Angela Donati. Intervento di Attilio Mastino
Bologna 17 ottobre 2018
Angela Donati è stata – per usare le parole di Giancarlo Susini – il primo professore di Storia romana nell’Ateneo sassarese fin dal 1974, dove aveva assegnato alcune tesi di demografia storica: dieci anni dopo, aprendo assieme ad Azedine Beschaouch il terzo dei convegni de L’Africa Romana ricordava lei stessa che all’Università di Sassari la legavano sul piano scientifico, intensi comuni programmi di ricerca e, sul piano umano, il riconoscimento di una radice e di una matrice di autentico e schietto spirito amico. Allora oggi vorrei far prevalere il ricordo dell’amica cara davvero, che aveva scelto nella ricerca di far brillare il proprio impegno sociale e politico, con dedizione, con finezza, lungi dalla retorica, con generosità, con la capacità di scoprire i talenti dei giovani allievi, come negli ultimi giorni con le fulminee pubblicazioni su Epigraphica degli articoli che presentavano scoperte e novità da tutto l’ecumene romano, correggendo pazientemente, indirizzando, suggerendo, sempre con uno sguardo paziente e partecipe.
Già nella Presentazione del secondo volume dell’Africa Romana nel 1985 ricordava il tema dei collegamenti tra le due sponde del Mediterraneo sul piano della ricerca scientifica ma anche delle relazioni tra le persone, gli studiosi, la gente comune: se c’è un simbolo di questi contatti sono le navi dell’ipogeo di Ercole Salvatore a Cabras da lei raccontate negli studi in onore di Piero Meloni, un monumento sul quale era tornata con noi proprio sul numero di “Epigraphica” del 2018. Nel saluto come segretaria generale dell’AIEGL al convegno di Tozeur del 2002 ricordava di aver vissuto i nostri incontri fin dai loro primissimi passi con Marcel Le Glay e sempre li aveva seguiti nel loro vagare tra diversi luoghi della Sardegna, dell’Africa e della Spagna, come a Siviglia dove aveva aperto il convegno con una lezione magistrale firmata assieme a Raimondo Zucca sulle ricchezze dell’Africa. A lei dedicheremo il XXI dei nostri incontri a dicembre a Tunisi, presso la Scuola archeologica italiana di Cartagine di cui era voluta diventare socia onoraria.
L’abbiamo ammirata per le sue straordinarie doti di organizzatrice di ncontri internazionali già agli esordi del programma Erasmus e l’abbiamo osservata scrivere l’introduzione a tanti volumi diversi in un orizzonte larghissimo, riuscendo a sintetizzare con parole semplici obiettivi e orientamenti nuovi, spaziando come il suo Maestro dalle singole schede e dagli aspetti tecnici dell’officina lapidaria fino alle grandi sintesi, desiderosa di manifestare concretamente il più grande rispetto per le tradizioni culturali e religiose, per la profondità delle diverse storie e delle diverse culture, per il patrimonio identitario, con la consapevolezza che esistono variabili geografiche e cronologiche nel momento in cui culture diverse entrano in contatto, sempre evitando di perdere la concretezza e di piegare il dato scientifico a schemi ideologici. Contro le semplificazioni che non danno conto della complessità della storia.
Eppure non ha mai rinunciato ad un puntualissimo lavoro di indicizzazione analitica per la rivista e per le Monografie delle sue Collane "Epigrafia e Antichità" e "Studi di Storia Antica", che pubblicava con Vittorio Lega. I suoi lavori sull’urbanizzazione, la storia militare, la flotta, la vita religiosa, gli imperatori, i cippi itinerari, i termini agrimensori, i carmina, l’instrumentum come a Barcellona poche settimane fa, la fase paleocristiana, la storia della disciplina partendo dai tardi umanisti fino a Bartolomeo Borghesi e Theodor Mommsen e oltre, i musei come a Rimini o a Cesena, la didattica dell’epigrafia, sempre con una acutissima attenzione per le scritture antiche, per la produzione culturale, il rapporto tra demografia e società, con l’emozione e la passione per la scoperta anche la più minuta, con una straordinaria capacità di mantenere uno sguardo freschissimo e di entrare in contatto con il mondo antico: il ruolo della geografia nella storia, dalla Cispadana fino al Danubio, alla città mesica di Ratiaria (Archar) o alla celtica Carnuntum, all’Augusta Bilbilis patria di Marziale in Iberia, ad Alessandria in Egitto, a Zama Regia in Bizacena, fino alla Thuburnica fondata da Gaio Mario in Numidia già nel suo primo lavoro su Studi Romagnoli del 1964.
Parlando a nome dei colleghi delle Università di Cagliari e di Sassari ma anche di tanti colleghi magrebini che l’hanno conosciuta e le hanno volute bene, credo di poter dire che un pezzo di noi se ne è andato per sempre e sentiamo il senso di una perdita irreparabile, eppure sono convinto che le sue opere non invecchieranno nel tempo, ma resterà soprattutto il sapore della novità, il ricordo di una generosità e di una disponibilità senza eguali, la preziosa funzione di collegamento, un punto fermo al quale guardare sempre con ammirazione, con il desiderio di emulazione. Un poco con invidia. A me personalmente resta il ricordo dolce di un’amica e la consapevolezza di un debito che è aumentato giorno per giorno. Con le tante confidenze, fino ai suoi imminenti splendidi progetti per la rivista “Epigraphica”, che cercheremo di mettere in pratica con lo spirito giusto. Era orgogliosa del titolo di Professore Emerito di Epigrafia e antichità romane nell'Università di Bologna.
Se veramente la morte non è niente, perché sei solo passata dall’altra parte come scrive Henry Scott Holland, asciughiamo le lacrime dei tuoi familiari, dei tuoi colleghi, dei tuoi studenti, e ti lasciamo andare in pace con le parole antiche di una grande poetessa, Alda Merini, “Che la terra ti sia finalmente lieve”.
Ultimo aggiornamento Venerdì 19 Ottobre 2018 22:42