La romanizzazione della Sardegna (A bonas o a malas) di Pietrino Soddu, Edes 2022

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Scritto da Administrator | 16 Novembre 2022

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La Nuova Sardegna 16 novembre 2022

Pietrino Soddu continua la sua riflessione non convenzionale sulla storia della Sardegna, leggendo ora la lunga fase romana con gli occhi emozionati e commossi di un esordiente, quasi uno studente che scopre un mondo nuovo e inatteso: aveva presentato questo suo progetto cinque anni fa a Manlio Brigaglia ed a me in un bar di Viale Umberto a Sassari, con il desiderio di coinvolgerci, per arrivare in profondità, conoscere meglio i documenti, raccogliere informazioni,  collegare alla storia la geografia dell’isola che gli è più abituale, partendo dai monti che chiudono la prima Vallata del Tirso occupata dagli Iliensi per andare alla ricerca delle continuità, delle trasformazioni, delle radici dell’identità della Sardegna di oggi.

Il punto di osservazione sono ovviamente le sorgenti salutifere delle Aquae Lesitanae e la città di Lesa e poi Benetutti con Sa Costera (ancora nell’Ottocento punto terminale dell’abigeato) e poi la Barbagia, luoghi che conservano le fasi più arcaiche della lingua latina, ma anche territori che l’autore considera suoi ed ai quali continua ad appartenere fino in fondo. La scena è animata – in prosa  ed in poesia – dagli interventi di tanti personaggi diversi, capaci di render conto della varietà delle interpretazioni e dei molti riflessi sulla storia lunga dell’isola.

A parte la sorpresa per l’impegno davvero significativo, debbo dire che ho apprezzato la freschezza, lo sforzo interpretativo, la voglia di verificare le posizioni di Emilio Lussu, Giovanni Lilliu, Manlio Brigaglia, Giulio Angioni, Ettore Pais, Piero Meloni, fino all’ultima generazione di storici, sempre cogliendo il progresso dell’interpretazione con lo scopo di guardare all’avvenire della Sardegna, alla sua resurrezione dopo la lunga fase coloniale, per capire il contributo della cultura latina, le eredità, ma lasciando alle spalle ideologie e luoghi comuni.

Già Robert J. Rowland considerava troppo semplicistico il concetto di “isolamento” per la Sardegna interna, abitata da popolazioni locali ribelli ai Romani e resistenti grazie all’insularità ed all’asprezza del rilevo geografico della Barbagia, tema che dovrebbe essere verificato da un punto di vista territoriale e valutato nelle diverse epoche storiche. Questo cliché sarebbe per gran parte determinato dall’unilateralità della documentazione ed in particolare dal fatto che la letteratura antica si è occupata della Sardegna quasi esclusivamente in occasione della sanguinosa conquista e delle diverse ribellioni. La ricostruzione storica non può partire da formule, ma deve tener conto della complessità delle situazioni: le influenze esterne incrociate sulla Sardegna non possono essere definite sbrigativamente come “interferenze” su una cultura di sostrato solida ed immutabile. Quella sarda fu una società tradizionale e fortemente conservatrice, certo, ma costantemente trasformata e rinnovata dall’esterno. Gli indici di romanizzazione della provincia, se attestano attardamenti e resistenze e se testimoniano una vasta povertà rurale in alcune aree, confermano però che i Romani non furono soltanto degli esploratori e dei rapaci sfruttatori delle risorse locali, ma contribuirono a trasformare l’intera società sarda, garantendo lunghi periodi di prosperità. L’esperienza romana fu dunque più vasta e più profonda di quanto non sia stato fin qui supposto: in questo senso la Sardegna, periferica da un punto di vista culturale ma collocata geograficamente al centro dell’impero, fu in età romana il grande ponte attraverso il quale passarono innovazioni e rivoluzioni culturali originatesi nelle diverse rive del Mediterraneo: esplorare il confine tra romanizzazione e continuità culturale è compito che lo storico deve ancora affrontare, al di là della facile tentazione di impossibili soluzioni unitarie.

Le origini contano e l’a. ritiene ora che attraverso il porto di Olbia e (addirittura) la Gallura dei Corsi la cultura romana sia penetrata profondamente in Sardegna: superata la fase delle rivolte, da Ampsicora in poi, superata la “depressione demografica” causata dalle grandi spedizioni militari come quella di Sempronio Gracco, di Cecilio Metello, Aurelio Oreste, già con Cicerone si pone il tema della consapevolezza dell’esistenza di una “nazione sarda” che aspetta un suo riconoscimento : secondo Pietrino Soddu un’ipotesi sorprendente potrebbe esser quella che segrete carte di Cesare trovate da Marco Antonio dopo le Idi di Marzo potessero conservare tanti progetti, con le idee definite nella lunga visita a Caralis e nel soggiorno in Sardegna: il dittatore si sarebbe proposto di abolire la provincia romana, responsabile di tanti massacri con i suoi legionari e i suoi proconsoli, per immaginare una fase nuova, di sviluppo civile, voluto dai populares per i loro sostenitori sardi, divenuti cittadini romani, soggetti di diritti, capaci di riconquistare nella pace l’antica libertà. Naturalmente nessun rapporto col fatto che Soddu sia stato uno degli ultimi Presidenti della Provincia di Sassari. Qui il tempo si sarebbe misurato in un altro modo e avrebbe finito per diventare uno spazio dove potevano vivere sia i vincitori che i vinti, gli oppressi e gli oppressori, i sani ei malati, i poveri e i ricchi. È forse una visione velleitaria, ma lo sguardo dovrà in futuro certamente estendersi al secolo d’oro dell’età romana, quello degli Antonini, per spingersi forse fino ai nostri giorni.

Del resto noi possiamo affermare che l’identità della Sardegna di oggi è fortemente influenzata dalle eredità romane, espressione di una storia lunga che in qualche modo condiziona anche la società contemporanea: la lingua sarda innanzitutto, la toponomastica, ma anche i percorsi della viabilità, il paesaggio trasformato dall’uomo, le bonifiche delle aree palustri, alcune forme dell’insediamento, le vocazioni stesse del territorio, le colture agricole, l’allevamento con le sue specifiche competenze e le sue tradizioni millenarie, ma anche le attività minerarie, la pesca, la raccolta del corallo, per non parlare di alcune tradizioni popolari che si collocano in una linea di continuità con il passato: un nuovo equilibrio e un nuovo rispetto per il contributo dato da Roma in Sardegna nell’età imperiale.  Contro il luogo comune che fa dei Romani dei rapaci sfruttatori delle risorse della Sardegna, emerge l’idea di un progresso e di una novità che in qualche caso è arrivata fino a noi.

Attilio Mastino

Multa venientis aevi populus ignota nobis sciet
multa saeculis tunc futuris,
cum memoria nostra exoleverit, reservantur:
pusilla res mundus est,
nisi in illo quod quaerat omnis mundus habeat.


Seneca, Questioni naturali , VII, 30, 5

Molte cose che noi ignoriamo saranno conosciute dalla generazione futura;
molte cose sono riservate a generazioni ancora più lontane nel tempo,
quando di noi anche il ricordo sarà svanito:
il mondo sarebbe una ben piccola cosa,
se l'umanità non vi trovasse materia per fare ricerche.

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