Manlio Brigaglia a un anno dalla scomparsa

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Scritto da Administrator | 12 Maggio 2019

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Manlio Brigaglia a un anno dalla scomparsa
Attilio Mastino, 10 maggio 2019

Vorrei riuscire ad esprimere il dolore e l’emozione che provammo il 10 maggio di un anno fa, quando Manlio Brigaglia ci aveva improvvisamente lasciato, circondato dall’affetto degli amici, dei colleghi, degli studenti, di tanti Sardi. A Palazzo Segni avevamo tentato di condividere insieme un lutto e di superare un vuoto che dopo un anno rimane intatto.

Ci aveva tanto colpito la sua scomparsa, avvenuta sul lavoro, quasi sotto i nostri occhi, dopo la presentazione due giorni prima in aula Magna con Sabino Cassese e Paolo Pombeni del volume "La macchina imperfetta" in età fascista. Proprio in quel suo ultimo difficile intervento all'Università Brigaglia aveva mantenuto la linea di uno strenuo impegno civile e democratico e aveva voluto ricordare il legame con Antonio Pigliaru, la lezione di Antonio Gramsci, il contributo della Sardegna per un'Europa migliore. Un’eredità che lascia per intero a quella generazione di studiosi che è stato capace di formare, spronandoli ad allargare lo sguardo verso un orizzonte largo condividendo passioni comuni e l’amore per la cultura.

In quei giorni al cinema davano la sua intervista sul film di Fiorenzo Serra, "L'ultimo pugno di terra", con quella transumanza di pecore e ma anche di uomini lontano dall’isola. E quella frase ripresa anni dopo da Gavino Ledda a proposito della desertificazione e del disagio sociale degli anni ‘50, con quella espressione tremenda <<maledetto quell'autobus, maledetto quel treno che svuota il mio paese>>. Quanta pena per la Sardegna, quanto desiderio di vedere un tempo nuovo, quanto amore per la sua gente, i suoi allievi, i suoi studenti, la sua famiglia, in particolare per Marisa, che ha seguito giorno per giorno con la ricchezza del suo affetto e la sua intelligenza.

Tutti ricordiamo l’impegno intellettuale e la ricchissima sequenza di successi professionali di Manlio Brigaglia, ad iniziare dalla rivista di alta cultura e di politica  “Ichnusa” di Antonio Pigliaru, poi da lui diretta tra il 1982 e il 1993 assieme a Giuseppe Melis Bassu e a Salvatore Mannuzzu, la fondazione dell'Istituto di studi e programmi per il Mediterraneo, la direzione di Autonomia Cronache e dei Quaderni Mediterranei, la collaborazione con Radio Sardegna e con la Rai, L'Unione Sarda che aveva lasciato nel 1994 in un momento di polemica assieme a Giovanni Lilliu; poi la pagina quotidiana su La Nuova Sardegna, le mille imprese con tanti editori diversi nelle quali ci aveva coinvolto, sempre con spirito critico, con rispetto, generosità, voglia di capire, aprendoci orizzonti nuovi. Perché Brigaglia è stato soprattutto un democratico pieno di idee originali e di curiosità, dal quale ci aspettavamo sempre una battuta ironica, un'informazione strana, un retroscena che spesso ci lasciavano senza parole, invitandoci a non prenderci troppo sul serio. Oggi constatiamo che più di quanto non pensasse ha contribuito a trasformare l’idea stessa di Sardegna nell’immaginario collettivo dei suoi lettori, con un coinvolgimento capillare di tanti Sardi che hanno amato i suoi scritti nelle città, nei paesi e nei villaggi dell’isola, un pubblico vastissimo e fedele.

Quando nel 2002 aveva lasciato la cattedra, aveva terminato l’insegnamento universitario (Storia dei partiti e dei movimenti politici e Storia contemporanea) ed era andato in pensione, lo avevamo ricordato con il volume di studi in onore pubblicato da Carocci “Dal mondo antico all’età contemporanea” con oltre 40 saggi. In quell’occasione Gian Giacomo Ortu ci aveva ricordato che per lui andare in pensione non sarebbe stato possibile, perché avrebbe continuato come e forse più di prima a dipanare il filo di un impegno intellettuale ammirevole per durata e per coerenza. Sullo sfondo rimaneva la vitalità dell’insegnamento liceale di italiano e latino all’”Istituto Principe” il Liceo Azuni tra il 1955 e il 1977; poi la docenza universitaria nelle Facoltà di Magistero dalla fondazione, quindi Lettere e Filosofia e Scienze politiche tra il 1971 e il 2001, per la Storia contemporanea, il giornalismo, la comunicazione; la direzione del Dipartimento di Storia che aveva fondato con tutti noi nel 1982. Il vertice della sua carriera accademica credo sia stata la Presidenza del Consorzio tra le due Università per la Scuola di specializzazione per insegnanti, alla quale era stato chiamato dai Rettori Alessandro Maida e Pasquale Mistretta. Più ancora Brigaglia si è speso nell’organizzazione della cultura, soprattutto nel campo dell’editoria che ha contribuito a far maturare anche in Sardegna con la produzione di libri di contenuto e di fattura sempre migliori; ma anche nel campo della pubblicistica con la creazione di riviste che hanno quasi sempre lasciato il segno; infine con la promozione, direzione e incoraggiamento di enti e di istituzioni di ricerca extra-accademici e associazioni che si sono nutriti del suo insegnamento.

Questa sua straordinaria dote, la sua profondissima cultura classica, la sua proverbiale memoria, il suo talento spiegano il numero enorme di pubblicazioni per oltre 60 anni, con una sostanziale continuità e coerenza, con un carattere documentario ed enciclopedico. Ne ha parlato lui stesso nella lunga intervista rilasciata a Tonino Oppes che è stata proiettata stamane a Torino al Salone del libro; e nell’intervista raccolta da Salvatore Tola e Sandro Ruju, pubblicata in Tutti i libri che ho fatto per Mediando, a metà tra confessione e autobiografia.  Innanzi tutto la centralità della democrazia come scelta culturale, le ricerche sull’origine del fascismo e sull’antifascismo sardo, approdate come sono alle figure di Antonio Gramsci, Emilio Lussu, Velio Spano, Angelo Corsi il sindaco di Iglesias, fino al volume sull’antifascismo curato assieme a Francesco Manconi, Antonello Mattone e Guido Melis; la collaborazione con Mario Da Passano, Piero Sanna, Francesco Soddu, o quella con Luciano Marroccu sul tema degli intellettuali e la costruzione dell’identità sarda tra Otto e Novecento; il senso di una politica alta e nobile; poi tante altre questioni, i temi sociali, quelli relativi all’editoria, che hanno fornito una preziosa consulenza al legislatore regionale. E poi le sue traduzioni di La Marmora pubblicate poi con Simone Sechi e Eugenia Tognotti, William Smith, Le Lannou; dal 1975 la sua collana di Storia della Sardegna antica e moderna per Chiarella sponsorizzata da Alberto Boscolo, in perpetuo conflitto col mio maestro Piero Meloni sulla Sardegna Romana; la collana del Dipartimento inaugurata con il volume sulla Brigata Sassari di Peppinetta Fois;  lo sforzo di confezionare opere fondamentali come l’Enciclopedia de La Sardegna assieme a Guido Melis e Antonello Mattone a partire dal 1982, e poi nel 2007 i 22 volumi della Grande Enciclopedia della Sardegna per La Nuova. Tanti altri strumenti di orientamento bibliografico, le sue guide, le sue antologie divulgative, le sue sintesi indirizzate alla scuola come i 5 volumetti di Storia della Sardegna firmati anche da me e Giangiacomo Ortu per i licei nella collana delle Storie regionali di Laterza o Tutti i libri della Sardegna. Con Salvatore Tola il Dizionario Storico-Geografico dei Comuni della Sardegna, del 2006. La collaborazione con gli editori Della Torre, Gallizzi, Stampacolor, Carlo Delfino Cuec, Edes, Ilisso, Iniziative Culturali, Soter, EdiSard, Archivio Fotografico Sardo, fino alla Silvana Editoriale di Cinisello Balsamo, ad Einaudi e Carocci.

A caldo, un anno fa era prevalso il senso della perdita irreparabile, il dolore per la scomparsa di una persona che ci ha aiutato tutti i giorni, alla quale guardavamo con ammirazione e senza riserve, cercando le occasioni per incontrarci, come a Palazzo Ciancilla nei pomeriggi, quando preparava la sua lezione e lo aspettavamo solo per la gioia di parlare con lui. Oppure quando raccoglieva gli articoli per i 5 numeri dei Quaderni Sardi di Storia: nell’introduzione (Un’altra rivista di storia?) già dal 1980 ripensava il Sessantotto, riconosceva superata non solo l’azione delle Deputazioni di storia patria ma pure le ricerche localistiche strette negli schemi angusti della storia “separata” dei gruppi subalterni; rilanciava in Sardegna contro il tema dell’isolamento e della chiusura l’obiettivo del confronto e della contaminazione con le altre realtà del mondo mediterraneo; indicava la strada di una sinergia e un dibattito tra le due Università sarde; sottolineava il valore della differente provenienza di esperienze, di campi di ricerca, di interessi scientifici e persino di orientamento ideologico dei redattori, cattolici e laici, con uno sguardo attento alle fasce sociali deboli, agli ultimi, con un senso di comprensione e di partecipazione per la sofferenza degli altri. La Sardegna come parte integrante della realtà mediterranea, meridionale ed europea, ma anche emblematico terreno di verifica dei problemi delle aree periferiche in genere. E poi, citando Michelangelo Pira, la contaminazione tra storia e antropologia dall’antichità al mondo contemporaneo.  Infine il rifiuto di una subalternità rispetto alla storiografia straniera sul tema della continuità culturale della Sardegna, che ci aveva convinto ad affrontare con l’articolo critico sulla produzione statunitense, in particolare di Robert Rowland; oppure indirizzandoci verso il Nord  Africa. Non dimentico i tre volumi di mio padre, che aveva voluto correggere tagliando – come scherzava – una riga sì e una riga no, facendone poi dei libri godibili e profondi.

Oggi noi sappiamo di aver perso con il prof. Brigaglia il rappresentante di una stagione in cui i maestri sapevano costruire davvero una relazione intellettuale e umana con gli studenti che durava tutta la vita, oltre le differenze, nella piena libertà di pensiero. Del resto non ignoriamo quanto il lavoro da lui svolto ci abbia cambiato nel profondo: ed è per questo che oggi ricordiamo il nostro comune debito di riconoscenza, le sue straordinarie doti umane, la sua curiosità intellettuale, il suo spirito acuto e pungente, il suo gusto per le cose belle, il desiderio di una Sardegna più felice.

Ultimo aggiornamento Domenica 12 Maggio 2019 21:15

Multa venientis aevi populus ignota nobis sciet
multa saeculis tunc futuris,
cum memoria nostra exoleverit, reservantur:
pusilla res mundus est,
nisi in illo quod quaerat omnis mundus habeat.


Seneca, Questioni naturali , VII, 30, 5

Molte cose che noi ignoriamo saranno conosciute dalla generazione futura;
molte cose sono riservate a generazioni ancora più lontane nel tempo,
quando di noi anche il ricordo sarà svanito:
il mondo sarebbe una ben piccola cosa,
se l'umanità non vi trovasse materia per fare ricerche.

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