60° edizione del Premio Letterario città di Ozieri.

PDFStampaE-mail

Notizie - Archivio
Scritto da Administrator | 01 Marzo 2020

Valutazione attuale: / 0
ScarsoOttimo 

60° edizione del Premio Letterario città di Ozieri
Ozieri, 29 febbraio 2020
Saluto di Attilio Mastino, Presidente della Giuria

Questa performance della Banda della Brigata Sassari, queste note meravigliose ci ricordano come la Brigata Sassari sia patrimonio comune della Sardegna, e come la storia di questo reparto militare così caratterizzato sia intrecciata con la storia delle famiglie e di ciascuno di noi, cioè con la storia dei Sardi e dell'intera Isola. La Brigata ha conservato un rapporto profondo con le persone, con le famiglie, con le istituzioni della Sardegna ed eredita oggi un patrimonio di sentimenti e di affetti che non si perdono. La banda testimonia questo senso di appartenenza, il valore identitario, il contenuto di relazioni e di rapporti, le radici profonde, una simpatia davvero unica e una vicinanza.

L’Identità diventa un concetto fondamentale nel mondo che ci è dato di vivere e di conoscere, Identità come un valore positivo fatto non di chiusure su noi stessi verso una realtà tribale ripiegata sul proprio ombelico ma esattamente al contrario, facendo leva proprio sulla consapevolezza della ricchezza della nostra storia e sull’esigenza dell’incontro con l’altro.  Anche attraverso i dati sulla composizione della truppa e sull’origine geografica degli ufficiali della Brigata Sassari emerge questo straordinario radicamento nel territorio.

Vorrei dire che sentiamo molto questo legame  e che abbiamo apprezzato la Brigata per gli interventi operativi, umanitari e militari sul campo, che abbiamo letto tante cose su di essa e che, soprattutto, sono stati riferiti tanti episodi di eroismo riguardanti non decenni lontani, ma avvenimenti molto più vicini a noi. Penso ai luoghi italiani in Afghanistan, che visitai qualche anno fa: Bala Morghab, Herat, Farah, Campo Arena. Conosciamo gli altri impegni della Brigata, in Sardegna e fuori della Sardegna, in tanti altri teatri operativi. E credo che l’occasione di oggi ponga un interrogativo: il senso di questo impegno e il futuro di questo impegno.

Il futuro dell’impegno della Brigata, per quei territori nei quali la Brigata ha speso risorse e ha pagato anche in qualche caso con il sangue, un impegno, a favore delle popolazioni che si trovano in difficoltà e che non vorremmo abbandonare. Perché riprenda il volo degli aquiloni nel cielo di Kabul, dopo un periodo lunghissimo di guerra e di devastazione. Vorrei veramente cogliere l'occasione per evidenziare l'attenzione con la quale la Sardegna segue le attività della Brigata, ricordare i sentimenti di simpatia e di affetto: dunque, grazie per essere qui, grazie per quanto avete fatto, grazie per quanto farete, soprattutto in quelle zone dove vi impegnate per costruire un futuro diverso a favore dei paesi nei quali voi siete impegnati. Il riconoscimento che oggi il Comitato del Premio ha assegnato alla Brigata rappresentata dal gen. Andrea di Stasio vuole ricordare una storia lunga che inizia con i dimonios arruolati a Tempio Pausania, a Sinnai, a Ozieri nel 1915, prosegue sull’Isonzo, sull’altopiano di Asiago, sul Piave, poi con il movimento dei Combattenti quando la storia della Brigata s’incrocia con la nascita del Partito Sardo d’Azione, con le figure di Emilio Lussu, Camillo Bellieni, Pietro Mastino, a partire dal congresso di Macomer del 14 settembre 1919, un secolo fa.

Sul fusto del candeliere in pietra collocato in Piazza Castello ed inaugurato nei giorni scorsi dal Sottosegretario Giulio Calvisi c’è una scritta:   Forza Paris.

Oggi è però un giorno dedicato soprattutto alla poesia: allora Sos benénnidos siedas poetes a Otieri.

Nel volume pubblicato nel 1992 per la 35° edizione del nostro premio, Nicola Tanda allargava il suo sguardo verso un orizzonte vasto, sul piano internazionale, e scriveva che <<il messaggio dei poeti non è mai un messaggio ottimistico, è semmai un messaggio di speranza. I poeti sono esperti del dolore ma anche dei labirinti del cuore umano, depositari di un sapere antropologico che è poi quello che riguarda l’esistenza. Occorre confrontare questo sapere con quello di tutti, con quello popolare-religioso e con quello della scienza, perché sia un sapere in grado di mobilitare le coscienze e di restituirci come dice Pietro Mura “i figli fatti fiori”. I poeti operano e hanno sempre operato in tempi lunghi e in ogni società e in ogni gruppo umano, perché si possa produrre nelle coscienze la sola rivoluzione possibile, quella pacifica e silenziosa della formazione e dell’educazione al bene>>.

Aprendo oggi solennemente questa 60° edizione del Premio, fortemente voluta dal Presidente Vittorio Ledda, dal Segretario Antonio Canalis, dalla Giuria, dal Sindaco di Ozieri Marco Murgia, dall’Assessore regionale Andrea Biancareddu, quelle parole relative al ruolo  che i poeti possono svolgere per promuovere <<la sola rivoluzione possibile>> in Sardegna mi sembrano profetiche, richiamano la responsabilità di tutti noi, impegnano gli uomini di buona volontà in una battaglia contro l’ignoranza, l’intolleranza, l’odio, perché il deserto possa rifiorire; chiedono che, dopo gli abbandoni, pensiamo ora ai ritorni; ci invitano a guardare i nostri  luoghi a partire da quel che resta; ci ricordano che occorre saper finalmente ascoltare, prendendoci cura della nostra terra e della nostra gente, ma senza localismi e chiusure, con uno sguardo che si spinge lontano con più ottimismo.

Abbiamo fatto molta strada da quando nel lontano 1956 Tonino Ledda decise di istituire la prima edizione del Premio Ozieri di poesia e letteratura Sarda: qui sono passate generazioni di poeti ma anche di studiosi dentro e fuori l’Accademia, con uno spirito di collaborazione e un entusiasmo che non è mai venuto meno grazie al sostegno del pubblico appassionato e colto che ci ha accompagnato e continua ad accompagnarci. Le opere pervenute per le tre sezioni di quest’anno intestate ad Antoni Sanna, Angelo Dettori e Antoni Cubeddu rendono bene la ricchezza di questa edizione. Desideriamo ringraziare la giuria composta anche da Francesco Cossu, Clara Farina, Dino Manca, Anna Cristina Serra, Salvatore Tola, Antonio Canalis. Li ho visti all’opera con competenza e profonda consapevolezza del proprio compito alto.

Quanta strada sia stata percorsa ce lo ricorda in questi giorni il volume di Paolo Pillonca, O bella musa ove sei tu? Viaggio nel mistero della gara poetica. Testo italiano e sardo, che presenteremo nei prossimi giorni ad Orgosolo a due anni dalla scomparsa dell’autore con l’emozione di tornare a recitare un rosario di versi conosciuti e ritrovare una serie di parole che ci sono care e che ci emozionano; soprattutto per incontrare di nuovo un amico perduto, per metterci in sintonia con il suo carattere riflessivo, rispettoso, generoso, pacato, positivo. Noi che abbiamo avuto il privilegio di conoscerlo e di averlo avuto come amico possiamo ora percorrere con lui un lungo viaggio nel mistero della gara poetica attraverso immagini, aneddoti e ricordi di un passato che amiamo. E allora dobbiamo partire proprio da Ozieri, da quel 15 settembre 1896 che vide il geniale Antoni Cubeddu promuovere la prima gara poetica in piazza, invitando solo buoni poeti, omines intreos, ai quali si assegnava la corona del successo. Il volume di Paolo completa l’analisi contenuta in Chent’annos - Cantadores a lughe ’e luna, pubblicato da Soter nel 1996, che già tracciava quella strada originale dalla quale nasce il miracolo della creazione improvvisata del verso logudorese, <<una caminera ‘e virtude pro su tempus benidore ‘e unu pòpulu chi leat alénu dae s’istoria sua pro poder atopare a cara franca cun ateros pòpulos de su mundu>>.  Questo è ora l’ultimo contributo dell’autore allo studio della poesia orale: dalla magia della creazione all’analisi dei tempi di esecuzione, dal ruolo delle donne illustrato nel primo capitolo (in principio era la poesia delle donne) a quello della critica, fino ad arrivare alle difficoltà degli ultimi tempi che, a causa del profondo cambiamento della società sarda, ne mettono a rischio la stessa esistenza.

Oggi facciamo tesoro di tante riflessioni che sono sintetizzate già nel titolo dell’opera che, con la bella Musa virgiliana, richiama la cultura classica di cui Paolo Pillonca era orgoglioso: questo volume e questa occasione mi hanno fatto venire in mente Sebastiano Satta e la gita dei goliardi sassaresi che si trattennero tre giorni a Nuoro e deposero una corona d’alloro davanti alla lapide dedicata a Giorgio Asproni dalla Società operaia. Siamo nell’aprile 1903 e il poeta di Bosa Giovanni Nurchi scriveva Unu saludu a Nuoro, giungendo in bicicletta ai piedi di quell’Ortobene ue musas ed abbas de Ippocrene / generant melodia tra sas venas. Ma gli studenti erano interessati soprattutto alle ragazze nuoresi: sas feminas sun ladras in Nuòro / ca cun s’oju nos furant mente e coro. E l’Ippocrene è la sorgente sul Monte Elicona, scaturita nel punto dove Pegaso, il cavallo alato uscito meravigliosamente dal collo della Medusa, il mostro mitologico dei mari tra la Sardegna e la Corsica, aveva colpito con uno zoccolo la roccia. Intorno a questa fonte si riunivano proprio le Muse per cantare e danzare. Tra le Muse figlie della Memoria: Talia, è la musa della poesia pastorale, Eràto, la musa della poesia d’amore, Euterpe, la protettrice della poesia lirica e della musica, Calliope la musa della poesia epica. Donne, perché Sa Poesia de sas Fèminas – ha scritto Piera Cilla – è una componente fondamentale della creazione poetica, come testimonia anche l’edizione di quest’anno del Premio.

Oggi però guardiamo al futuro, facendo tesoro di tante cose che partono dalla cultura classica ma toccano tutti noi; penso all’attentato del 18 marzo 2015 al Museo del Bardo a Tunisi con lo sfregio al Mosaico di Sousse che rappresenta Virgilio tra le Muse (Clio col rotolo della storia e Talia con la maschera comica).  Apparentemente il male che trionfa sul bene.   Ma sarebbe un’impressione sbagliata: noi tutti abbiamo reagito e siamo in campo con energia e voglia di fare. Del resto come non richiamare il ruolo che il nostro Premio ha svolto e può ancora svolgere per l’incredibile sviluppo che ha avuto negli ultimi anni la poesia al femminile in Sardegna ?  O per la promozione della lingua, della cultura e della storia della nostra isola ? Per una politica linguistica nuova, per uniformare le regole della scrittura, con le prime norme proposte dalla commissione composta da Antonio Sanna, Enzo Espa e Massimo Pittau, che ci ha lasciato qualche settimana fa.  Per dare dignità e dimensione alta al talento dei poeti ? Oppure come non pensare al fatto che il Premio, i tanti premi letterari che ne sono derivati  hanno favorito mille incontri tra tante storie diverse, tra tanti luoghi meravigliosi, tra tanta gente che non conosce la solitudine ? Che è pronta a spendersi e ad amare ?  Penso ai due poeti Cicitu Masala (presidente della Giuria nel nostro Premio negli anni 70) e Benvenuto Lobina (primo vincitore del premio Ozieri nel 1964 in lingua campidanese), poeti che Giulio Angioni poneva al vertice della poesia moderna.  Ma lasciatemi ricordare anche Nardo Sole, vice presidente della Giuria negli anni 80, i miei amici cagliaritani Aquilino Cannas, Fernando Pilia e tanti altri. Premiare i poeti ad Ozieri significa allora laurearli, riconoscerli, consegnar loro idealmente una corona, come diceva Antoni Cubeddu a Pitanu Morete di Tresnuraghes, bravo ma troppo orgoglioso di se:

Cando ti ‘antas mezus de ognunu

Faghes in modu chi de te si rian.

Pro chi avalorados bene sian

Sos meritos che in te connotos sunu

Iseta chi a tempus oportunu

Sa corona sos ateros ti dian.

Si ti la tessis tue pagu durat:

su ‘entu dae testa ti la furat.

Se questo è tempo di bilanci, è anche tempo di sciogliere gli ormeggi e di imbarcarci verso un futuro che vorremmo più positivo e più felice: con una forte saldatura con le nostre radici più profonde e insieme con la speranza che la sensibilità dei poeti possa domare le fiere e soffocare l’odio. Così raccontano due altri mosaici romani trovati in Sardegna, quello scoperto a Cagliari alla fine dell’età spagnola al tempo di Filippo V ed ora conservato a Torino oppure quello di Porto Torres, venuto alla luce di recente e che compare sulla retrocopertina del nostro volumetto, che ci ricordano il mito di Orfeo (figlio della musa Calliope) e il suo amore per Euridice, la sua dolce sposa,  morta per il morso di un serpente in un prato mentre correva tentando di sottrarsi alle attenzioni del pastore Aristeo, il figlio di Apollo e della ninfa Cirene, il mitico colonizzatore della Sardegna. Orfeo, disperato, allora intonò canzoni così cariche di disperazione che tutte le ninfe e gli dei ne furono commossi. Gli fu consigliato di scendere nel regno dei morti per tentare di convincere Ade e Persefone a far tornare in vita la sua amata. Da allora le sue canzoni riuscirono ad addolcire le bestie, a far piangere le Erinni.

I poeti hanno questo dono speciale, hanno sensibilità e cuore, suscitano emozioni, spingono le persone ad agire per obiettivi alti e positivi: il nostro Premio vuole soprattutto raccogliere queste eredità e riuscire a darci emozioni e sentimenti.

Ozieri, 29 febbraio 2020.

Ultimo aggiornamento Domenica 01 Marzo 2020 21:24

Multa venientis aevi populus ignota nobis sciet
multa saeculis tunc futuris,
cum memoria nostra exoleverit, reservantur:
pusilla res mundus est,
nisi in illo quod quaerat omnis mundus habeat.


Seneca, Questioni naturali , VII, 30, 5

Molte cose che noi ignoriamo saranno conosciute dalla generazione futura;
molte cose sono riservate a generazioni ancora più lontane nel tempo,
quando di noi anche il ricordo sarà svanito:
il mondo sarebbe una ben piccola cosa,
se l'umanità non vi trovasse materia per fare ricerche.

 36 visitatori online