Bolontana, Badd’e salighes
10 settembre 2022, ore 10,30
solo l’ostinazione di Mario Bussa mi conduce di nuovo qui a Badd’e salighes. Ho i saluti del gen. Luciano Carta, premio Navicella 2022. Il 26 luglio 2020, due anni fa, eravamo qui per discutere sullo straordinario diario di Donna Vera Mameli Piercy Nel Mezzo della vita, curato da Giorgina Mameli Giustiniani.
L’anno scorso, il 20 giugno 2021 abbiamo presentato il volume di Luciano Carta Dal Galles alla Sardegna, Benjamin Piercy e le ferrovie con le pagine di Patrizia Onnis dedicate ai beni culturali e ambientali del territorio di Bolotana, dall’inquadramento geologico fino alla vetta di Punta Palai a 1200 metri, alla flora alle grandi opere megalitiche, i circoli rituali di Ortachis, le domus de janas, i circa 50 protonuraghi e nuraghi, i pozzi sacri, le tombe di giganti, la fortezza punica di Pabùde, le tanti insediamenti romani, i bizantini con i monaci Armeni, l’età giudicale verso il castello di Burgos, la chiesa di san Bachisio, fino ad arrivare a Padru Mannu e a questo castello incantato in quella foresta di lecci, roverelle, sughere che tanto avevano colpito il viaggiatore inglese e i suoi discendenti.
In precedenza avevamo presentato il volume curato da Diego Satta Tra il Galles e la Sardegna, con la storia della famiglia Piercy. Perché, quello che in Sardegna chiamavano Beniamino, il capostipite di una famiglia numerossima, inizialmmente 9 figli, tre maschi e sei femmine, aveva una passione per i treni che aveva poi saputo trasmettere quasi per contagio a tutti i suoi parenti: per usare le parole del diario di donna Vera <<il nonno nacque a Trefeglwys nel Montgomerishire nel 1827 – sarebbe morto nel 1888- , appena in tempo per contrarre la “febbre della ferrovia”. E’ strano quanti uomini del suo tempo siano nati con quell’attrazione per il mondo del vapore, senza nessun interesse ai cavalli quando, a quel tempo, cavalcare era una necessità>>.
Infine oggi dopo un anno torniamo – forse finalmente usciti dalla pandemia - a Badd’e Salighes a parlare dei temi che ci sono cari e presentare il volume di Lorenzo Del Piano sulla Compagnia Reale delle ferrovie sarde e di Sara Maria Demelas su Badde e salighes e i Piercy, edito dall’Associazione Culturale Benjamin Piercy Bolotana nata il 29 ottobre 2019, con la presentazione del Presidente.
Lasciatemi allora ricordare – come ha già fatto Mario Bussa – che un anno fa era tra noi la prof. Susi Trova, ancora in servizio come professoressa di Storia contemporanea e di Storia del Risorgimento nell’Università di Sassari: Susi era rimasta incantata dai luoghi, dalle persone, dalle curiosità e dalle passioni degli amici dell’Associazione Piercy. Aveva trascorso con noi quello che considerava uno dei giorni più belli della sua vita, curiosando a NS di Sauccu, forse l’antica Berre, interrogando gli operai inviati dal comune di Bortigali a ripulire dalle foglie le piccole piazzette che si aprono tra gli alberi e le strane capanne circolari che pian piano diventano villette, i muristenes, la chiesa, i campi di fronte, un tempo seminati a grano.
Scherzammo sul conflitto latente tra Bortigali e Bolotana, sulla competizione nella devozione alla Vergine del salice, sulla strana articolazione dei confini comunali sul costone del M. Palai verso i mille metri del monte Santu Padre, nel Marghine, in direzione del Goceano. Un luogo di incontri antichi, basta pensare agli Iliensi di Molaria, e di incontri moderni, di boschi e di acque sorgive. Allora Ignazio Camarda ci aveva spiegato la vicenda del giardino botanico montano voluto dalla famiglia inglese, era seguito il nostro incontro qui in questo prato, il rapporto amichevole con le persone, a due passi da noi il bosco, Ortachis, il parco di Pabùle, Frida, Padru Mannu, che all’arrivo avevamo visitato rapidamente: quasi una quinta cinematografica di un film con l’antico caseificio, la vetreria, le abitazioni dei contadini, le stalle, l’ovile, la direzione, lo spaccio, la scuola, nella chiesa del Sacro cuore la tomba dal giovane Piercy, morto in sidecar a Scala di Gioca. Padru Mannu si trovava in passato sulla strada Reale, verso il punto culminante della Campeda attraversata dalla Karalibus Turrem dal quale provengono tanti miliari romani pubblicati da Theodor Mommen. Qui era stata fatta passare la ferrovia – i maligni dicono per comodità dei Piercy.
Con me la Trova aveva manifestato in mille modi la sua amicizia, trovando documenti, scavando negli archivi su temi che sapeva a me cari, regalandomi tante cose inedite e per noi due preziose: le cento città d’Italia di inizio Novecento, Bosa, Oristano, Sassari, Iglesias in due esemplari. Le bellissime stampe relative alla stazione sanitaria dell’Asinara del 1915-16. Frammenti di lettere di corrispondenti di Theodor Mommsen, altre indicazioni di carte inedite conservate in archivi difficilmente accessibili, che sapeva scovare. La nascita delle ferrovie in Sardegna, tema sul quale aveva iniziato a lavorare.
Credo che in quei giorni Susi abbia preso la decisione di donare la sua biblioteca all’Associazione: era seguito l’intervento chirurgico al cuore, il 18 novembre 2021.
Prima di partire per Torino mi aveva chiamato più volte per sentirmi, per raccontare e per progettare un futuro che desiderava davvero. Non allarmata ma consapevole serenamente delle difficoltà dell’operazione cui sarebbe stata sottoposta. Rimane un po’ il rimpianto per non averla dissuasa, per non averle parlato di più, per non averle detto la mia gratitudine. E ora il senso della perdita di una persona tanto cara e la fine di un rapporto che si reggeva più sugli sguardi che sulle parole.
Oggi la decisione della sua famiglia di rispettare la sua volontà e siamo qui anche grazie al lavoro svolto da tanti altri amici e parenti, prima tra tutti la carissima Maria Grazia Cadoni, che è qui con noi stamane e che si era incaricata di selezione dei volumi da portare nella casa nel bosco.
Proprio della ferrovia parliamo oggi partendo dalle pagine di Lorenzo Del Piano, che Maria Speranza ci ha consentito di riproporre attingendo all’articolo di Studi Sardi del 1968: un lungo lavoro di ricerca che si colloca oltre 50 anni fa all’inizio delle ricerche scientifiche su questo tema, che hanno conosciuto uno sviluppo davvero rimarchevole dei temi negli ultimi tempi. Lorenzo Del Piano, scomparso a Cagliari nel 2009, ha insegnato anche lui Storia del Risorgimento e Storia contemporanea dedicandosi a progetti di ricerca come la crisi politica e sociale tra il Settecento e l’Ottocento, il primo dopoguerra e il fascismo, la Sardegna autonomistica e le politiche della rinascita, con contributi fondamentali alla storiografia sarda, a partire dal volume sulla Sardegna nell’Ottocento e dall’opera che studia il rapporto tra questione sarda e questione meridionale, direi quistione pensando a Gramsci. Io personalmente lo ricordo passeggiare per pomeriggi in interi sul lungo corridoio al III piano della Facoltà di Lettere su Pazza d’armi a Cagliari, davanti alla Biblioteca dov’era il mio ufficio, fischiettando uno strano motivetto che è rimasto caro a me e al suo allievo Franco Atzeni, poi direttore del Dipartimento di storia.
In questo articolo – davvero precoce, pieno di dati raccolti in biblioteca e negli archivi - si parte dalla proposta del marchese Ignazio Aymerich del 1860 raccolta dal governatore di Cagliari Mathieu e dalla legge del 4 gennaio 1863 che faceva propri i suggerimenti del mazziniano italo-londinese Gaetano Semenza e del ministro delle finanze Sella, dei LLPP De Pretis e dell’Agricoltura Pepoli. Ha scritto recentemente Antonio Saletta che <<l’intraprendenza di Gaetano Semenza si manifesta nel 1862, quando riesce a coinvolgere esponenti della City londinese nell’impresa di costruire linee ferroviarie in Sardegna, con la costituzione della società “Compagnia Regia delle Strade Ferrate in Sardegna” formata a Londra il 2 giugno 1863. L’interesse dei finanzieri inglesi è rivolto alla possibilità di ottenere dei terreni – inizialmente 300 mila poi 200 mila ettari ex ademprivili derivati dal feudalesimo mummificato dagli spagnoli in Sardegna - su cui coltivare quel cotone che la guerra di secessione americana aveva sottratto all’Europa, oltre a poter collocare i prodotti ferroviari (binari, locomotive, vagoni) di cui l’Inghilterra è la maggiore produttrice>>. Il progetto prevedeva la nascita in 17 anni dell’intera rete stradale sarda ed in 6 anni di una strada ferrata Cagliari-Sassari-Portotorres e diramazioni per Decimomannu e Ozieri , Terranova-Olbia-Golfo Aranci.
Le date sono importanti, perché l’unità d’Italia era stata ottenuta appena due anni prima il 17 marzo 1861, mentre la fine dello Stato Pontificio è solo del 1870.
Sorprende la centralità della questione sarda e della questione delle ferrovie negli anni che hanno preceduto e immediatamente seguito l’unità d’Italia, in un paese sconvolto dalla povertà : e ciò soprattutto se confrontiamo questa impresa straordinaria, che nonostante i fallimenti e il malcontento, addirittura gli scioperi e le rivolte degli operai continentali, fu conclusa entro il 1880, da una parte; e le lungaggini delle Ferrovie dello stato nell’ammodernamento delle ferrovie di oggi : certo che se i parlamentari sardi dei nostri tempi si fossero davvero impegnati – penso ai due presidenti della repubblica – per un collegamento veloce tra i tre porti della Sardegna, l’isola avrebbe potuto avere un insediamento diffuso e meno squilibrato, una crescita economica più significativa, un recupero di molti svantaggi legati all’insularità, tema presente fino al 2001 in costituzione ed ora fortunosamente reintrodotta, speriamo con vantaggio di tutti.
Già il Barone Manno parlava del debito dell’Italia unita verso la Sardegna e accennò alle ferrovie come “un raggio promettitore di miglior avvenire” che sarebbe stato politicamente inopportuno spegnere, per il dovere dello Stato di abbreviare le distanze fra tutti i punti del territorio nazionale anche grazie al porto di Terranova.
Il poeta Paolo Mossa nel 1863 cantava a Cagliari con toni manzoniani:
Si mutano in campi le lande deserte
Di mille abitanti le rupi coperte
Son tolti alla terra gli ascosi tesor
Al cupo silenzio di nostre colline
Sottentra il fragore di mille fucine.
L’anno successivo veniva approvato il regolamento per lo scorporo e l’assegnazione ai concessionari dei 200 mila ettari, molti – le cussorgie - fin là destinati alla pastorizia nomade, ma anche quelli che senza legittimo titolo erano goduti e posseduti da privati.
Come sappiamo l’obiettivo della costruzione di una linea ferroviaria da Cagliari ai due porti del nord dell’Isola, Terranova Pausania e Porto Torres, si rivelò nell’Ottocento subito difficile a causa di problemi finanziari e politici, la rivolta delle popolazioni espropriate dei terreni sottoposti da secoli ad usi civici comunitari. Molte allora furono le inadempienze e le ambiguità del Governo italiano che provocarono malumori tra i finanzieri inglesi e gli altri soci, compreso il marchese Gustavo di Cavour: essi nel 1872, abbandonano l’impresa, costringendo il Semenza a coinvolgere la Banca Italo-Germanica che impiegò i soldi della Compagnia in affari poco sicuri. Gaetano Semenza vide andare in fumo i propri soldi e perse il contratto di costruttore.
L’imprenditore, che in Sardegna perse enormi capitali, fu costretto a liquidare il suo patrimonio. Nel suo libro “Memorie sulle Ferrovie sarde”, scrive di aver perso una fortuna compromettendo anche la salute. Nel frattempo la Compagnia ritornò in mano alla City londinese che concluse, il I luglio 1880, nella sua estensione completa, la linea ferroviaria. Per arrivare all’obiettivo furono affrontati molti scogli, primo tra tutti il tracciato tra Oristano e Ozieri per la Valle del Tirso, l’esclusione di Nuoro, la scelta di Chilivani, i collegamenti tra Decimomannu e Iglesias, tra Sassari e Porto Torres. Vediamo particolarmente attivi alcuni presidenti delle società operaie di mutuo soccorso e parlamentari come Giorgio Asproni.
Del Piano ricostruisce nel dettaglio solo i primi cinque anni, le ragioni degli scioperi, il rimpatrio di tanti operai, i tumulti del 1865, l’intervento dei carabinieri, il variare delle paghe davvero da fame, con salari giornalieri liquidati con difficoltà dalla Società, gli alloggi inadeguati, i comizi di protesta con i giornali che sostenevano la Compagnia reale delle ferrovie (La Gazzetta popolare) oppure come Il Corriere di Sardegna che denunciavano prepotenze dei costruttori e ingiustizie, mentre si procedeva lentamente ad avanzare da Cagliari verso Oristano o sull’altra linea verso Siliqua. Caduta quasi completamente la possibilità di utilizzare le terre ademprivili, lo stato riconobbe alla Compagnia reale un compenso da 9000 a 15 mila lire a km.
Protagonista dell’impresa fu dall’inizio Benjamin Piercy, azionista, ma anche progettista e responsabile della Compagnia reale - controllore controllato, con la sua base a Macomer e a Padru Mannu. Ne parla nel suo ultimo libro anche il nostro amico Edward Burman visiting dell’Università di Liverpool, che ci ha lasciato alcune delle pagine più straordinarie sulla storia di questa tenuta: <<un altro inatteso pezzo di storia prettamente sarda è reso manifesto dall'edificio noto come Villa Piercy vicino a Bolotana nella foresta di Badde'e Salighes 30 chilometri a ovest di Nuoro>>. L’avventurosa vita di Benjamin Piercy tra Londra, la Francia, l’India, la Sardegna, per l’impresa della nascita delle ferrovie per iniziativa di un gruppo di inglesi italofili, la modifica del percorso con la riduzione dei tunnel sulle montagne da 20 a 3 km e il conseguente risparmio finanziario, partendo dalla nascita a Londra il 2 giugno 1863 della Compagnia Reale delle Ferrovie Sarde per opera di William Webb Wenn, con latto notarile firmato presso il notaio John Wenn e figli, col coinvolgimento del Marchese di Cavour, fratello maggiore del Conte Camillo; il Conte Alberto La Marmora; lo stesso Benjamin Piercy e altri inglesi compreso il deputato Thomas Barnes, presidente della Compagnia delle ferrovie del Lancashire e dello Yorkshire e Henri Riversdale Grenfell deputato e governatore della banca d’Inghilterra. Tutto ciò dà oggi la dimensione dell’impresa Siamo a tre anni di distanza dalla Spedizione dei mille e a due anni da quel 17 marzo 1861 quando fu ufficializzata la nascita del Regno d’Italia. Questioni che si legano con l’esilio a Londra di Giuseppe Mazzini, scomparso nel 1872, con l’amicizia di Piercy con Gaetano Semenza a Londra tra il 1851e il 1866, vero protagonista della vicenda, deputato del Regno d’Italia tra il 1865 e il 1874 tra Firenze e Roma capitale.
Già nel 1864, approvato il progetto, Piercy è ingegnere capo con l’impresa Smith Knight and Co. di Londra; egli mette inizialmente la sua base a Cagliari ma poi trova naturale spostarsi a Macomer dove si incrociava la ferrovia per Ozieri e Sassari con il progetto dei due tronchi a scartamento ridotto per Bosa e per Nuoro. A Macomer presso la stazione costruisce la sua casa. Burman è colpito dalla vastità delle due uniche stanze a pianoterra destinate a uffici e poi da quelle, del primo piamo dove fu offerto – scrive la nipote – un banchetto con 200 ospiti; stanze più numerose, per la famiglia al secondo piano, 9 figli, personale di servizio, ecc. Sarebbe piuttosto un blocco monotono se non fosse per la struttura centrale a torre che contiene un'imponente scalinata. Quello di Badd’e salighes – scrive Burman - fu invece inizialmente un casino da caccia a mille metri di altitudine entro una tenuta di 3700 ettari di foreste, trasformato dal secondo figlio Henry Egereton Piercy in un elegante edificio simile a un castello su una piazza in un vicino villaggio che ora è quasi deserto; ma forse egli pensava anche al caseificio di Padru Mannu, a questo incredibile borgo abbandonato sulla strada romana, speriamo presto riconociuto un luogo del cuore del FAI.
Piercy fu come sappiamo amico di Giuseppe Garibaldi, che lo convinse a coinvolgere il figlio Ricciotti nell’impresa ferroviaria in Assam nell’India nord orientale. Il suo ritiro sa Marchwiel Hall presso Werexham e la sua morte a Londra nel 1888 arrivano dopo la conclusione dell’indagine del deputato Robert Tennant (autore dell’inchiesta sulle risorse minerarie, le cui conclusioni sonio confluite nel libro La Sardegna e le sue risorse 1885). Il cognato Charles Davies fratello della moglie Sarah sposata nel 1857, sarebbe scomparso a Cagliari nel 1891. Burman segue i discendenti a Porto Pino, Chia, Sant’Antioco. L’attività del terzogenito Benjamin Herbert a Badd’e salighes, l’allevamento dei cavalli, la prima produzione di latte sterilizzato in Italia. Infine Donna Vera scomparsa nel 1979 e Giorgina Mameli-Piercy Giustiniani, nata nel 1942.
Una storia che ritorna nella seconda parte di questo volume e nelle pagine scritte da Sara Maria Demurtas per Architettura del paesaggio, l’insegnamento tenuto da Mauro Gargiulo nell’Università di Sassari: la tesi sintetizza e studia analiticamente l’intera vicenda delle ferrovie dello Stato e delle ferrovie a scartamento ridotto. Con gli alti e i bassi nel rapporto tra Bolotana e la Reale Compagnia delle ferrovie, in particolare con il Piercy, denunciato dall’allevatore Billia Uda, i riconoscimenti concessi al comm. Benjamin Piercy, cittadino onorario di Bolotana nel 1882, e dopo la morte persino da Macomer nel 1897.
Nella motivazione della delibera di Bolotana si legge che il consiglio comunale il 2 maggio 1882 << in segno di riconoscenza per gli ingenti miglioramenti fatti nei vari territorio di questo comune, impiegando centinaia di operai in annate di miseria e di mancanza di lavoro, nominava il Commendatore Beniamino Piercy, nativo di Wales (Inghilterra), cittadino di Bolotana. Non sardo è oggi il primo proprietario di fondi rustici in Sardegna; ha vasti predi a Macomer e a Chilivani; sono sue le foreste di Bolotana e Laconi; ed ha gran parte di proprietà nella foresta di Oriddu nel circondario di Iglesias. A nessun sardo egli è secondo nel voler l’isola progredita; non distrugge le piante, le coltiva; e la foresta di Bolotana è un tenimento stupendo e là a Padrumannu ci sono le vacche di razza sceltissima e si coltivano i foraggi e si raccoglie il fieno e si fa del burro eccellente…>>.
Qualche anno dopo La Nuova Sardegna del 26 dicembre 1908 avrebbe scritto: <<Badde Salighes è figlio di un madornale errore commesso dalle imprevidenti amministrazioni che addivennero alla divisione della montagna e di quell’altro ancora che commisero i comunisti ignoranti nel vendere le loro ricchezze al Piercy, per un prezzo immensamente inferiore a quello che il medesimo seppe trarre da un taglio a sterzo delle piante del bosco acquistato. Ma Beniamino Piercy, uomo di larghe vedute e d’intelligenza straordinaria, seppe allontanare da se la possibile conseguenza della delusione di un popolo, studiandosi di renderlo amico, e vi riuscì facilmente, trasformando gli incolti terreni in deliziosi giardini, ricchi di freschi zampilli, promuovendo lo sviluppo agricolo e armentizio, dando mano alla costruzione di molti e comodi edifici atti a raccogliere i suoi dipendenti, di stalle per glu animali e per la civettuola villa padronale, dando così lavoro a migliaia di operai di Bolotana, guardagnandosi la generale riconoscenza>>.
Il lavoro di Sara Maria Demontis si concentra soprattutto su Badd’e Salighes, la localizzazione geografico-climatica del territorio., la villa, la cronologia delle modifiche intervenute nel tempo, gli orti botanici, il giardino botanico montano di Badd’e Salighes, le specie botaniche presenti in quest’area; poi Padru Mannu, l’azienda agricola di migliaia di ettari in comune di Bolotana, Lei, Silanus, Macomer, Bortigali, la produzione e la vendita del latte a Cagliari, il formaggio.
C’è nei documenti raccolti anche una traccia delle false carte d’Arborea ottocentesche a proposito della corsa ad ostacoli a cavallo steeple-chase, con le parole dal diario di fine Ottocento del cavallerizzo Benjamin Herbert Piercy : <<E’ divertente pensare che ho il record per aver vinto il premio steeple-chase disputato in Sardegna, a parte naturalmente Iolao (nipote di Eracle e mitico eroe dell’epos in Sardegna) che corse un match abusivo sulla strada con il Sardus Pater.>>
Una vicenda totalmente inventata e non è ricordata da nessuna delle fonti classiche, anche perché Iolao è il dio greco che secondo un mito del VI secolo a.C. avrebbe dato il nome agli Iolei, così come Troia, Ilio è la città che avrebbe dato il nome ai troiani Iliensi di una leggenda latina riferita all’inizio del II secolo a.C. dopo il Bellum Sardum di Ampsicora (p. 142): il che mi aveva fatto dubitare per un attimo ell’autenticità dell’iscrizione degli Ilienses incisa sull’architrave del nuraghe Aidu Entos a Mulargia.
Come oggi sappiamo si tratta di una gara ippica disputata su un percorso ad ostacoli. La gara nacque in Irlanda e si è poi diffusa nel Regno Unito, in Canada, negli Stati Uniti d'America, in Australia e in Francia. Il nome deriva dalle prime gare in cui l'orientamento della corsa aveva come riferimento il campanile (in lingua inglese steeple) di una chiesa, mi immagino il campaniletto della chiesa del Sacro Cuore di Padru Mannu, saltando recinzioni e fossati e, in generale, attraversando i numerosi ostacoli che si presentano in campagna.
Il capitolo 4 è dedicato ai discendenti di Benjamin Piercy dopo il 1883, Henry Egerton Piercy, vissuto tra il 1866 e il 1929, quando scompare in un incidente aereo, amante del mare, risiedeva nella Villa Piercy-Corridori a Porto Pino.
Benjamin Herbert, penultimogenito, nato nel 1871, costretto a rientrare in Inghilerra alla scoppio della seconda guerra mondiale, morto nel 1941. Fu lui a ottenere nel 1903 il riconoscimento da parte del prefetto di Sassari di Badd’e salighes come borgata autonoma, ma la ribellione della popolazione di Bolotana portò due anni dopo alla revoca del decreto prefettizio che avvantaggiava enormemente la famiglia inglese.
Poi Vera Norina Piercy Mameli, vissuta fino alla fine degli anni 60
Giorgina Mameli Giustiniani 1934- Veneto.
Infine la bella appendice documentaria dall’archivio storico di Macomer, con manifesti, atti di vendita, documenti di vario tipo, diari.
L’Archivio di Stato di Nuoro conserva i documenti sulla vendita di Padru Mannu e Badd’e Salighes nel 1934 con la insolita preoccupazione del Prefetto di Cagliari e del Questore di Nuoro sul pagamento – mai perfezionato – con 800 mila sterline inglesi, che si aggiungevano a 700 mila lire italiane.
Infine le pagine di alcuni diari e un dattiloscritto inglese di Benjamin Herbert con molti luoghi comuni sui sardi venales di Cicerone (erroneamente di Livio), alius alio nequior, Epistolae ad familiares, VII, 24, 2, sardi schiavi da vendere, uno peggiore dell'altro.
E poi in ricordo un una lontana lettura, il settecentesco Eugene Aram 1704-1759, morto in carcere impiccato, con una rappresentazione tragica della arretratezza della Sardegna, ripresa dal romanzo The Dream of Eugene Aram, su una strada che sarebbe stata percorsa da George Orwell:
<<e parlava allora di uomini neri, e omicidi nelle caverne, e gente sola fuori dall'invisibile, e si nascose in tombe improvvise>>, che ricorda Sos omines anticos de Ortakis di una poesia di Ignazio Camarda.
Sorprendenti luoghi comuni applicati alla Sardegna dal giovane Piercy che non hanno impedito alla famiglia di amare l’isola e di contribuire a costruire il suo futuro.
Infine, come dimenticare la povera Zonchedda del romanzo Istevene di Stefano Bitti ? Era l’ultima figlia di Pauledda e di Bachis Mulas, l’uomo che a Badd’e salighes sussurrava ai cavalli, fuggito con un’attempata signora inglese. La figlia da ragazza aveva conosciuto il bovaro Dandalu in occasione della festa di San Giorgio martire nella piazzetta del mercato, aveva vissuto qualche tempo di felicità, ma poi lo sposo era caduto nella guerra in Spagna tra le montagne della Sierra Nevada. Morendo Dandalu l’aveva condannata ad una povertà senza limiti nel tugurio di sa Pinnedda, oltretutto sottoposta ai lazzi crudeli dei vicini quando con le capre affrontava la forra di Tremene ‘e Untana. Durante una tempesta di neve, a Bitti, la povera Zonchedda perde il caprone nella sua casa di sa Pinnedda sotto Ispruile e poi muore lei stessa. Una vicenda terribile che ci fa toccare, con le parole di un romanziere che abbiamo amato, l’abisso della tragedia della Sardegna di un tempo lontano.
Ultimo aggiornamento Giovedì 15 Settembre 2022 23:10