Intervento del Rettore dell’Università di Sassari prof. Attilio Mastino in occasione della visita di Papa Francesco a Cagliari.

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Scritto da Administrator | 18 Settembre 2013

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Intervento del Rettore dell’Università di Sassari prof. Attilio Mastino
in occasione della visita di Papa Francesco
Cagliari, Facoltà teologica della Sardegna, 22 settembre 2013

Santità,

è un grande onore per me rappresentare qui oggi l’Università di Sassari, gli studenti, i professori e il personale, in occasione di questa Sua prima visita in Sardegna, in quella terra che un commentatore di Platone chiamava e argurofleps nesos, l’isola dalle vene d’argento, Ichnussa e Sandaliotis.

Siamo commossi per una così alta presenza che rende omaggio alla Pontificia Facoltà Teologica e insieme alla storia e alla funzione educativa delle due Almae Universitates in Sardinia, che hanno alle spalle quattro secoli di vita a partire dall’età spagnola.

Alle origini dell’Università di Sassari c’è l’accettazione nel 1559 da parte del Generale della Compagnia di Gesù padre Diego Laínez del testamento del cav. Alessio Fontana, funzionario della cancelleria di Carlo V e in relazione con Ignazio di Loyola: Nel 1562, durante il regno di Filippo II, nell’ultimo anno del Concilio di Trento, iniziavano a Sassari  le lezioni  nel Collegio gesuitico. I primi docenti che incominciarono ad insegnare a Sassari grammatica, umanità e retorica dal martedì 1° settembre 1562 furono: Juan Olmeda, di Cuenca (Castiglia), classe di mayores, poco più di 20 studenti; Juan Naval, spagnolo, classe di medianos, circa 50 studenti; Antonio Bosch, diocesi di Barcellona, classe di menores, circa 80 studenti Nei primi anni un fratello laico venne designato a insegnare a leggere e scrivere a circa 200 ragazzi.

La mortalità tra i gesuiti non abituati alla malaria fu alta: dei primi tre, solo uno sopravvisse entro i primi tre anni; nel secondo anno insegnò straordinariamente grammatica anche il portoghese Francisco Antonio, che sarebbe diventato celebre. .

Pio IV aveva concesso al generale della Compagnia e ai rettori di collegi da lui designati il potere di conferire tutti i gradi accademici in filosofia e teologia anche a studenti non gesuiti, a condizione che negli stessi collegi si svolgessero i corsi di quelle facoltà, gli studenti ne avessero frequentato i corsi e ne avessero superato gli esami. Entro la fine degli anni Sessanta del 1500 a Sassari si svolgevano già quei corsi ma il generale non autorizzò il conferimento di gradi accademici se non nel 1612.

Nel corso degli anni successivi il Collegio gesuitico di Sassari, nel quadro dell’ordinamento spagnolo del tempo, ha contribuito a formare un certo numero di studiosi e intellettuali che hanno cominciato a porsi la particolare specificità storico-culturale dell’Isola; è il momento in cui si sviluppano le grandi tradizioni di pietà popolare: il culto di origine greco-bizantina della processione del 15 di agosto della Madonna domiente (Koimesis) insieme a quelli dedicati a santi del menologio greco (S. Costantino imperatore, Santi Cosma e Damiano, Sant’Antioco, la Madonna d’Itria, ecc.), ancora le barocche processioni penitenziali della Settimana Santa di tradizione iberica. Proprio alla metà di agosto attraverso i Gremi iniziò a svilupparsi a Sassari la festa dei Candelieri, che abbiamo celebrato anche quest’anno in onore di Maria di Betlem, quando per un momento si sono incontrate quattro storie lunghe, quattro storie parallele, la storia della chiesa, la storia dell’Università, la storia della città di Sassari e la storia della Sardegna. Una tradizione religiosa imperniata sul culto della Madonna, rinnovato nei momenti di crisi: i Gremi scioglievano il voto dopo una pestilenza e lo facevano gioiosamente, con la goliardia e lo spirito ironico sassarese, riprendendo le più antiche tradizioni pisane. Una tradizione, quella delle macchine a spalla, per la quale attendiamo il riconoscimento dell’UNESCO.

Solo il 10 luglio 1612, quattrocento anni fa,  un altro Generale della Compagnia di Gesù Claudio Acquaviva autorizzò il rettore del collegio turritano (riconosciuto come università di diritto pontificio) a conferire i gradi accademici di <<bachiller, licenciado y doctor>>.

Il riconoscimento del valore regio dei diplomi arrivò più tardi, solo con la carta reale dell’8 febbraio 1617, quando Filippo III trasformava il collegio di Sassari in università di diritto regio con le facoltà di filosofia e teologia, con tutte le prerogative e i privilegi degli studi generali della Corona d’Aragona.  Nel 1632 Filippo IV concesse la facoltà di graduare anche in diritto civile e medicina.

Cinquanta anni fa il celebre gesuita Padre Miquel Batllori è stato il primo a porre  le basi per una storia scientifica dell'Università di Sassari, poi tracciata da Raimondo Turtas, Giampaolo Brizzi, Antonello Mattone ed ha ricostruito questa lunga vicenda che è fondata sulla naturale competizione barocca tra i due Atenei sardi, che si concluse con la rinuncia dell’Universitas turritana al titolo di primaria, passò per la vicenda della restaurazione voluta dai Savoia da parte di Carlo Emanuele III nel 1765, si rinnovò profondamente nell’Ottocento dopo la legge Casati, per arrivare fino ai giorni nostri dopo la contestazione del 1968 e la recente riforma.

Il solenne sigillo storico del nostro Ateneo rimanda alle radici cristiane della Sardegna, alla colonia di Turris Libisonis fondata da Giulio Cesare nel golfo dell’isola d’Eracle (l’Asinara) e al martirio sotto Diocleziano e Massimiano del soldato palatino Gavino, del presbitero Proto, del diacono Gianuario. Negli anni immediatamente successivi alla persecuzione, un’iscrizione latina ricorda che il vulgus e il populus di Turris Libisonis era concorde,. forse sotto l’autorità del suo vescovo, nell’apprezzare gli operatori di giustizia e nel definire la nobile Matera auxilium peregrinorum saepe quem censuit vulgus; ed esisteva un culto dei martiri, se per la Puella dulcia inmaculata Ad[e]odata si diceva che era stata accolta presso le tombe dei santi martiri, a sanctis marturibus suscepta.

L’immagine dei martiri testimoni della fede non è solo un lontano richiamo privo di significato, ha il senso di una storia che attraversa quasi duemila anni, che passa attraverso i pontefici di origine sarda Ilaro e Simmaco, tocca il sardo Eusebio di Vercelli e il caralitano Lucifero. Ma anche la vicenda delle spoglie di Agostino di Ippona tra Karales e Pavia in età longobarda rimanda ad una storia lunga che in qualche modo è patrimonio dell’intera Sardegna, passando dopo la parentesi bizantina, per l’autonomia dei quattro regni giudicali, l’arrivo dei catalano aragonesi, i legami con la chiesa di Roma.

Nel richiamare la vitalità delle proprie radici storiche, l’Ateneo ha avviato negli ultimi anni un percorso di rifondazione come Università pubblica, all’interno di un sistema internazionale più competitivo e globale, ispirandosi ai principi di autonomia e di responsabilità, nella consapevolezza della ricca complessità delle tradizioni accademiche e del valore delle diverse identità. Attraverso il nuovo statuto si è dato un ordinamento stabile, ha affermato il metodo democratico nella elezione degli organi, si è dichiarato attento al tema della formazione delle giovani generazioni e alle esigenze del diritto allo studio; ha collocato lo studente al centro delle politiche accademiche e ha dichiarato di voler promuovere la cultura come bene comune. Ha rivendicato i valori costituzionali – previsti per le «istituzioni di alta cultura» – della libertà degli studi, di ricerca e di insegnamento, assicurando tutte le condizioni adeguate e necessarie per renderla effettiva. Si è impegnato a promuovere, d’intesa con le altre istituzioni autonomistiche, lo sviluppo sostenibile della Sardegna e a trasferire le conoscenze nel territorio, operando per il progresso culturale, civile, economico e sociale. Allora i nuovi servizi, l’orientamento, i corsi di riallineamento e di recupero dei crediti formativi, il riconoscimento del merito, la certificazione di qualità dei corsi di studio, la mobilità internazionale Erasmus, l’assistenza sanitaria per gli studenti fuori sede, le attività sportive come necessarie nella formazione della persona..

Abbiamo evidenziato nello statuto il carattere laico e pluralista dell’istituzione universitaria, che garantisce condizioni di uguale dignità, parità e pari opportunità, contrastando ogni forma di discriminazione, diretta e indiretta, relativa ad esempio al genere, all’età, all’orientamento sessuale, all’origine etnica, alla disabilità, alla religione, alla lingua, alle opinioni politiche e alle condizioni personali e sociali.

Con i suoi 644 docenti, con i suoi 661 tecnici, amministrativi, bibliotecari, con i suoi 14400 studenti e oltre mille dottorandi e specializzandi, 150 assegnisti, 104 visiting professors,  l’Università di Sassari è una risorsa per il nostro Paese. Dopo la riforma ha istituito 13 dipartimenti, una Facoltà (quella di Medicina e Chirurgia), 11 Scuole di dottorato, oltre 30 scuole di specializzazione, numerosi master internazionali anche interamente in lingua inglese, molti Centri di ricerca di eccellenza, laboratori, biblioteche, con una forte spinta di innovazione e grandi investimenti in attrezzature grazie all’impegno della Regione Sarda.  Gli investimenti in conoscenza sono necessari soprattutto in questo momento di crisi. In Sardegna  lamentiamo un basso numero di laureati, il compito delle Università è cruciale ed è necessario arrivare presto alla nascita di un sistema regionale integrato in piena sinergia tra i due Atenei, con un modello di università a rete aperta a una dimensione internazionale. Mi lasci ricordare le numerose iniziative che intendiamo portare avanti assieme a centri di ricerca latinoamericani.

Troviamo ragioni nuove per una convergenza con l’Università di Cagliari: stiamo rivedendo il testo dell’accordo di federazione previsto dal nostro statuto e garantiremo la consultazione dei due Senati Accademici, all’interno di un Sistema universitario unitario che mantenga ben distinte le due università storiche con il loro patrimonio di relazioni.

Nel nostro Ateneo un’epigrafe collocata presso l’Aula Magna ricorda la visita a Sassari di Giovanni Paolo Magno il 28 maggio 1985, quando il Papa esortò la comunità universitaria ad operare sempre a favore dei grandi valori dell’uomo, affinché alla luce della scienza e della fede il suo cammino sia illuminato da profonda e vera sapienza. Papa Wojtyla affermò che la ricerca scientifica (nella dichiarazione di Bologna la scientiae pervestigatio) deve essere il primo e fondamentale compito dell’Università, che può ampliare sempre di più gli orizzonti della conoscenza nei vari ambiti del sapere, con un approccio interdisciplinare in rapporto anche ad altri centri culturali. Il ruolo dell’Università, riconosceva Giovanni Paolo II, può essere essenziale per l’edificazione dell’uomo, saggio e addestrato nel retto uso della volontà. Gli studenti debbono uscire dall’Università non solo con l’intelletto ricco di nozioni, ma con la volontà guidata da salde convinzioni morali e da ferme e operanti buone intenzioni. Di conseguenza solo l’impegno didattico dei docenti (la docendi ratio) consente che le acquisizioni scientifiche vengano partecipate alle nuove generazioni, avide di sapere, ma con vivo senso di responsabilità, rispettando la scala di valori morali, spirituali e religiosi, tutti incentrati nell’uomo, che nel mondo costituisce il valore supremo. Tutto il resto, concludeva Giovanni Paolo II,  – scienza, tecnica, cultura e società – deve essere al servizio della persona e l’Università non può esimersi da questa finalità altamente pedagogica di rendere l’uomo capace di volere e di amare.

Mi pare che quel messaggio possa essere declinato oggi anche laicamente e rappresentare la vocazione alla formazione e alla ricerca propria dell’università pubblica, entrambe libere da condizionamenti, rispettose del pluralismo, attente al futuro dell’umanità.

A distanza di quasi trent’anni da quell’evento, mi perdoni, ne approfitto, Santità, per invitarLa a visitare presto l’Università di Sassari, che sono certo l’accoglierà con emozione e gratitudine per il luminoso messaggio che ha diffuso già a partire dal 19 marzo nell'omelia della Messa per l'inizio del suo pontificato, nell'invito a tutti gli uomini di buona volontà di essere <<custodi della creazione, del disegno di Dio iscritto nella natura, dell'altro e dell'ambiente>>.