La scomparsa di Massimo Pittau (Nuoro 1921 – Sassari, 20 novembre 2019)
La scomparsa di Massimo Pittau ci ha colpito profondamente, ci ha commosso e insieme ha fatto emergere mille ricordi: se ne va uno studioso lucido e infaticabile, una personalità intellettuale vitale, spesso straripante, incontenibile; uno dei padri fondatori delle Facoltà di Magistero e di Lettere e Filosofia a Sassari, un maestro che ha insegnato a molte generazioni di Sardi glottologia e linguistica sarda, muovendosi come un vulcano anche in altri campi e in altre discipline (storia, etruscologia, archeologia, epigrafia). E’ stato un personaggio intelligente, tenace, serio, inflessibile, ma anche controverso e talora discusso, perché lui per primo considerava la polemica il suo elemento naturale, il sale delle sue giornate.
Viaggiando l’anno scorso tra il Museo Nivola di Orani e Isili, avevamo ricordato insieme l’episodio un po’ comico che era culminato con l’irruzione della Polizia ad Orosei al Convegno de L’Africa Romana, nel quale aveva affrontato per le spicce un celebre epigrafista, a proposito di una supposta iscrizione bilingue latina ed etrusca proveniente da quella fabbrica di reperti che è Allai. Oppure lo scontro con l’ex Soprintendente di Firenze sulla Tabula Cortonensis, chiusa per un decennio in un cassetto; del resto le polemiche più sanguinose sono state con i colleghi linguisti che studiavano l’Etrusco, anche se dobbiamo riconoscergli il merito di aver allargato l’orizzonte dei rapporti storici tra le due rive del Mar Tirreno.
Le copertine dei suoi libri erano piene di foto di iscrizioni enigmatiche, che spesso considerava nuragiche, magari come quella di San Nicolò di Trullas in greco (che si è rivelata recente) o quella vicina al nuraghe Seneghe a Suni. Mi colpiva la conoscenza profonda di tanti luoghi della Sardegna, il rapporto con la geografia (penso ai volumi I nomi di paesi città regioni monti fiumi della Sardegna e I toponimi della Sardegna - Significato e origine). La facilità di instaurare un rapporto con le persone più diverse soprattutto a Nuoro e in Barbagia, le mille curiosità che coltivava con una passione senza limiti, il lavoro davvero impressionante col quale continuava ad impegnarsi fino alle ultime settimane. Ci eravamo divertiti a vederlo all’opera a Nuoro d’estate fino a pochi mesi fa, intervenendo spesso sui social. Rimarranno le opere monumentali che ha prodotto, come per iniziativa di Paolo Pillonca il Nuovo Vocabolario della Lingua Sarda – fraseologico ed etimologico pubblicato da Domus de janas a Selargius. I tanti interventi a congressi internazionali (il primo che ricordo è quello di Alghero del 1974 per il Bollettino dell'Associazione Archivio Storico Sardo di Sassari). Con orrore mi accorgevo che cambiava spesso opinione, ma sempre con onestà intellettuale, senza esitare a correggersi, capace di trovare soluzioni inattese, spesso anche geniali.
Era nato a Nuoro nel 1921, dove aveva seguito tutti gli studi elementari e medi, compagno di classe di mia madre; si era poi laureato a Torino in Lettere (sotto la guida di Matteo Bartoli con una tesi su «Il Dialetto di Nuoro») poi a Cagliari in Filosofia, con una tesi su «Il valore educativo delle lingue classiche>>. Si era perfezionato a Firenze, poi libero docente in Linguistica, dal 1971 copriva la cattedra in Linguistica Sarda nell'Università di Sassari presso la Facoltà di Magistero, dove è stato eletto Preside e direttore di Istituto. Contemporaneamente ha tenuto a lungo l'incarico di Glottologia e di Linguistica Generale. Ha conosciuto personalmente il linguista Max Leopold Wagner, maestro della Linguistica Sarda, col quale è stato in rapporto epistolare per un decennio fino al 1962. Nel lontanissimo 1994 era andato fuori ruolo per raggiunti limiti d’età e il Preside Mario Manca con decine di colleghi lo aveva onorato con due bellissimi volumi ricordando che <<a lui la cultura sarda deve molto di più di quanto, in genere, gli si riconosca>>. In quei giorni eravamo riusciti ad ottenere per lui e per Ercole Contu il titolo di Professore emerito. È stato autore di una cinquantina libri e di più di 400 studi relativi a questioni di linguistica, filologia, filosofia del linguaggio. Per le sue pubblicazioni ha ottenuto nel 1972 il "Premio della Cultura" dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Massimo Pittau ha fatto dell’amore per la Sardegna un credo, uno stile di vita: raccontava di svegliarsi la notte dopo aver trovato soluzione ad uno dei tanti dilemmi sull’origine dei toponimi e degli etnonimi sardi. Mi sembra di vederlo sfidarmi: «lo sai qual’è l’origine del nome del popolo dei pagani Uneritani di Las Plassas?»; incuriosito tentavo di estorceglielo e lui con quella sua aria sorniona: «tanto non te lo dico, lo devo pubblicare, prima io». Caro Massimo, che conosceva a menadito le strade antiche della Sardegna, che non si fermava di fronte a nessun ostacolo, giovane per sempre, che aveva tante cose da raccontare con ironia spesso autocritica. L’elegante giovane nuorese di buona famiglia – forse mi direbbe di Nùgoro -, con quella sua poliedrica formazione, filosofo e glottologo, impegnato a tempo pieno nella vita accademica e nella ricerca, una figura le cui conclusioni scientifiche facevano dibattere, eppure un pioniere, un innovatore, scopritore dei meandri reconditi della cultura dei Sardi. Un sentire diverso che spesso gli aveva attirato critiche che oggi, sommersi come siamo da teorie fantasiose sulla cultura sarda e alla luce della sua immensa produzione scientifica, ci appaiono ingiuste e irrispettose. Generazioni di studenti hanno goduto dell’insegnamento e conservano il ricordo di questo professore, dai modi un po’ bislacchi che riusciva a conquistarli con quella sua risata furbescamente infantile. Caro Massimo, oggi ti piangono anche coloro che ti criticavano; riposa sereno, lì dove il tempo si annulla, lì dove tutto si comprende, come quei guerrieri di Mont’e Prama, la cui storia hai tanto amato. Credo che tu sia stato il primo a spostare il dibattito sul Sardus Pater e sui “giganti” sul piano della militanza e della polemica con le Soprintendenze, il primo a denunciare ritardi e inadempienze, il primo a immaginare un grande santuario federale della fine dell’età nuragica, che avrebbe voluto restaurato e studiato. Spesso hai lasciato da parte il rigore del filologo che ti caratterizzava per andare alla ricerca di storie mirabolanti e poetiche come nel bellissimo volume Ulisse e Nausica in Sardegna. Ora che, vecchio e sazio di giorni, ci hai lasciato a 98 anni d’età, vorrei ricordare la tua ironia, il tuo spirito pungente, il forte legame con gli splendidi figli e con i nipotini amati.
Attilio Mastino
Ultimo aggiornamento Lunedì 02 Dicembre 2019 20:50