Il finanziere Giovanni Gavino Tolis a cento anni dalla nascita
Chiaramonti, 4 febbraio 2019
Intervento di Attilio Mastino
Signor Sindaco Alessandro Unali, Signor Colonnello Giuseppe Cavallaro, Autorità, Cari amici,
ricorre oggi il centenario dalla nascita di Giovanni Gavino Tolis, il finanziere di Charamonti che, per usare le parole di una recente poesia (di Angelino Tedde), non ha giocato a fare l’eroe ma lo è stato senza saperlo: preso, imprigionato, schiaffeggiato, colpito, massacrato, spogliato, deriso, sbeffeggiato, abbattuto: non sapevano / gli aguzzini / che si sarebbe aperto / il Cielo. / Hanno bruciato / il tuo corpo, / ma non la tua anima. / Ti hanno ridotto / in cenere nella carne, / ma non la tua virtù / di generoso eroe.
Inaugurando la nuova Caserma della Guardia di Finanza a Sassari il 31 luglio scorso il Comandante Regionale Gen. B. Bruno Bartoloni, ora trasferito a Firenze, ha ricordato la figura di Giovanni Gavino Tolis, morto prigioniero in Austria a Gusen - Mauthausen il 28 dicembre 1944; e ciò proprio in occasione dell’intitolazione al finanziere Tolis della nuova sede del Comando Provinciale del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria e della Compagnia di Sassari. La presenza del Colonnello Giuseppe Cavallaro oggi ci onora tutti, testimoniando un’attenzione doverosa per il delicato lavoro di indagine portato avanti in questi anni, nel quale il maggiore Gerardo Severino – definito recentemente su Avvenire “il cacciatore di Giusti” - ha coinvolto un po’ tutti, attraverso testimonianze, documenti di archivio, ricerche scientifiche, fino al ritrovamento dei fascicoli personali, dei premi, dei giorni di congedo, perfino delle lievi sanzioni disciplinari.
Qualche settimana prima dell’inaugurazione della nuova caserma era uscita a Sassari per le Edizioni Delfino la monumentale Storia delle fiamme gialle della Sardegna, due secoli di valore, di abnegazione e di incondizionato servizio a tutela dello Stato (1820-2018), firmata da tre specialisti di storia militare Maurizio Pagnozzi, Gerardo Severino, Mauro Saltalamacchia: un capolavoro che tratta tanti aspetti diversi, tocca le nostre famiglie, ricostruisce un radicamento territoriale che scaturisce da una ricerca lunga, appassionata, faticosissima, talora non completamente compresa, che mostra più di quanto non immaginassimo la centralità della Guardia di Finanza in Sardegna. Emergono tante vite dinamiche, aperte, spese al servizio degli altri, biografie costruite con l’obiettivo della difesa del bene comune, dell’imparzialità, dell’onestà, della dedizione. Fuori di ogni retorica – scrivono gli autori – il volume si presenta come una tangibile manifestazione di stima nei confronti dei Finanzieri sardi, in servizio e in congedo nell’ANFI, ai quali si auspica di continuare ad indossare le Fiamme Gialle con l’entusiasmo del primo giorno di arruolamento. Senza dimenticare tra essi le donne, oggi anche colleghe nella Finanza, mentre un tempo sono state mogli e figlie dei militari, dei quali hanno seguito le sorti: così la madre del nostro protagonista Maria Piga Tolis o quella Ebe Tettamanti sorella di un medico di Como che vediamo vestita a lutto per la morte del fidanzato Gavino. Essa era legata a quella Antonietta Castellini, consorte del dott. Aldo Pacifici, espulso dopo le leggi razziali dall’Amministrazione finanziaria italiana e riparato in Svizzera.
Oggi torniamo a Chiaramonti, dopo la cerimonia di sei anni fa, il 17 maggio 2012, quando fu presentato il volume scritto dal Maggiore Gerardo Severino ed edito da Carlo Delfino, con il bell’intervento del prof. Carlo Patatu; due anni prima il finanziere di Chiaramonti era stato onorato col conferimento alla memoria (con Decreto del Presidente della Repubblica del 17 giugno 2010) della medaglia d'oro al merito civile, per essersi prodigato a favore dei profughi ebrei e dei perseguitati politici, una vicenda fatta riemergere dagli archivi polverosi proprio dal Maggiore Severino; il 3 febbraio 2011 la medaglia era stata consegnata agli eredi. Sono stato qui a Chiaramonti altre volte per la Giornata della memoria dell’Olocausto del 27 gennaio, alla fine del mio mandato di Rettore dell’Università di Sassari, anche l’8 maggio 2014, anniversario della liberazione del campo di Mauthausen, per la cerimonia del conferimento della cittadinanza onoraria all’autore, il nostro amico Maggiore Gerardo Severino: in quell’occasione il Lions Club International aveva collocato la targa sulla casa di famiglia in paese. In precedenza Severino era divenuto cittadino onorario di San Nicolò Gerrei per aver ricostruito la parallela vicenda del finanziere scelto Salvatore Corrias, lo Schlinder sardo, decorato di medaglia d’oro al merito civile e anche Giusto tra le nazioni, fucilato dai nazifascisti a Como alla frontiera svizzera nel 1945. Da ultimo, nel giugno scorso, la cittadinanza onoraria a Bosa, per la ricostruzione delle vicende del battaglione R che dopo l'8 settembre 1943 partecipò alla liberazione della capitale con la V armata americana, con la figura di Salvatore Costantino Pala (commilitone di uno dei protagonisti di questo libro, Pietro Piga), per il volume sul tenente della Brigata Sassari Gaetano Mastino, soprattutto per il bellissimo libro sulla dogana dei finanzieri del porto di Bosa al centro dell’antico Delta del fiume Temo e sull’Isola Rossa.
Direttore del Museo Storico della Guardia di Finanza, Gerardo Severino con pazienza straordinaria si è dedicato a ricostruire una storia, anche recente della Guardia di Finanza in Sardegna, ha studiato con occhi nuovi la nostra isola, ha allargato i suoi interessi, è riuscito a darci il senso di un impegno, che non fu solo di pochi protagonisti arrivati a versare il loro sangue, ma fu davvero un sacrificio, uno sforzo collettivo fatto di guardie notturne, di sentinelle sotto la neve, di fermezza di fronte al pericolo, di senso del dovere da parte di uomini di cui non sempre riconosciamo il valore. È questa l'Italia migliore, l'Italia che amiamo e che può essere di esempio per costruire un futuro di pace, che certo oggi è più prossimo, con l'Unione Europea e con l’auspicabile superamento dei muri e delle frontiere tra stati, in una prospettiva di grandi intese tra popoli che ancor più oggi dovrebbero essere possibili, in barba ad egoismi sovranisti e a chiusure egoistiche di cui un giorno ci verrà chiesto conto, se resteremo insensibili di fronte a nuove deportazioni, che ogni giorno si ripetono sotto i nostri occhi. Perché, come recita un verso di Ovidio messo in testa al libro, <<Credimi, soccorrere gli infelici è cosa degna di re>>. Il senso di tutto è che la memoria non si perde col trascorrere del tempo, soprattutto che si ritrovano sempre le ragioni nascoste di una civiltà fondata sull'onore e sul dovere. Sentimenti ed emozioni che ho provato qualche anno fa visitando a Roma in Piazza Armellini, presso il Comando Generale della Guardia di Finanza, il Museo storico del corpo, accompagnato in quella visita privilegiata dal direttore, il brillante Gerardo Severino: il Museo è un luogo straordinario, pieno di memorie e fondamento essenziale per capire la ricchezza di una storia che ci riguarda tutti, me in particolare se alla mia famiglia appartiene un finanziere che si è segnalato nella difesa di Roma dai nazisti. Del resto il maggiore Severino ci ha abituato a riflettere sull'Italia tutta, dalle vette delle Alpi fino all'Etna, partendo dai tanti volumi sulla Guardia di finanza che costituiscono un’ampia biblioteca e che ha avuto la generosità di donarmi, dalla Storia dei Baschi verdi fino agli aiuti ai profughi ebrei ed ai perseguitati, arrivando all'Istria e alla Dalmazia e alla tragedia delle foibe. Tra le ultime cose nel giorno della memoria dedicato alle vittime del terrorismo (9 maggio 2014) voglio ricordare la presentazione nell’aula magna dell’Università del volume dedicato ai finanzieri sardi Salvatore Cabitta di Porto Torres e Martino Cossu di Luogosanto, vittime del terrorismo altoatesino e medaglie d’oro alla memoria.
Lo straordinario successo del volume su Giovanni Gavino Tolis, Il contrabbandiere di uomini, introdotto dal compianto gen. Luciano Luciani, ci porta nel cuore della Shoah e spiega il ruolo positivo e generoso svolto dal giovane finanziere venticinquenne catturato dalla Gestapo, morto a Gusen nell’Alta Austria, il cui corpo fu cremato il 28 dicembre 1944 in un forno del campo di sterminio di Mauthausen: originario di Chiaramonti, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, aveva aderito alla resistenza comasca e aiutato centinaia di profughi a passare in Svizzera attraverso il confine di Ponte Chiasso in comune di Como, eludendo i controlli della polizia di frontiera tedesca. C’è in queste pagine il contrasto tra una giovinezza luminosa e felice e il gelo della galleria militare di Gusen scavata nel granito della viva roccia dai prigionieri: qui a Chiaramonti come non pensare al volume di Giovanni Soro, Camineras, con questo rimpianto profondissimo per il benessere, la gioia, la felicità di un tempo lontano, le speranze, i desideri, che vorremmo oggi riscoprire osservando da lontano il paese disteso sulla collina come un vecchio addormentato, il paese di pietra bianca sotto il castello dei Doria, che attende nella roccia del cuore spossato e stanco stagioni di acque fresche capaci di trascinare giù fino al mare turmentos mannos.
Queste pagine partono dalla geografia dei luoghi amati nel paese di origine e da quel Monte Sassu che separa di fertile territorio di Chiaramonti in Anglona (curato da laboriosi contadini) e ricco di acque dal territorio di Tula: «in altri tempi - scriveva Vittorio Angius verso il 1850 - il monte Sassu era un luogo di asilo pei banditi, dove, riuniti in grosse masnade, riposavano sicuri dopo le loro escursioni, nulla temendo della forza pubblica, perché questa mancava. Sebbene anche in tempi poco lontani continuassero a frequentarvi; tuttavolta è vero che non vi facevano ordinaria stazione, e di rado vessavano i passeggieri». E precisava: «I banditi erano non già tulesi, ma fuoriusciti dell'Anglona ed anche della Gallura».
Anche a distanza di anni rimane nel cuore del giovane sardo il ritmo scandito dal calendario delle feste locali, come il 21 settembre per San Matteo, patrono di Chiaramonti in Anglona ma anche – singolare coincidenza - patrono delle Fiamme Gialle.
Con lui erano partiti tanti altri compesani caduti in guerra, i cui nomi mi sono stati forniti in questi giorni da Maria Antonietta Solinas: il finanziere appuntato Giovanni Antonio Brunu e i carabinieri appuntato Giovanni Piga e Giovanni Maria Pulina, i soldati dispersi nella seconda guerra mondiale Stefano Solinas, Francesco Budroni, Nicolò Murru, Francesco Nela, Sebastianio Brundu. I morti in seguito a ferite o malattie come il carabiniere Amelio Serra, il soldato Giovannino Cossiga, il finanziere Antonio Lumbardu. In un campo di prigionia in Russia è morto il soldato Antonio Pinna. Ma nell’antico palazzo comunale si conserva lo spettacolare elenco dei caduti in tutte le guerre da quel soldato Pietro Sale Fresi che è morto nella seconda guerra di indipendenza o da quel soldato Andrea Pitoto Casu nella terza. E poi la guerra etiopica, e i 24 soldati caduti durante la prima guerra mondiale, i 7 dispersi, i 4 soldati morti in prigionia, gli 8 morti a seguito di malattie o ferite. Infine la guerra in Libia, nella seconda guerra etiopica, infine nella guerra di Spagna. Tante storie diverse, tanto dolore che emerge prepotente dalla delibera del consiglio comunale, dalle lapidi al cimitero, dai monumenti, tante famiglie distrutte da un dolore che oggi possiamo solo immaginare.
Se per un attimo usciamo dalla Sardegna, si avverte in questo libro soprattutto la conoscenza da parte dell’autore dei luoghi raccontati, anche i più lontani, dal Canton Ticino al basso lago di Como, da Cernobbio a Chiasso, le frazioni di Brogeda, Casetta, Dogana e Laghetto, tra la Svizzera e l’Italia. Ogni avvenimento è collocato nel tempo e nello spazio, con una documentazione fotografica davvero incredibile.
Più che una biografia di un eroe, questo volume è soprattutto un affresco potente di una rete di relazioni e di rapporti, prima in Sardegna partendo dalla famiglia allargata del ciabattino Francesco Tolis e dai cognati Piga, dai cugini Muzzoni, dagli amici Brunu o Satta; dalle proprietà di famiglia a Su Canarzu; gli anni d’oro del Fascismo e della Gioventù Italiana del Littorio prima delle farneticanti Leggi Razziali contro gli ebrei; l’arruolamento a Sassari, la partenza, la corriera per Ploaghe, il treno, la nave. Come non pensare alle scene girate da Fiorenzo Serra nell’Ultimo pugno di terra sulla corriera della Sita che negli anni 50 parte per Sassari attraversando Torralba con sullo sfondo Monte Arana o le immagini della nave che trasporta gli emigrati carichi di valigie di cartone legate con lo spago; o la frase sul maledetto treno del mio paese, quanta gente hai portato via. È questa la transumanza degli uomini, in parallelo con la transumanza delle pecore. Oppure le drammatiche pagine scritte sull’emigrazione da Gavino Ledda in Padre Padrone ? Gli emigranti partono verso un mondo sconosciuto e lontano senza più far ritorno, proprio come è avvenuto al finanziere-ragazzo: la miseria, il dolore, ma anche la rabbia di chi parte e di chi resta, in quello che l’autore descrive come un funerale doppio, dove i morti sono ancora vivi e dove gli abitanti di Siligo che rimangono accompagnano all’autobus, come al camposanto, i parenti che partono per sempre; e dove gli emigranti a loro volta pensano di partecipare al funerale di quelli che restano, condannati ad una miseria senza scampo. La cinepresa di Fiorenzo Serra coglieva il pianto dei parenti, la sofferenza profonda, il segno di una sconfitta di un popolo intero di fronte alla miseria del dopoguerra.
Ma per Giovanni Gavino Tolis la famiglia vera finisce per essere quella dei commilitoni della Guardia di finanza, che rappresenta un punto di riferimento stabile al di là del mare: questo libro ricostruisce anche la rete di comando, attribuisce un nome ai colleghi, ai compagni, ai superiori, a Sassari al maggiore Bruno Squadrani; a Predazzo al maggiore Nicolò Marino che in quel momento comandava la Scuola Alpina della Regia Guardia di Finanza nella Caserma Giovanni Macchi, a oriente di Trento e Bolzano, tra Cavalese e Moena, fino al Passo Rolle sopra San Martino di Castrozza; ma tornano i nomi del comandante di Compagnia il capitano Michele Susanna, del tenente responsabile della Dogana di Chiasso il sardo Silvio Medda, dei cappellani militari, i parroci, i prevosti, i frati, mossi da un senso di solidarietà umana. L’addestramento del giovane allievo Tolis avvenne a Roma nella Caserma Vittorio Emanuele II, che oggi si chiama Caserma Piave in Viale XXI aprile, la stessa dove lavora per il Museo storico della Guardia di Finanza il Maggiore Severino. Segue il trasferimento alla Legione di Milano, alla Compagnia di Como, alla dogana italo-svizzera di Chiasso, l’amicizia con Salvatore Luca, una fiamma gialla in congedo originaria di Ragusa e con sua moglie Giuseppina Panzica, i loro figli che abitavano proprio sul confine con la Svizzera, presso la roggia Molinara.
Dalle carte riemerge il ritratto positivo del ventenne finanziere, che si distingueva per la prestanza fisica, per la buona intelligenza, memoria, senso pratico, buona volontà, indole buona, carattere serio, sufficiente spirito di iniziativa, cultura generale, professionale e militare. Miracoloso appare il ritrovamento presso la famiglia di tante fotografie che impreziosiscono il libro e scandiscono le tappe di una breve ma luminosa carriera, che si sviluppa soprattutto dopo l’8 settembre, quando alla dogana di Chiasso sono attestati negli ultimi quattro mesi del 1943 quasi 400 sconfinamenti in Svizzera di ebrei italiani. L’adesione alle formazioni delle Fiamme Verdi della resistenza, la complicità con gli ufficiali badogliani antifascisti come il maggiore Maurizio Bussi e i suoi sottufficiali come il maresciallo Giuseppe Dado, il collegamento con alcuni esponenti dell’Arma dei Carabinieri Reali fedeli al Re, la solidarietà verso i militari sbandati, la rabbia del prefetto e del questore di Salò, i rapporti ostili dei repubblichini, l’odio delle SS. Emergono tanti nomi, che qui non è il caso di elencare, in qualche modo in rapporto con il Comitato di Liberazione Nazionale dell’Alta Italia o con il Corpo dei Volontari della Libertà oppure con la Delegazione per l’Assistenza agli Emigranti ebrei. Del resto trassero beneficio dalla vasta rete di solidarietà che allora si sviluppò al confine con la Svizzera personaggi come Ferruccio Parri, Bruno e Adolfo Vigorelli esponenti della resistenza Ossolana, Leo Valiani, Ezio Franceschini, Concetto Marchesi.
Giovanni Gavino Tolis fu uno dei tanti finanzieri che si impegnarono pagando di persona in un terribile momento di transizione, favorendo – come scrive rabbiosamente il Questore di Como il 22 febbraio 44 – i passaggi clandestini di elementi ebraici in via Brogeda, al Ponte Chiasso e al Ponte di Maslianico.
Tradito da una delazione anonima alla Gestapo dell’ispettore Kolmann, Tolis fu colto sul fatto mentre nei pressi dell’orto del sig. Salvatore Luca, dietro Dogana, tentava di passare un pacco pieno di banconote alla moglie di questi Giuseppina Panzica, oltre la rete metallica di confine. Si scoprì poi che l’involucro conteneva 234 mila lire da consegnare a Lugano al triestino Oscar Orefice, residente a Milano prima delle leggi razziali. Per queste ragioni l’accusa fu inizialmente quella, infamante, di contrabbando di valuta; l’autore ha potuto dimostrare che in realtà si trattò di un episodio minore, analogo a quello che negli stessi giorni coinvolse Giorgio Diena e Romeo Locatelli alias il patriota Omero dello spedizioniere Gondrand, implicati nel trasferimento di valuta destinata all’ebreo Vittorio Levi. Episodio che si somma ad altri, più significativi, legati al ruolo svolto dal Tolis nell’espatrio clandestino di ebrei e che comunque portò all’arresto del finanziere e della complice Giuseppina Panzica in Luca, che sarebbe stata liberata già nell’ottobre 1945. Tolis, il maresciallo Paolo Boetti e la Panzica furono trattenuti dalle SS a Cernobbio, poi a Como in Carcere ed a San Vittore a Milano. Il 9 giugno 44 Tolis fu condannato alla deportazione in Germania, passò per il campo di concentramento di Fossoli in provincia di Modena, l’anticamera dell’inferno. Come non pensare a Zaira Coen Righi, mantovana, insegnante di scienze al liceo Azuni di Sassari, deportata nel 1944 e morta in un forno crematorio ad Auschwitz, che l’amica Sotera Fornaro ha la settimana scorsa ricordato a Budoni all’Anfiteatro Andrea Parodi per la Giornata della memoria ?
Troviamo Tolis il 5 agosto a Bolzano in partenza per Mauthausen e poi nel sottocampo di Gusen II, a scavare nel granito la terribile galleria destinata all’industria militare tedesca: in totale 7 km di tunnel larghi fino a 8 metri e alti fino a 15 metri per ospitare la produzione missilistica delle V2. La condizione dei deportati appare tragica e disumana, le giornate segnate da centinaia di morti e feriti. Seguiamo la rete delle informazioni che i prigionieri potevano scambiarsi per raggiungere amici e parenti; a Chiasso la fidanzata del Tolis Ebe Tettamanti appare costantemente informata e partecipe; in Sardegna le tragiche notizie arrivarono attraverso la Guardia di Finanza fino al padre Francesco (che sarebbe scomparso nel 1966) e alla madre Maria (scomparsa nel 1968). Oggi sappiamo che il finanziere di Chiaramonti morì il 28 dicembre 1944 lasciato insieme a molti altri suoi compagni, nudo, per circa sei ore a temperatura inferiore ai 20 gradi sotto zero. La salma nei giorni successivi fu bruciata nel forno crematorio di Mauthausen; sorte non diversa ebbero altri amici e conoscenti del Tolis, come quel Giorgio Casale morto il 3 febbraio 1945.
Oggi, scomparsi i genitori e i fratelli - Francesco nel 2002 e Mariangela nel 2006 -, sopravvive la nipote Giovanna Tolis.
Ma tutta la vicenda è ora ricostruita in questo libro attraverso i dispacci, le comunicazioni, le informazioni che si scambiarono i comandi della Guardia di Finanza dopo la fine della Repubblica di Salò. Emergono tanti dati anche in Sardegna attraverso l’impegno di Angelo Ammirati direttore dell’Archivio di Stato di Sassari, Antonina Stincheddu, funzionaria dell’ufficio anagrafe di Chiaramonti, Paolo Pulina originario di Ploaghe che so impegnato a Pavia nella Federazione delle associazioni sarde in Italia e Carlo Patatu. Naturalmente sono stati mobilitati ricercatori e studiosi all’interno dei diversi comandi delle Fiamme Gialle.
Dobbiamo però proprio al Direttore del Museo Storico del Corpo della Guardia di Finanza se il mosaico è stato ricomposto con l’ampia relazione del 19 febbraio 2009, se la vicenda è stata ricostruita nei dettagli, se si è arrivati alla decisione del Presidente Giorgio Napolitano che il 17 giugno 2010 concesse la medaglia d’oro al merito civile con la motivazione che ben conosciamo: si ricorda il coraggio, l’impegno per i profughi ebrei e i perseguitati politici, la sofferenza nel campo di concentramento, la testimonianza di solidarietà e di dignità fornita in un momento tanto difficile per il nostro Paese. La strada che porta il nome di Tolis qui a Chiaramonti a Funtana Noa, la lapide al cimitero come per un cenotafio privo del corpo, decorata sulla sinistra da una palma che assomiglia troppo ad un filo spinato, ricordano ai compaesani una figura che tutti ammiriamo, rinnovano il senso di appartenenza alla comunità, in cui – come ha detto recentemente il Presidente Mattarella – si condividono valori con le nuove generazioni e si tramanda il ricordo degli atti di eroismo che sono alla base dell’Italia di oggi.
A distanza di anni rimane forte in Sardegna il senso di gratitudine per chi ha voluto ricordare questi avvenimenti, per chi ha inteso farci rivivere il dramma della guerra, per chi ha coinvolto le nostre scuole e i nostri giovani in un impegno per la pace contro la xenofobia e il razzismo, che non può accettare tradimenti.
Ultimo aggiornamento Giovedì 07 Febbraio 2019 22:44