Intervento di Attilio Mastino per la 59° edizione del Premio città di Ozieri
Ozieri, 29 settembre 2018
Cari amici,
i risultati di questa 59° splendida edizione del Premio città di Ozieri sono stati discussi a partire dalla riunione della Giuria del 5 luglio che si è confrontata intorno alle opere in poesia e in prosa di centinaia di partecipanti, con moltissime eccellenze che abbiamo potuto apprezzare in modo convinto: tanta aria fresca sta circolando tra i poeti della Sardegna.
Lasciatemi ringraziare il Presidente del Premio Vittorio Ledda, il vulcanico Segretario Antoni Canalis, la Giuria, i poeti, le Autorità, il Sindaco Marco Murgia, l’Assessore Ilenia Satta, i giornalisti; e ancora il pubblico.
Purtroppo non ha preso parte ai nostri lavori il nostro Paolo Pillonca, scomparso il 26 maggio scorso, che molti di noi hanno accompagnato fino a Seui per l’ultimo viaggio. Parlarne oggi rinnova un dolore autentico, una pena profonda, perché verso Paolo Pillonca ho sempre provato un’ammirazione senza confini: la sua profondissima cultura classica che emergeva ogni volta che c’incontravamo, tra Omero, Cicerone, Orazio, il Padre Dante, con citazioni che mi sembravano puntualissime e davvero felici e che pensavo fossero dedicate espressamente a me, anche se non era così.
Questa conoscenza professionale di dettaglio della poesia in lingua sarda, in particolare questa sistematica schedatura della folta schiera degli improvvisatori, che si estendeva nel tempo dai grandi del passato, copriva spazi geografici impensabili, raccontava una passione, una curiosità, una sensibilità che ci incantava.
I suoi interventi erano davvero godibili e apprezzati da un pubblico eterogeneo e vivace. Tante volte l’avevo interrogato su aspetti marginali, sui poeti dei miei territori, Giovanni Nurchi a Bosa, Pittanu Morette a Tresnuraghes, Gavino Delunas a Padria oppure Remundu Piras a Villanova, trovandolo sempre preparato e capace di penetrare il senso profondo, l’eleganza, la qualità della produzione poetica isolana, la sua ispirazione lontana, le sue radici. Nel premio Ozieri l’avevo visto all’opera durante le precedenti riunioni della giuria e quando conduceva assieme a Nicola Tanda e ad Antoni Canalis una cerimonia come quella di oggi, che è davvero complessa: coglievo tutte le occasioni per assorbire da lui idee, suggerimenti, indicazioni, giudizi, come quando censurava con severità la frequente zoppìa nella metrica adottata da molti poeti che partecipavano al premio Antoni Sanna o quando esaltava i risultati straordinari ma meno noti della poesia per il canto, come nel Premio Gurulis Vetus a Padria o nel Premio Antoni Cubeddu o in tanti altri premi letterari ai quali partecipava come presidente o come giurato, in tutta l’isola, con questa serenità che lo distingueva tra tutti: con la voglia di estendere la rete dei rapporti, di allargare la documentazione negli archivi, di approfondire la conoscenza della vita dei poeti, di coinvolgere tutti, di recuperare il carattere plurilingue della Sardegna, di non abbandonare le varianti storiche, di confrontarsi sul tema degli standard con un profondo rispetto per le posizioni di tutti ma senza rinunciare ad una ricchezza e ad un rapporto diretto con la lingua materna dei Sardi.
E poi l’antico legame con Vittorino Fiori e con mio padre attraverso le pagine de L’Unione Sarda o con il mio maestro Giovanni Lilliu, orgoglioso delle sue origini contadine che leggeva una continuità ideale con la storia della sua famiglia originaria di Barumini: continuità che era innanzi tutto un persistente legame affettivo con gli spazi, con i monumenti, con il territorio, con l'ambiente fisico che contribuiva a costruire un'identità. Pillonca aveva mantenuto rapporti con il paese di nascita, Osilo, con l’Orgosolo della sua infanzia, con la Lanusei dei Salesiani, con Tempio, con Cagliari, infine con Seui. Proprio a Cagliari si era brillantemente laureato con Antonio Sanna in Linguistica Sarda.
A Sassari poi negli anni Novanta, Nicola Tanda, io stesso e il preside Giuseppe Meloni, l’avevamo chiamato a tenere vari corsi e seminari sulla poesia verbale nella Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Sassari, molto seguiti dagli studenti, con la partecipazione alternata di cinque improvvisatori: Mario Màsala, Francesco Mura, Antonio Pazzola, Giovanni Seu e Peppe Sozu. Eravamo allora partiti dalle sue tante pubblicazioni, fino a quello che considero il suo capolavoro, Chent’annos, cantadores a lughe ‘e luna, pubblicato dalla sua casa editrice Domus de janas a Selargius nel 2003: sempre alla ricerca della strada originale dalla quale nasce il miracolo della creazione improvvisata del verso logudorese, "una caminera ‘e virtude pro su tempus benidore ‘e unu pòpulu chi leat alénu dae s’istoria sua pro poder atopare a cara franca cun ateros pòpulos de su mundu".
Questo è stato un modo di Paolo per supplire l’evidente incredibile eterno disinteresse degli antropologi sul mondo dei poeti a bolu, in particolare sui cantadores, protagonisti di una forma di teatro popolare originale ed emozionante. Eppure ci rendiamo ben conto che la “scuola impropria” della gara poetica, insieme alle prediche e alle poesie in sardo, sono state in grado nel passato di formare le coscienze e di esprimere anche la durezza del confronto in una società arcaica come quella sarda. A Paolo Pillonca, che ripeteva spesso la frase latina castigat ridendo mores, non dispiacerebbe se io ricordassi oggi l’aspra risposta di Remundu Piras ad Antonio Piredda sul perdono predicato da Cristo: Deo che Cristos perdonare dia / su ladru chi non toccat robba mia. O il rifiuto delle lodi adulatorie di un avversario: ohi ohi, po mi che fagher mannu non mi sules / ca non so ne buscica ne pallone.
O l’insofferenza per una politica miope come per il piano di rinascita arenato nelle nebbie del porto di Cagliari: e de sos batoschentos miliardos / no amos bidu ancora ses dinaris / ca de Sardigna sos fizos bastardos / a sa mama an tiradu sos caltzaris. C’è dietro queste frasi tutto un mondo ricco di saperi che rimandano alle radici di un’identità lontana, talvolta superata dai tempi; eppure, anche se il tempo lontanto sembra definitivamente dimenticato, riesce a riemergere in su sàmbene de sos chi nde sun bénnidos a pusti; ma non sempre si riesce in tottu a penetrare in sos pàlpitos chi naschen dae sas intragnas de un’òmine e de un poete. Una sabidoria populare come quella cristallizzata nei proverbi che non viene più trasmessa ai nostri giovani, deprivandoli di strumenti retorici, di argomentazioni saldamente fondate per collocarsi nel tempo e nello spazio, della capacità stessa di capire nell’insieme i rapporti sociali della loro terra, le radici di una vita reale che fortunatamente si trasforma ma che mantiene molti contenuti di un passato che ci appartiene.
In apertura dell’ultima riunione della Giuria del premio Città di Ozieri abbiamo ricordato Paolo commossi con infinito rimpianto, partendo da alcune poesie che gli erano più care. Al termine di un incontro che è stato lungo, tormentato e per noi anche difficile, le lacrime di Anna Cristina Serra mi hanno riportato dolorosamente al senso della perdita irreparabile, partendo da un ricordo che mi ha fatto sobbalzare: il pranzo a Bosa con Tonino Oppes, qualche anno fa, alla vigilia del premio di Padria, un momento incantato della mia vita, che non dimenticherò. Allora abbiamo capito cosa la Sardegna intera ha perduto, siamo per un momento riusciti a cogliere la fortuna di chi l’ha conosciuto e a valutare il senso di un’eredità che spero vorremo tutti raccogliere con rispetto e gratitudine.
Pochi giorni prima, il 10 maggio, era scomparso anche Manlio Brigaglia circondato dall’affetto degli amici, dei colleghi, degli studenti, di tanti Sardi. Ho avuto modo recentemente di ricordarlo all’Università e rimando al testo scritto. Ci ha tanto colpito la sua scomparsa, avvenuta sul lavoro, quasi sotto i nostri occhi, dopo la presentazione due giorni prima in aula Magna con Sabino Cassese e Paolo Pombeni del volume "La macchina imperfetta" in età fascista, l’opera di Guido Melis premiata recentemente al Premio Viareggio. Proprio quella settimana ci aveva consegnato la nuova edizione della sua Storia della Sardegna dalla preistoria ad oggi, un'opera fortunata, da noi curata per le Edizioni Della Torre. La domenica prima ci aveva chiamato nel bar di Viale Umberto per discutere di nuove idee e nuovi progetti con Pietrino Soddu e gli amici di sempre. In quegli stessi giorni al cinema abbiamo ascoltato la sua intervista sul film di Fiorenzo Serra, "L'ultimo pugno di terra", nella straordinaria rivisitazione di Peter Marcias, con quella transumanza di pecore e ma anche di uomini lontano dall’isola. E quella frase di Fiorenzo Serra e di Gavino Ledda a proposito della desertificazione e del disagio sociale degli anni ‘50, con quella espressione tremenda "maledetto quell'autobus, maledetto quel treno che svuota il mio paese". Quanta pena per la Sardegna, quanto desiderio di vedere un tempo nuovo, quanto amore per la sua gente, i suoi allievi, i suoi studenti, la sua famiglia che ha seguito giorno per giorno con la ricchezza del suo affetto e la sua intelligenza.
Un anno fa ci aveva stupito accettando con emozione la cittadinanza onoraria a Pozzomaggiore conferita dal Sindaco Mariano Soro, dove da ragazzo aveva guidato come portiere la squadra di calcio e aveva insegnato appena laureato subito dopo la guerra; ma i suoi rapporti erano soprattutto con la Gallura, con Tempio, Arzachena e Santa Teresa, di cui era diventato cittadino onorario.
Oggi voglio ricordare il debito che noi tutti del Premio città di Ozieri abbiamo nei suoi confronti e mi piace farlo richiamando la polemica che quasi quarant’anni fa sostenne con il segretario del Partito Sardo Carlo Sanna, Assessore alla PI nella Giunta Rais, che aveva la colpa di non possedere l’ubiquità per non esser riuscito a presenziare alla – credo – 20a edizione del Premi Ozieri. Poi la sua collana su “Il meglio della grande poesia in lingua sarda” avviata dopo le trasmissioni a Radio Cagliari a partire dal 1966 e attivamente sostenuta da Salvatore Fozzi delle edizioni Della Torre, con il volume che rivelava come la poesia in sardo fosse praticamente sconosciuta tra gli intellettuali sardi “moderni”, salvo forse i nuoresi, con l’eccezione di Paulicu Mossa; ma, se vale il parere di Remundu Piras, Mossa non fiat uno catadore / però fut unu veru cantonalzu / cumponiat cantones a primore / po cantare padronu e pischeddalzu. Allora le antologie dei poeti in pinna famados, Peppino Mereu per la festa di Tonara nel 1982, Antonio Domenico Migheli nel volume curato da Mimmo Bua, Remundu Piras curato da Paolo Pillonca (prima della monumentale antologia di Domus de janas del 2009, Opera omnia), la poesia gallurese sulla fame di Mastru Juanni studiata da Salvatore Sechi, le Cantones de sambene curate da Salvatore Tola e Rita Cecaro nel 1999, le Cantones de bandidos di due anni dopo, Benvenuto Lobina, e così via, fino al recente volume sul poeta girovago Giovanni Filippo Pirisi Pirino di Borutta pubblicato in questi giorni da Salvatore Tola, sempre ricordando il contributo di Raimondo Carta Raspi e Michelangelo Pira. Salvatore Tola assieme a Sandro Ruju hanno presentato qualche mese fa il volume Tutti i libri che ho fatto, con questa lunga intervista piena di dettagli, di informazioni, di piste da seguire, di prospettive per il futuro.
Mi sembra giusto allora richiamare l’impegno intellettuale e la ricchissima sequenza di successi professionali di Manlio Brigaglia, partendo dalla rivista “Ichnusa” di Antonio Pigliaru, poi da lui diretta tra il 1982 e il 1993 assieme a Giuseppe Melis Bassu e a Salvatore Mannuzzu; la fondazione dell'Istituto di studi e programmi per il Mediterraneo con Pietrino Soddu e Pierangelo Catalano; la direzione del Quaderni Mediterranei, la collana concepita con Alberto Boscolo “Storia della Sardegna antica e moderna”, i nostri "Quaderni Sardi di Storia", la collaborazione con Radio Sardegna, L'Unione Sarda che lasciò nel 1994 in un momento di polemica con Nicola Grauso assieme a Giovanni Lilliu, Giulio Angioni, Antonello Mattone e Guido Melis, la pagina quotidiana su La Nuova Sardegna, le mille imprese con tanti editori diversi (Gallizzi, Chiarella, Della Torre, Edes, Stampacolor, Ilisso, Carlo Delfino, la Cuec, ma anche Einaudi, Carocci, Amilcare Pizzi), nelle quali ci aveva coinvolto, sempre con spirito critico, con rispetto, generosità, voglia di capire, aprendoci orizzonti nuovi. Perché Brigaglia è stato soprattutto un democratico pieno di idee originali e di curiosità, dal quale ci aspettavamo sempre una battuta ironica, un'informazione strana, un retroscena che spesso ci lasciavano senza parole, insegnandoci a non prenderci troppo sul serio.
Quando nel 2002 aveva lasciato la cattedra, aveva terminato l’insegnamento universitario (Storia dei partiti e dei movimenti politici e Storia contemporanea) ed era andato in pensione, lo avevamo onorato con il volume di studi pubblicato da Carocci “Dal mondo antico all’età contemporanea” con oltre 40 saggi, presentato da Luigi Berlinguer. In quell’occasione Gian Giacomo Ortu ci aveva ricordato che per lui andare in pensione non sarebbe stato possibile, perché avrebbe continuato come e forse più di prima a dipanare il filo di un impegno intellettuale ammirevole per durata e per coerenza. L’insegnamento liceale di italiano e latino all’”Istituto Principe” il Liceo classico Azuni tra il 1955 e il 1977 e l’insegnamento universitario nelle Facoltà di Magistero dalla fondazione, poi Lettere e Filosofia e Scienze politiche tra il 1971 e il 2001, per la Storia contemporanea, il giornalismo, la comunicazione; la direzione del Dipartimento di Storia che aveva fondato con tutti noi nel 1982; la Presidenza del Consorzio tra le Università di Cagliari e Sassari per la Scuola di specializzazione per insegnanti. Giuseppe Ricuperati aveva scritto che Brigaglia ha avuto il merito di esser maestro di color che sanno e di continuare a confermare in ogni lavoro una creatività che è la vera felicità mentale, fondata sua una lucidità di idee e una scrittura che è tra le meno artefatte che si possano immaginare. Già quindici anni fa proprio Ortu ricordava che Brigaglia si è speso nell’organizzazione della cultura, soprattutto nel campo dell’editoria, che ha contribuito a far maturare anche in Sardegna la produzione di libri di contenuto e di fattura sempre migliori ma anche nel campo della pubblicistica con la creazione di riviste che hanno quasi sempre lasciato il segno; infine con la promozione, direzione e incoraggiamento di enti e di istituzioni di ricerca extra-accademici tra i quali l’Isprom e l’Istituto sardo per la storia della residenza e dell’autonomia.
Questa sua straordinaria dote, la sua profondissima cultura classica, la sua proverbiale memoria, il suo talento spiegano il numero enorme di pubblicazioni sulla Sardegna per oltre 60 anni, con una sostanziale continuità e coerenza di studio, con un carattere documentario ed enciclopedico, con un coinvolgimento di lettori che ha attraversato tutta l’isola e non solo. Innanzi tutto la centralità della democrazia come scelta culturale, le ricerche sull’origine del fascismo e sull’antifascismo sardo, approdate come sono alle figure di Antonio Gramsci, Emilio Lussu, Velio Spano, Angelo Corsi il sindaco di Iglesias, fino al volume sull’antifascismo curato assieme a Francesco Manconi, Antonello Mattone e Guido Melis; la collaborazione con Piero Sanna e Francesco Soddu, o quella con Luciano Marroccu sul tema degli intellettuali e la costruzione dell’identità sarda tra Otto e Novecento e poi tante altre questioni, i temi sociali, quelli relativi all’editoria, che hanno fornito una preziosa consulenza al legislatore regionale.
E poi le sue traduzioni di Alberto La Marmora, W.H. Smith, Maurice Le Lannou, lo sforzo di confezionare opere come l’Enciclopedia della Sardegna assieme a Guido Melis e Antonello Mattone a partire dal 1982, e poi nel 2007 la Grande Enciclopedia della Sardegna, tanti altri strumenti di orientamento bibliografico, le sue guide, le sue antologie divulgative, le sue sintesi indirizzate alla scuola come i 5 volumetti di Storia della Sardegna per i licei nella collana delle Storie regionali di Laterza (con me e Gian Giacomo Ortu) o Tutti i libri della Sardegna. Con Salvatore Tola il Dizionario Storico-Geografico dei Comuni della Sardegna, del 2006 per Delfino Editore.
Mario Da Passano introducendo nel 2001 il volume di studi in onore ricordava il nostro comune debito di riconoscenza, le sue straordinarie doti umane, la sua curiosità intellettuale, il suo spirito acuto e pungente senza mai essere malevolo, la sua amichevole curiosità, il suo gusto per le cose belle e buone. Sentimenti che oggi sono di tutti coloro che rimpiangono il suo sorriso. Oggi prevale il senso della perdita irreparabile, il dolore per la scomparsa di una persona che ci ha aiutato tutti i giorni, alla quale guardavamo con ammirazione e senza riserve, cercando le occasioni per incontrarci, come a Palazzo Ciancilla nei pomeriggi, quando preparava la sua lezione e lo aspettavamo solo per la gioia di parlare con lui. Non dimentico i tre volumi di mio padre, che aveva voluto correggere tagliando – come scherzava – una riga sì e una riga no, facendone poi dei libri godibili e profondi. Anche nel suo ultimo difficile intervento all'Università negli ultimi giorni aveva mantenuto la linea di uno strenuo impegno civile e democratico ed aveva voluto ricordare il legame con Antonio Pigliaru, la lezione di Antonio Gramsci, il contributo della Sardegna per un'Europa migliore. Un’eredità che ci lascia per intero.
Nei giorni scorsi abbiamo potuto vedere il bellissimo documentario su Aldo Moro il professore: ecco, al di là dei paragoni non appropriati, con il prof. Brigaglia abbiamo perso il rappresentante di una stagione in cui i maestri sapevano costruire davvero una relazione intellettuale e umana con gli studenti che durava tutta la vita, oltre le differenze, nella piena libertà di pensiero.
Un pensiero infine al nostro antico Presidente Nicola Tanda, scomparso il 4 giugno 2016 a 88 anni di età a Londra, assistito dal figlio Ugo. Prima di me aveva presieduto la nostra Giuria per oltre vent’anni dal 1982 e mi aveva chiamato a sostituirlo, con una generosità che mi aveva lasciato senza parole. Oggi il dolore si rinnova e ancora lo piangiamo, rileggendo le pagine di allora, Un’odissea de rimas nobas, che ci resta nel cuore.
Non posso però chiudere questo intervento senza citare la recente approvazione della legge regionale pubblicata il 3 luglio scorso (mr. 22) sulla “Disciplina della politica linguistica regionale”, con 32 articoli nel testo unificato che raccoglie stimoli e spunti venuti dal mondo della cultura e dalla società civile. Esprimere un giudizio oggi è necessario, anche se l’unificazione di tre distinte proposte di legge non sempre è stata felice e capace di rispondere alle attese che tutti avevamo concepito in questi anni. Tra i principi, la Regione assume l'identità linguistica del popolo sardo come bene primario e individua nella sua affermazione il presupposto di ogni progresso personale e sociale.
La Regione impronta la propria politica linguistica ai principi di trasparenza, etica pubblica, partecipazione democratica, programmazione degli interventi, razionalizzazione, efficacia e efficienza. La lingua sarda, il catalano di Alghero e il gallurese, sassarese e tabarchino, costituiscono parte del patrimonio immateriale della Regione, che adotta ogni misura utile alla loro tutela, valorizzazione, promozione e diffusione. La Regione promuove, tutela e sostiene l’insegnamento scolastico del sardo e delle altre lingue di Sardegna. Si prevede l’insegnamento (anche in italiano) della storia, della letteratura e di altre discipline riferite alla cultura della Sardegna. La legge regionale 22 promuove e sostiene le arti veicolate attraverso la lingua sarda (definite nel testo arti proprie): tra queste: la musica cantata in una delle lingue di Sardegna, sia moderna che nelle espressioni tradizionali (definite nel testo “linguaggi poetici musicali della tradizione”: poesia a bolu, cantu a tenore, cantu a cuncordu, cantu a ghiterra etc.), inoltre, incentiva in teatro, il cinema e le altre forme di espressione artistica che impiegano la lingua sarda.
Viene istituita la Consulta de su sardu, molti Sportelli linguistici (Ofitzios de su sardu), e per l’attività didattica un Comitato interistituzionale permanente per l'insegnamento delle lingue delle minoranze storiche (Obreria pro s'imparu de su sardu). La legge istituzionalizza il coordinamento della Regione e del Ministero (attraverso s’Obreria) per la pianificazione dell’insegnamento delle lingue, in modo da permettere la definizione degli obiettivi didattici e degli strumenti di valutazione, la continuità nella educazione scolastica, la produzione di materiale didattico con un controllo sulla qualità, la retribuzione del personale docente e tutto l’insieme delle procedure che definiscono la didattica delle lingue e le azioni propedeutiche. Vengono enunciate le regole per le trasmissioni tv, radio e web, e le linee guida per la convenzione RAI regionale e nazionale.
Si promuove la istituzione di almeno un canale radiofonico ed uno televisivo esclusivamente nelle lingue della Sardegna. La legge definisce una norma ortografica alla quale è subordinato il sostegno della Regione. Definisce inoltre una norma linguistica “amministrativa” per i documenti in uscita del sistema regione (Consiglio Regionale, Giunta Regionale, assessorati, enti, agenzie e istituti regionali). La norma linguistica dovrà indicare quali forme lessicali adottare, che siano simbolicamente rappresentative della Sardegna per gli atti ufficiali. Gli enti locali, le scuole, le associazioni e i soggetti privati saranno tenuti solo ad adottare la norma ortografica. Essi sono però liberi di scegliere la norma linguistica (possibile scegliere quella regionale, una delle varietà letterarie storiche o altre norme locali). La Regione organizza ogni anno una Conferenza aperta (Cunferentzia aberta) sulla lingua sarda.
Viene inoltre definito l’ambito di collaborazione con le università della Sardegna per lo svolgimento di attività di studio, ricerca e formazione attraverso una convenzione che può prevedere, tra gli altri, i seguenti contenuti:
a) percorsi di formazione e aggiornamento permanente, in particolare percorsi formativi specifici per insegnanti, interpreti e traduttori;
b) corsi universitari finalizzati anche al rilascio delle certificazioni linguistiche;
c) corsi universitari, master di primo o secondo livello specificamente dedicati alla lingua e letteratura sarda;
d) corsi universitari di etnomusicologia;
e) organizzazione di convegni, incontri di studio e seminari di carattere scientifico e divulgativo;
f) attività di studio e ricerca e realizzazione di pubblicazioni di carattere scientifico anche in collaborazione con università, accademie, scuole di studi superiori e altri centri di ricerca a livello regionale, nazionale e internazionale;
g) assegnazione di premi per tesi di laurea;
h) attività di certificazione linguistica;
i) assegnazione di assegni di studio, borse di dottorato, contratti di ricerca di durata almeno biennale, nelle materie disciplinate.
La Regione, con la collaborazione delle Università di Cagliari e Sassari, promuove l'istituzione dell'"Academia de su sardu" costituita da ricercatori, docenti ed esperti di comprovata fama, di lingua e linguistica sarda. Essa svolge attività di studio e di consulenza scientifica sulle caratteristiche strutturali e funzionali della lingua e sulla sua evoluzione.
Viene fortemente potenziato il ruolo dell’Istituto Superiore etnografico della Sardegna (ISRE), attualmente presieduto dall’on.le Giuseppe Pirisi, che mi ha pregato di salutarvi oggi. E ciò nell'ambito dei compiti istituzionali di cui alla legge regionale 5 luglio 1972, n. 26, attraverso l'approvazione di un programma che preveda la concessione di contributi a favore di:
a) enti locali, pro loco, comitati delle feste regolarmente costituiti, associazioni, organismi del teatro e dello spettacolo, per l'organizzazione di manifestazioni pubbliche o pubblici spettacoli che includano le arti proprie;
b) conservatori e scuole civiche di musica per l'attivazione di corsi per insegnamento delle arti proprie.
Sono previsti contributi a favore dei soggetti che, in forma singola o associata, promuovono le arti proprie attraverso le seguenti attività:
a) la produzione e diffusione di materiale musicale;
b) le produzioni originali di spettacoli teatrali e di cinema;
c) il doppiaggio di materiale cinematografico non originale;
d) la partecipazione a rassegne di carattere nazionale o internazionale, a titolo di rimborso delle spese di viaggio.
L'ISRE, inoltre, promuove e sostiene:
a) un "Festival itinerante dei linguaggi poetici e musicali della Sardegna" aperto ad analoghe tradizioni presenti a livello nazionale e internazionale, da svolgersi con cadenza annuale;
b) la creazione di luoghi nei quali poter svolgere attività di riproduzione, aggregazione, apprendimento e trasmissione delle competenze inerenti le arti proprie, denominati "Domus de sa cultura"; a tal fine individua, anche d'intesa con le autonomie locali interessate, beni immobili appartenenti al proprio patrimonio disponibile da adibire a tale scopo;
c) un catalogo multimediale delle arti proprie, al fine di garantire la sistematizzazione e divulgazione del materiale audiovisivo in proprio possesso anche attraverso attività di ricerca e di acquisizione di ulteriore materiale del quale assicura la valorizzazione e divulgazione al pubblico anche attraverso il sito tematico "Sardegna digital library" o attraverso specifiche manifestazioni o eventi di promozione.
Qualunque sia il giudizio che ciascuno di noi darà di questa legge e della sua applicazione concreta, questo sarà un punto di partenza del quale non si potrà non tener conto e col quale dovremo confrontarci.
Credo che non posso andare oltre con questo intervento che si è mosso tra ricordi e speranze: lasciatemi dire che il Premio Ozieri si conferma ancora una volta come una finestra su un mondo ricco, colorato, complesso, fortemente identitario, su una Sardegna che vuole crescere ancora, che non vuole chiudersi in se stessa e che si mette al servizio del nostro Paese e del Mediterraneo.
Ultimo aggiornamento Martedì 02 Ottobre 2018 21:59