La viabilità della Sardegna romana: l’area indagata da Virgilio Tetti, in occasione del Convegno e della Mostra promossi da Massimo D’Agostino e Nadia Canu “Virgilio Tetti, l’uomo, lo studioso, il politico”.
Bonorva 9 agosto 2019
Attilio Mastino
Ho conosciuto Virgilio Tetti nel 1972, quando Piero Meloni preparava il volume sulla Sardegna romana per Chiarella, con un approfondimento straordinario sulle strade romane che collegavano la Campeda con Olbia, un tema che appassionava il mio maestro, originario di Monti e Berchidda, che era competentissimo in materia.
In questo quadro, Piero Meloni e Giovanni Lilliu avevano accolto un articolo di Virgilio Tetti sulla rivista della Scuola di Studi Sardi: Appunti sulle strade romane nella zona di Bonorva (Sassari), “Studi Sardi”, XXIII, 1973-74, pp. 191-211, lavoro citato nel volume La Sardegna Romana del 1975 e ripreso per la seconda edizione del 1991.
Eppure da quel momento, Meloni non avrebbe più accolto i lavori di Tetti su “Studi Sardi”, anche perché le scoperte continuavano a susseguirsi senza sosta: per mio interessamento vennero pubblicati molti articoli sul “Bullettino dell’Archivio Storico Sardo di Sassari” e su “Sacer”, due riviste minori, poco diffuse (V. Tetti, Il tracciato della strada romana per Olbia in agro di Mores, Ittireddu e la stazione di Hafa, “Bollettino ASSSassari”, IX, 1983, pp. 189-199; Id., Antiche vie romane della Sardegna e cursus publicus: note e riferimenti toponomastico, “Bollettino ASSSassari”, XI, 1985, pp. 71-114. Successiva è la retractatio V. Tetti, Osservazioni e precisazioni sulle antiche strade romane nella zona di Bonorva, “Sacer” 5, 1998, pp. 137-150).
Il tema della biforcazione dalla strada a Karalis Turrem (oppure a Turre Karales) della strada per Olbia (a Karalibus Olbiam) rappresenta da allora ma ancora oggi, con la localizzazione di Hafa, uno dei problemi storiografici più rilevanti della storia della Sardegna romana. Numerosissimi sono i ritrovamenti di miliari stradali in quest’area tra 148 e 178 km da Cagliari: conosciamo oggi tutto il percorso, miglio per miglio, partendo dal punto miliario 100 da Carales (Mulargia), 109 (Punto Culminante della Campeda), 112 (Sas Presones), 113 (Mura Ispuntones), 114 (Mura Menteda), 116 (Monte Cujaru), 117 (Planu Chelvore-Monte Calvia), 118 (Code), 119 (Silvaru), alcuni pubblicati da Virgilio Tetti tra il 1970 e il 1990 ed esposti nel Museo comunale di Bonorva, utili per localizzare la biforcazione della a Karalibus Olbiam dalla strada centrale sarda a Karalibus Turrem: si rimanda ai lavori di Piero Meloni, Emilio Belli, Virgilio Tetti. Di fatto gli studiosi si sono divisi ed hanno collocato la biforcazione in varie località del Logudoro, tutte collocate tra un punto che oggi appare troppo meridionale (Mulargia) ed un punto troppo settentrionale (Giave).
Le indagini recentemente effettuate presso l’edificio rurale di Sas Presones (Bonorva) e quelle in corso ai piedi di Sant’Andrea Apriu possono forse indirizzare gli studiosi verso una soluzione nuova, che consente di spostare Hafa immediatamente a E del territorio di Bonorva (a Monte Zuighe di Ittireddu pensava Tetti).
Sas Presones si trova alle pendici del ciglio basaltico dell’altopiano della Campeda di Bonorva (altitudine m. 490 s.l.m.), a breve distanza dal villaggio abbandonato di Rebeccu (ad Est) e dagli ipogei preistorici di S. Andrea Apriu con i dipinti rupestri di epoca tardo antica, bizantina e medievale, recentemente sottoposti a restauro (ad Ovest); spero che il prossimo intervento di Marc Mayer dell’Università di Barcellona riesca ad affrontare il tema dei graffiti rupestri, cercando di sciogliere il gomitolo di scritture antiche sovrapposte fino alla chiesa bizantina ed oltre. L’area di Rebeccu ha rappresentato certamente il cardine della viabilità romana in Sardegna ed uno dei luoghi che ancora oggi conservano prodigiosamente il paesaggio antico, al piede delle colline vulcaniche del Meilogu e lungo la piana un tempo paludosa di Santa Lucia, sulla direttrice per Olbia, una variante che si biforcava dalla strada centrale sarda Karales-Turris. L’area conserva uno straordinario interesse paesaggistico, storico e archeologico e lo stesso edificio di Sas Presones, segnalato già nell’Ottocento, è in realtà parte di una struttura termale tardo-antica arrivata fino ai nostri giorni, che ipoteticamente potrebbe essere identificata come quello che resta in piedi di un praetorium pubblico al servizio della viabilità per Olbia, dotato di un impianto termale realizzato in epoca tarda (A. Mastino, P. Ruggeri, La viabilità della Sardegna romana. Un nuovo praetorium a Sas Presones di Rebeccu a nord della biforcazione Turris-Olbia ?, in Palaià Filìa. Studi di topografia antica in onore Giovanni Uggeri, a cura di Cesare Marangio e Giovanni Laudizi, Mario Congedo editore, Galatina 2009, pp. 555-572).
In attesa di un esame più esteso della documentazione epigrafica, attualmente non direttamente accessibile sotto il pavimento in corso di restauro, appare di maggiore interesse il discorso topografico sulla viabilità locale, utilizzando i risultati delle ricerche condotte da Maria Giuseppina Oggianu e Lorenza Pazzola sulla base dei numerosi miliari che modificano alquanto l’immagine fornita dall’Itinerario Antoniniano per la via a Tibula Carales: una bella carta topografica, curata da Salvatore Ganga, rappresenta un primo tentativo di sistematizzazione dei dati disponibili.
L’Itinerario Antoniniano sulla strada che collegava Tibula a Caralis cita 10 stazioni, tra le quali:
- Luguidonis c(astra), oggi Nostra Signora di Castro in comune di Oschiri, a 25 miglia, 37 km da Gemellae;
- Hafa, oggi Mores o Monte Zuighe, 24 miglia, 35 km da Luguidonis c(astra)
- Molaria, oggi Mulargia, a 24 miglia, 35 km da Hafa
In realtà alcune di queste stazioni appartengono alla biforcazione per Olbia della strada centrale sarda, che i miliari documentano solo a partire dai restauri effettuati forse nell’età di Settimio Severo (195 d.C.) e sicuramente nell’età di Elagabalo (220 d.C.), ma che dev’essere stata costruita in precedenza: già in età repubblicana il problema principale per i Romani fu rappresentato dalla necessità di collegare il porto di Olbia con le antiche colonie fenicio-puniche della costa occidentale e ciò spiega la ragione della localizzazione lungo il percorso di questa strada dei populi celeberrimi di Plinio il vecchio: i Corsi della Gallura, i Balari del Logudoro e dell’Anglona e gli Ilienses del Margine-Goceano, impegnati lungo le vallate del Monte Acuto ed il Campo d’Ozieri a partire dal III secolo a.C. in un’accanita resistenza contro i Romani. Fu però in età imperiale ed in particolare a partire dall’età dei Severi che la strada assunse un preciso significato economico, in funzione dell’annona di Roma: il numero straordinario di miliari (una settantina sui 150 miliari della Sardinia) testimonia continui lavori di restauro e comunque interventi del governatore provinciale ancora alla fine del IV secolo d.C. nell’età di Magno Massimo e Flavio Vittore.
Se collochiamo il nostro punto di vista a Bonorva, in direzione Sud possiamo lasciare da parte in questa sede intanto la strada centrale che, partita da Turris, dalla Campeda raggiungeva Carales: essa toccava l’antica fortificazione punica di San Simeone, quindi la cantoniera Tilipera in regione Salamestene e risaliva l’altopiano, superando il Punto Culminante (in località Pedra Lada, quota 669 m s.l.m., col 109° miglio da Carales), Berraghe, Padru Mannu presso il bivio per Bolotana, il ponte sul Rio Temo (miliario con l’indicazione di lavori di restauro effettuati dai Severi e massicciata di S’Istriscia); toccato il Nuraghe Boes, raggiungeva Mulargia. Qui presso il nuraghe Aidu Entos, forse al 100° miglio da Carales è stato localizzato il limite del popolo degli Ilienses, che occupavano il Marghine ed il Goceano fino al Tirso. In direzione Nord, possiamo sorvolare sul tronco principale per Turris Libisonis, che da San Simeone di Bonorva raggiungeva San Francesco e poi entrava in comune di Giave a Corona Pinta e Campu de Olta, per proseguire verso Prunaiola di Cheremule, Torralba, Bonnanaro, Mesumundu di Siligo. Credo vada riferito a questo tronco il miliario di Rebeccu, più volte citato, con XLII miglia [a] Turr[e], che in passato si riteneva trasferito in età moderna, ma che potrebbe essere stato collocato nell’edificio di Sas Presones già in età tardo-antica, se chi costruì l’edificio termale raggruppò i miliari dalle aree circostanti e non dal solo punto miliario CXII.
Dobbiamo concentrarci sulla variante orientale per Olbia, che si originava in comune di Bonorva nella parte settentrionale della Campeda in direzione di Rebeccu all’incirca al 112° miglio (si ricordi che il Punto Culminante di Pedra Lada porta il 109° miglio da Carales) ed arrivava ad Olbia, che va ora collocata al 177° miglio. La variante era dunque lunga 65 miglia, cioè 96 km, tra Bonorva ed Olbia. Essa è parzialmente documentata anche dall’Itinerario Antoniniano con due stazioni della centrale sarda a Tibula Carales:
- Hafa oggi Mores, ma Tetti pensava a Monte Zuighe-Ittireddu (24 miglia, 35 km a Nord di Molaria);
- Luguidonis c(astra) oggi Nostra Signora di Castro in comune di Oschiri (24 miglia, 35 km a NE di Hafa e 25 miglia, 37 km a Sud di Gemellae-Perfugas).
La documentazione più significativa è però rappresentata dai numerosi miliari ritrovati a Nord di Bonorva (l’ultima scoperta in località Mura Ispuntones), con la numerazione delle miglia calcolata sempre da Carales, tranne il miliario di Errianoa di Berchidda che ha l’indicazione 24 miglia, calcolate evidentemente da Olbia nell’età di Magno Massimo e Flavio Vittore. Del resto anche un miliario di Sbrangatu con 5 miglia nell’età di Costantino II (accanto a quelli con 170 miglia) ci conferma l’esistenza di un computo inverso meno frequente; ma ciò non sembra dover comportare un mutamento nella denominazione ufficiale della strada alla fine del IV secolo.
Il tratto iniziale si staccava dalla strada a Turre a Nord della Campeda di Bonorva (lungo il tratto tortuoso di Sa Pal’e Càcau); la strada per Olbia, raggiunto San Lorenzo e poi il bivio di Rebeccu, doveva toccare secondo Emilio Belli Pedra Peana e, superato su un ponte nella piana di Santa Lucia il Rio Casteddu Pedrecche, aggirava a Est la palude e raggiungeva, alle falde del Monte Frusciu, le località di Mura Ispuntones nel versante nord-occidentale dell’altopiano di Su Monte, al punto miliario 114 (168 km da Cagliari), documentato dal cippo dell’anno 248 dei due Filippi durante il governo di Publio Elio Valente.
Il punto miliario successivo era a Mura Menteda in comune di Bonorva (circa 8 km a NNE dal paese): siamo certamente al 115° miglio da Carales (170 km), come testimonia un miliario di Costante Cesare posto tra il 333 ed il 335 dal perfettissimo Fl(avius) Titianus.
La strada procedeva quindi per S’ena ‘e sa Rughe, passava il rio Badu Pedrosu, proseguiva ad Est per la borgata di Monte Cujaru, la caratteristica collina vulcanica del Logudoro, che ci ha restituito (senza la numerazione delle miglia) i miliari che attestato dei restauri al tempo di Filippo l’Arabo con il praefectus et procurator provinciae Sardiniae M. Ulpius [V]ictor, di Valeriano e Gallieno con [P. Maridius Ma]ridian[us], di Diocleziano e Galerio con il governatore Val. Fla[vianus]; il cippo dedicato a Costantino il Grande con il già ricordato governatore vir clarissimus T. Semptimius (!) Ianuarius si configura invece come un miliario “di propaganda” (si noti la formula finale devotus numimi maiestatique eius) piuttosto che prova di reali lavori condotti.
Da località ignota nei pressi di Bonorva, probabilmente in un punto corrispondente al 116° o 117° miglio, durante dei lavori agricoli svoltisi nel 1973, proviene un cippo irregolarmente cilindrico di trachite, sul quale si legge il nome di [H]eraclitus, forse riferibile al governatore della Sardegna fra il principato di Decio e quello di Treboniano Gallo e Volusiano.
La strada proseguiva lungo il viottolo campestre che costeggia Planu Chelvore presso Monte Calvia: da qui provengono i miliari con il 117° miglio da Carales, uno dei quali fu posto dal prefetto Octabianus a Massimino il Trace.
Il punto miliario successivo (dove sono stati scoperti ben cinque cippi) è quello del versante occidentale della valletta di Code all’estremo lembo orientale del comune di Torralba, con l’indicazione del 118° miglio nell’età di Elagabalo (anno 220) e del divo Aureliano. La medesima località ha restituito inoltre cippi dedicati ai Cesari Erennio Etrusco e Ostiliano, probabilmente a Decio o Treboniano Gallo e Volusiano da M. Ant. Sept. H[eraclitus], a Valeriano e Gallieno da [P. Maridius Ma]rid[ianus], per Costanzo Cloro, Galerio, Valerio Severo e Massimino Daia, forse ad opera di Valerio Domiziano, a Costanzo Cloro dal già ricordato Valerio Domiziano: in quest’ultimo caso il cippo non fu posto per un reale o presunto restauro della strada ma più verosimilmente come atto di devozione del governatore all’imperatore che nella gerarchia tetrarchica deteneva, almeno nominalmente il primato nel collegio degli Augusti.
Resti delle carraie rimangono presso il nuraghe Mendula, da dove la strada raggiungeva la depressione di Silvaru-Add’e Riu in comune di Mores, con almeno tre miliari (due con il 119° miglio da Carales) come quello di M. Ulpius Victor sotto Filippo l’Arabo o quello di M. Calpurnius Caelianus sotto Valeriano e Gallieno o quello di M. Aurelius Quintillus sotto l’impero del fratello Claudio il Gotico.
La strada raggiungeva Su Coticone di Mores, con il miliario ancora di M. Ant(onius) Sept(imius) Her[aclitus] a Decio, Erennio Etrusco e Ostiliano; toccava quindi Planu Alzolas e superava il Rio Mannu di Mores sul Ponte Edera o meno probabilmente sul Ponte Etzu di Ittireddu.
Alla periferia di Mores, in località Santa Maria ‘e Sole presso la collina dal caratteristico toponimo Montigiu de Conzos va collocata la stazione di Hafa, che si trovava secondo l’Itinerario Antoniniano 24 miglia, 35 km a Nord di Molaria; la strada toccava forse San Giovanni Oppia, la Tola di Mores e raggiungeva il bivio di Sant’Antioco di Bisarcio: qui, in località San Luca, va riportato il miliario del Cesare Delmazio che conserva la menzione del 131° miglio da Carales. La strada si dirigeva decisamente ad Est, superava quindi il Rio Mannu di Ozieri sul Pont’Ezzu di Ozieri (un grande ponte a sei arcate, lungo quasi un centinaio di metri), quindi evitava l’area paludosa del Campo di Ozieri; altri ponti sono quelli di Badu Sa Femmina Manna e di Castra, coperto dal lago Coghinas; qui la strada raggiungeva Nostra Signora di Castro in comune di Oschiri, dove localizziamo i Luguidonis c(astra) della cohors III Aquitanorum, della cohors Ligurum e della cohors Sardorum.
Come si vede, la documentazione rimastaci è abbondante e testimonia un’attenzione del governo imperiale per la viabilità tra il Meilogu, il Monteacuto e la piana di Olbia che si sviluppa soprattutto in età tardo antica: solo alla fine del IV secolo risale dunque l’edificio di Sas Presones che reimpiega miliari stradali che dall’età di Galerio arrivano almeno fino a Costantino od a Giuliano. La vitalità del territorio appare sicura almeno fino all’arrivo dei Vandali alla metà del V secolo, di cui ci rimane una testimonianza vivacissima, l’affondamento delle navi del porto di Olbia.
Si ringraziano: Franco Campus, Nadia Canu, Paola Ruggeri.
Ultimo aggiornamento Domenica 11 Agosto 2019 22:58