato la città di Sassari, che pure amava, ritenendola distratta e poco attrezzata, di fatto inospitale verso gli studenti, condannati a un devastante pendolarismo. In questo campo pesavano le esperienze fatte come delegato rettorale per l’opera universitaria. Proprio nel suo primo anno mi aveva generosamente chiamato a svolgere la prolusione di apertura, sul tema antico dell’analfabetismo nella Sardegna romana. Per gli studenti era intervenuto Gavino Mariotti.

Il secondo anno, davanti a molti rettori stranieri e ai direttori Giovanni D’Addona e Antonello Masia, aveva richiamato tutti alla tolleranza e al pluralismo contro i gravi episodi di razzismo e di antisemitismo, affermando i valori della democrazia, della libertà e della tolleranza. Aveva commentato la minaccia della chiusura delle fabbriche sarde e l’ulteriore smantellamento dell’apparato industriale.

L’11dicembre 1993, parlando davanti al Ministro Umberto Colombo, aveva illustrato i risultati di un triennio duro, piero di ansie e di preoccupazioni e aveva criticato le pietose bugie del numero programmato, dell’università usata come parcheggio, della distribuzione del Fondo di funzionamento ordinario in attuazione di una politica di riequilibrio fatto alla rovescia tra Nord e Sud, sognando una Università nuova capace di stare al passo con i tempi ma soprattutto che anteponga gli interessi dello studente agli affari di bottega e alle piccole battaglie personali.

Il quinto anno alla presenza del Presidente del CNR Enrico Garaci aveva ammesso di aver vissuto molti momenti di fatica e di sofferenza, di aver masticato amaro e di aver dovuto deglutire bocconi indigesti, ricevendo accuse solo perché aveva inteso far prevalere l’interesse generale dell’ateneo su quello personale o di piccoli gruppi, con una zampata ad alcuni politici che sfoggiavano l’incarico universitario una volta alla settimana, che snobbavano gli studiosi o li degnavano di sguardi di sufficienza.

L’ultimo anno, il 16 novembre 1996, davanti al sottosegretario Giuseppe Tognon, aveva presentato un bilancio delle realizzazioni portate avanti senza nascondere insoddisfazioni profonde e pure conflitti. Egli aveva ben chiaro che l’Istituzione che aveva avuto il privilegio di governare doveva confrontarsi ogni giorno di più con le grandi questioni che turbavano la società civile. In quell’occasione, aveva fatto piazza pulita di ogni polemica e aveva escluso una sua disponibilità per un terzo mandato.

Mi sono ispirato a lui nel recente confronto per le indennità assistenziali dei nostri medici, che vent’anni fa lo avevano fatto strillare nei corridoi del Consiglio Regionale.

Giovanni Palmieri è stato il Rettore del nuovo statuto dell’Autonomia, dei nuovi Dipartimenti, delle nuove Facoltà, di Lettere, di Lingue, di Scienze Politiche, di Economia e Commercio. E’ stato il Rettore che ha completato gli impianti sportivi di Ottava, ha ristrutturato gli uffici di Largo Macao, ha realizzato il quadrilatero, il complesso biologico-didattico della Facoltà di Medicina, avviando i primi lotti e i diversi moduli dell’edificio di malattie infettive e degli altri reparti sanitari, con i finanziamenti CIPE per il polo naturalistico e l’orto botanico, collegandosi ai programmi di Antonio Milella. Sarebbe stato Alessandro Maida più tardi a portare a compimento e ad estendere non poco quelle iniziative.

Palmieri è stato l’autore dell’accordo col Comune per Largo Porta Nuova, i Bagni popolari e l’Hotel Turritania.

Ha avuto il coraggio di assumere posizioni impopolari come per la cessione all’Istituto Zooprofilattico dell’area di Monserrato e per i rapporti col Corisa per Porto Conte Ricerche.

Ci ha colpito la sua fedeltà al maestro Ruggero Bortolami, invitato costantemente a Sassari. Rimangono i risultati scientifici delle sue originali ricerche condotte con gli allievi a Medicina Veterinaria e ad Agraria nel campo dell’anatomia e della fisiologia degli animali domestici e in molte altre discipline, con attenzione per gli uccelli, i rettili, i mammiferi, i pesci teleostei.

A riposo dal 2007, l’Ateneo gli aveva dedicato una giornata di studi, con il commosso e ironico intervento del suo Prorettore di sempre Giuseppe Paglietti, che ha ricordato il contributo di Palmieri per la crescita della sua Università e della Sardegna. Dopo anni di frenetica attività,. aveva trovato un equilibrio più che nel Banco di Sardegna e nella Fondazione che pure aveva trasformato profondamente, nell’artistico ufficio della sua piccola Banca di Sassari, un cantuccio delizioso e sereno dove mi ha ricevuto due settimane fa, circondato dall’affetto di tutti e come sempre divertito per quello straordinario rapporto con il Presidente Ivano Spallanzani.

Lascia tra quanti l’hanno conosciuto e qualche volta anche un poco temuto, un ricordo indelebile, di persona volitiva e coraggiosa come ci ha dimostrato alla fine, anche nella malattia.

Se veramente la morte non è niente, perché sei solo passato dall’altra parte come scrive Henry Scott Holland, asciughiamo le lacrime di Ines, di Alessandra e di Marco, e ti lasciamo andare in pace con le parole antiche di una grande poetessa, Alda Merini, <<Che la terra ti sia finalmente lieve>>.