L’oltraggio della sposa di Ottavio Olita.

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Scritto da Administrator | 08 Aprile 2017

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L’oltraggio della sposa di Ottavio Olita
Attilio Mastino
Sassari, Biblioteca Universitaria, 5 aprile 2017

Debbo dire francamente  che oggi sarebbe dovuto spettare solo ad Aldo Maria Morace intervenire a tutto tondo per la presentazione di questo inusuale romanzo giudiziario di Ottavio Olita, ambientato soprattutto in Calabria a Cassano allo Ionio negli anni immediatamente successivi all’unità d’Italia, con la puntuale descrizione di una vicenda straordinaria, che emoziona e sorprende. Si capisce bene la difficoltà a raccogliere la documentazione che sta alla base di questo libro e l’abilità dell’autore di ricostruire ambienti sociali e momenti della storia del nostro Paese che si incrociano con gli avvenimenti vissuti dai protagonisti che talora sono solo di fantasia.

Ancora una volta la Calabria con i suoi paesaggi verso il mare del golfo di Sibari, con i suoi rapporti sociali arcaici, persino con la sua lingua, esattamente come nella sanguinante autobiografia Il futuro sospeso: un’opera che partiva da Rossano Calabro, il borgo a monte del fiume Tronto, il Truentum dei romani, che ora Graziano Fois per la Pontificia Facoltà Teologica indica come luogo di transito per il culto di Sant’Efisio, presso la capitale dell’impero bizantino in Italia.

Siamo alle origini della famiglia dell’autore, che poi si era trasferita a Pignola, il paesino tipico della montagna lucana e poi in Sardegna: con loro anche la nostra carissima e rimpianta Mimma, che qualche anno fa aveva accompagnato Ottavio in quest stessa sala. nche in questo romanzo la memoria restituisce i sapori, i profumi, gli accenti, il linguaggio di una terra amata e lontana, evoca i fantasmi della memoria; racconta una storia di sangue che trova radici lontane all’interno di mondi irrigiditi da rapporti sociali antichi e finisce per essere anche una storia di redenzione per intere comunità, tra Castrovillari e il mare, quando con l’unità d’Italia tutte le carte si rimescolano, forse nascono nuove opportunità e nuove speranze dopo la fuga dei Borboni, la società sembra aprirsi verso orizzonti nuovi e si producono fenomeni vivacissimi di ascesa sociale.

Anche qui la denuncia per l’ingiustizia del dolore, la necessità di riemergere dalle macerie della vita, soprattutto il ruolo centrale svolto da alcune donne che finiscono per determinare processi positivi, come Gaia-Sandra o Giulia-Giovanna de Il futuro sospeso; la Francesca del Faro degli inganni; Bettina, Alice, Margherita di Anime rubate; in questo romanzo storico la Eleonora de Fonseca Pimentel impiccata dopo il crollo della repubblica napoletana nel 1799, raffigurata nel quadro gelosamente conservato da Donna Maddalena Serra di Cassano; oppure la madre Carolina Noce; persino l’Adele Mori-Raffaella Saraceni la sposa oltraggiata (così intenderei il titolo, in una versione benevolmente innocentista) protagonista di questa ricostruzione storica: personaggio che si colloca tra realtà e fantasia in una vicenda pazientemente ricomposta da Simonetta Cerri, ricercatrice di storia contemporanea nell’Università La Sapienza di Roma. Simonetta opera in simbiosi con due nostre vecchie conoscenze, l’avv. Giuliano Deffenu e il giornalista Nicola Auletta che investigano in parallelo sugli archivi della famiglia Perra in Sardegna.

Ma inconsapevolmente è raccontata l’indagine realmente condotta da Olita negli archivi, nei giornali, nei fascicoli giudiziari, nei luoghi che continuano a raccontare una vicenda tragica d’amore e di morte. Sempre con il gusto per la scoperta, il palazzotto abbandonato, il baule, la scatola metallica, il diario, la confessione in punto di morte della madre di latte.  E poi la delusione, la solitudine, la rabbia, i pettegolezzi, la scintilla di un amore vero fatto di tenerezza, di dolcezza, di carezze, di desideri, tra le braccia di Giovanni dei Conti Daniele a Caserta, un amore senza colpe. Ma anche una storia fatta di distacchi, di rifiuti e di progressiva degradazione in balìa del saltimbanco Francone (Vescovi-Cardinali). Il tema del rapporto quasi schizofrenico tra la tradizione culturale e nobiliare del Mezzogiorno e l’abbrutimento morale che Morace legava al potere e al colonialismo sabaudo in un’Italia unita piena di delusioni e di rimpianti.

Come negli altri romanzi pesano gli studi che Ottavio ha condotto da giovane, nella Parigi sconvolta dal vento della contestazione del maggio studentesco, i suoi autori preferiti da Voltaire a Montesquieu, alla Madame Bovary  di Gustave Flaubert.  La sua musica, che ritroviamo anche nella postilla finale.

Ma c’è anche Roma, l’Abruzzo di Chieti con i misteriosi resti archeologici dell’antica Theate romana, Caserta, Napoli, la Sicilia di Caltanisetta, un poco di Sardegna, con quel Capitano Giacomo Perra alias Fadda, figlio di un notaio cagliaritano, barbaramente ucciso nella capitale  nel 1878: di lui emergono, in uno studio notarile di Iglesias, le testimonianze dell’eroismo nella battaglia di San Martino nel 1859 durante la seconda guerra d’indipendenza, il suo ferimento e la menomazione che fu alla radice di tutti i guai successivi, la spiegazione anche della gelosia e poi della condanna irrevocabile inflitta alla sposa infedele l’anno dopo la proclamazione di Roma Capitale in quello che fu il primo processo con giuria popolare del Regno d’Italia o comunque nell’Urbe; Adele fu difesa dal Sen. Enrico Pessina, che divenuto successivamente Ministro di Grazia e giustizia in tale veste poté concedere la grazia nel 1884, con 5 anni di arresti domiciliari a Palazzo Noce.

Ma in queste pagine c’è anche il giornalista Olita, che penetra acutamente i fatti, ricostruisce le cause, spiega le ragioni, distingue con abilità i luoghi, gli ambienti, le tradizioni tra Calabria, Campania e Abruzzo, indaga le difficoltà della protagonista a collocarsi in ambienti tanto diversi, spesso chiusi e ostili, i legami con la madre, con la balia Maria Ferraro, con il fratello amato , con il giovane Conte di Caserta.  L’abilità e la delicatezza dell’autore nel cogliere le opinioni diffuse in ambienti tanto tradizionalisti sull’importanza di una vita sessuale piena per un matrimonio che rischia di non essere consumato. Soprattutto la capacità di seguire le novità di un processo che finisce per avere un incredibile impatto mediatico, che segna la modernizzazione del paese ma anche il riemergere di contraddizioni e curiosità pruriginose.

Giosué Carducci nell’ode che dedica ad un processo tanto clamoroso, descrive il clima che si respirava a palazzo di giustizia (nel convento dei Filippini), con un tepore di varia umanità che rendeva l’aria quasi primaverile piena di umori e di minacce, racconta di testimoni e dame che assistevano alle udienze come il sangue del mondo: ne era disgustato per <<il selvatico odor su da le fosse>> che <<vaporava maligno>> dal fondo della sala delle udienze fin sul loggiato. E ironizzava sul’incredibile interesse delle spettatrici nobili e borghesi per la descrizione di tradimenti, adulteri, sozzi amori di questa Maddalena cristiana, che aveva studiato a scuola dai preti, pronta però a macchiare l’onore dell’eroe risorgimentale: dame romane che pensano di essere moderne ma che esprimono un falso moralismo puritano che inquieta il poeta sdegnato, che sembra perfettamente allineato con le ipotesi accusatorie. Ovviamente i nomi sono stati mascherati da Olita, ma nel commento al penultimo carme dei Giambi ed epòdi (A proposito del processo Fadda) è evidente che Carducci fu testimone oculare del dibattito giudiziario per almeno due udienze con il suo editore;  è precisato che ci si riferisce ai dibattimenti delle Assise tenuti in Roma per l’assassinio del capitano Giovanni Fadda, commesso da un cavallerizzo Cardinali, istigante e complice la Raffaella Saraceni moglie del capitano e amante del cavallerizzo, dal 20 settembre al 21 ottobre 1879: assisteva tra la folla immensa un numero grandissimo di signore e signorine della migliore società romana.

La vicenda processuale è raccontata limpidamente, con emozione e seguendo la cronaca di Luigi Arnaldo Vassallo de Il Messaggero, che sembrerebbe allontanato dal giornale e sostituito da un collega poco prima della sentenza: le testimonianze interessate, distorte, influenzate dalla polizia. Si alternano saltimbanchi, contadine furbe, pagliacci, quelli che nelle cronache dell’epoca venivano chiamati gli “indigeni” di Cassano allo Jonio, testimoni definiti dal procuratore del Re vere e proprie <<anime purganti>>. C’è del putrido a Cassano anche nel modo in cui i testimoni ricostruiscono la tresca della ninfomane impudica e del saltimbanco circense, le oscenità, le colpe che hanno portato all’uccisione dell’eroe, di cui si vorrebbe difendere l’immagine quasi sacrale, le sue onorificenze di guerra, grazie all’impegno del fratello sardo Cesare Perra.  Il desiderio della sposa di vivere una vita piena non conta in nessun modo, ma oggi ci appare decisamente moderno, annuncio di tempi nuovi.

Colpisce la generosità di Adele e resta in realtà sempre sullo sfondo il punto interrogativo sulla sua reale colpevolezza; alla fine sorprende la lezione che la donna, ormai anziana, lascia alle nipoti al momento dell’entrata dell’Italia nella Grande Guerra nel suo testamento spirituale del 1915. La nuova Guerra non viene più osservata come una vera occasione di  realizzazione sociale  e di crescita, ma solo come una tragedia destinata a colpire le persone più care. Eppure contro la barbarie della guerra, la cultura, l’arte, la musica possono ancora vincere sulle armi e sull’ignoranza, sulla miseria e sulla degradazione. Emerge anche in questo testamento spirituale la figura generosa del fratello Giuseppe, forse troppo  avanti per i tempi, troppo intelligente, colto, solidale.

A segnare il tempo nuovo che ora si annuncia, l’autore colloca sullo sfondo un concerto di Chopin e immagina soltanto il desiderio di una lunga passeggiata rigenerante di Simonetta Cerri, una camminata che sarebbe dovuta essere senza una meta precisa, per cercare di ragionare e trovare un nuovo equilibrio; un po’ come quella di Antonio Maglietta che chiude Il futuro sospeso tra le vie di Cagliari, alla riscoperta dei colori che cambiano la città del sole tra gli alberi di Viale Dante: qui veramente a me sembra di leggere un filo rosso che lega tutte le pagine di un libro saldamente ancorato ai documenti, ma che è innanzi tutto una mappa e un percorso per capire in profondità la vita di un Paese che cerca oggi un equilibrio e un riscatto.

Ultimo aggiornamento Sabato 08 Aprile 2017 16:42

Multa venientis aevi populus ignota nobis sciet
multa saeculis tunc futuris,
cum memoria nostra exoleverit, reservantur:
pusilla res mundus est,
nisi in illo quod quaerat omnis mundus habeat.


Seneca, Questioni naturali , VII, 30, 5

Molte cose che noi ignoriamo saranno conosciute dalla generazione futura;
molte cose sono riservate a generazioni ancora più lontane nel tempo,
quando di noi anche il ricordo sarà svanito:
il mondo sarebbe una ben piccola cosa,
se l'umanità non vi trovasse materia per fare ricerche.

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