Giuseppe Contu: un barbaricino nel mondo arabo.

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Scritto da Administrator | 16 Maggio 2023

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Giuseppe Contu: un barbaricino nel mondo arabo
Tra lingua araba e sarda a Sarule, convegno in onore del prof. Giuseppe Contu, ISSLA
14 maggio 2023

Cari amici,

Sarule ci è sembrato il luogo più giusto per ricordare Giuseppe Contu a tre anni dalla sua scomparsa avvenuta proprio qui il 7 gennaio 2020; qualche giorno dopo lo abbiamo ricordato nella chiesa di San Michele. A Sarule egli era nato il 12 ottobre 1947. Dopo il dolore per la perdita, oggi possiamo far riemergere mille episodi divertenti, ricordare uno studioso che ci ha aperto tante porte e che era capace di restare saldamente ancorato alla Sardegna interna guardando al Mediterraneo, al mondo arabo, dal Libano all’Egitto, dalla Tunisia al Marocco, partendo dal suo piccolo paese di origine, dai suoi boschi e dalla sua collina sacra.

Ho visto ricordato con affetto in alcune pagine delle sue pubblicazioni scientifiche questo paese – Sarule -.   Grazie a chi ha voluto quest’incontro, alla famiglia, agli amici, al Comune, all’ISSLA, all’Università, che hanno capito che anche da Sarule, soprattutto da Sarule, si può guardare ad un tempo  nuovo fondato sulla tolleranza e sul rispetto per gli altri, sul pluralismo e il valore delle diversità in un Mediterraneo dove il mare non sia più una frontiera, ma la piazza di un’interazione pacifica, per usare le parole di Edgar Morin, per il quale dobbiamo constatare che i futuri impensabili del nostro passato sono diventati ora futuri impensabili del nostro presente.

Mi ricordo un tempo lontano: quando la Provincia di Nuoro decise di depolverizzare tutte le strade, Sarule fu collegato oltre che con Ottana con una rapida bretella anche con la nuova SS 389 tra Nuoro e Lanusei verso l’Ogliastra, passando per il bivio di Mamoiada e per la galleria di Correboi.  I nostri autisti scoprivano le nuove scorciatoie. Sarule divenne uno snodo decisivo tra il Marghine e la costa orientale, negli anni in cui si parlava del Parco Nazionale del Gennargentu dopo il fallimento dell’industria a Ottana: più tardi ricordo i tanti viaggi per partecipare ai diversi convegni ogliastrini organizzati per definire l’identità storica della nuova provincia, come a Jerzu-Lanusei-Arzana-Tortolì, nel 1997. Per far prima, passavamo da Sarule e attraversavamo nel pomeriggio il paese completamente deserto; l’unico che passeggiava lungo la circonvallazione era Giuseppe Contu, che ci accoglieva senza preavviso, con sorpresa e simpatia, con il sorriso fatto di quella complicità che sempre ci riservava. E poi questo suo accento fortissimo in un nuorese stretto, il colpo di glottide, le aspirate, come quando ci raccontò del fatto che Antonella era rimasta inaspettatamente in dolce attesa di Francesca.  Ce lo diceva con orgoglio parlando con affetto di sa ‘emina, proprio come si dice nella Barbagia di Ollollai. Gonare era poi per lui il monte sacro, il segnacolo visibile da tutta la Barbagia, il luogo dove ben prima del santuario di NS di Gonare immaginava che vedette giudicali avessero controllato i confini tra Torres e Arborea e prima ancora soldati romani avevano osservato la strada per Sorabile Fonni a mille metri di altitudine. Del resto ci sono rimaste, sui fianchi della chiesa sul monte molte testimonianze materiali, in particolare monete romane, che piano piano sono riemerse dal terreno.  Ma Contu era uno studioso anche di tradizioni popolari, partendo da  Maimone e dalla mascara a gattu, con l’articolo di note orientalistiche sulle maschere del carnevale di Sarule.

Si era staccato dal paese per raggiungere Napoli dove si era laureato nel 1974in Lingue e civiltà orientali, poi era stato a lungo in Egitto. A Napoli presso l’Istituto Universitario orientale presto divenne Assegnista nella Facoltà di Scienze politiche (Discipline del vicino e medio oriente) fino al 1982; conobbe allora Sandra Parlato che insegnava Storia dei paesi islamici.  Ricercatore confermato a tempo pieno ancora a Scienze politiche dall’agosto 1980 al 1988, divenne professore Associato di diritto musulmano presso la Scuola di studi islamici della Facoltà di Scienze Politiche dell’Istituto Orientale di Napoli dal 1989; contemporaneamente incaricato e supplente di diritto musulmano a Scienze Politiche dal 1989 al 1990 e supplente di lingua e letteratura araba alla Facoltà di Magistero di Sassari, supplenza che mantenne per due anni.  Al termine di quasi vent’anni, si era così convinto di lasciare Napoli, trasferendosi definitivamente a Sassari il I novembre 1992, facendosi precedere dal suo capolavoro, la monografia Arabia preislamica uscita nei mesi precedenti. Qui da noi seguì la nascita della Facoltà di Lettere e Filosofia come prof. associato di Lingua e letteratura araba presso l’Istituto di Lingue dal novembre 1992 forte dell’esperienza maturata presso l’Istituto Universitario orientale di Napoli; allora il corso di arabo era diventato quadriennale prima a Lettere, più tardi dal 1996 anche a Lingue.  Qui riprese l’amicizia con Ignazio Delogu, iniziata nella commissione internazionale del PCI.

Su questa cattedra di Lingua e letteratura araba sostituiva il vescovo maronita Edmnd Y. Farhat  nato a Ain Kfaa in Libano a N di Damasco nel 1933, scomparso a Roma 2016, inizialmente  professore di diritto islamico a Magistero fin dal primo anno della Facoltà, il 1970, nominato dall’originario comitato tecnico composto da  Alberto Boscolo, il cristianista Antonio Quacquarelli e il romanista Pierangelo Catalano. Farhat era una personalità gigantesca, tra i primi studiosi dei manoscritti ebraici di Qumran che oggi si datano ad un secolo prima di Cristo. Farhat era un diplomatico di carriera, dal 1989 aveva lasciato la cattedra universitaria per supplenza nelle mani di Contu per diventare arcivescovo di Biblos, pro nunzio in Algeria e Tunisia, delegato apostolico in Libia, amico di Gheddafi, nunzio in Macedonia, Slovenia, Turchia, Turkmenistan, Austria. Ricordo il forte legame con Sandro Schipani nei suoi anni sassaresi, quando era maturato nel 1982 il progetto dei convegni de L’Africa Romana.

La partenza di Farhat e l’arrivo di Contu, professore confermato di Diritto Musulmanno dal 5 maggio 92 segnarono una svolta: superato nel 94 il Congedo straordinario per malattia come risulta dai documenti dell’Ufficio docenti e del nostro Archivio, tra il 93 e il 94 fu Supplente di storia dei paesi islamici presso la Facoltà di Lettere, quindi inquadrato nel settore L14 Lingua e letteratura araba dal 1995; dall’anno successivo si trasferì alla nuova Facoltà di Lingue e letterature straniere nata contemporaneamente a quella di Cagliari, coprendo per supplenza l’insegnamento di Filologia semitica nel 1998-99, di  Lingua araba dal 98 a Lingue, mantenendo la titolarità di Lingua e letteratura Araba a Magistero, a Lettere, poi a Lingue, anche a Cagliari tra il 98 e il 2000; ci aveva seguito nel 2013 nel Dipartimento di storia scienze dell’uomo e della formazione, istituito a seguito della riforma Gelmini. Tre anni dopo la pensione. Contu è stato soprattutto un iniziatore, un promotore, un facilitatore, pur di fronte a difficoltà incredibili degli studenti nella didattica e nella ricerca, che sono state via via superate anche grazie al Centro Linguistico di Ateneo e ai suoi lettori di madrelingua; oggi lo ricordiamo come studioso di storia contemporanea dei paesi arabi, di diritto e istituzioni musulmane, di lingua araba, di linguistica araba, sempre attento alla capacità di apprendimento degli studenti, organizzatore di cultura e di rapporti, promotore di incontri internazionali, capace di far arrivare colleghi dalle più autorevoli università egiziane. Molte sono le sue pubblicazioni dedicate in particolare alla Sardegna nelle fonti arabe, i rapporti tra l’isola e i Musulmani, partendo dal libro di M.M. Bazama, Arabi e Sardi nel Medioevo, Cagliari, 1988.

Aveva continuato i suoi viaggi in Egitto e nel Maghreb, le sue tante relazioni con studiosi arabi e con i suoi allievi sassaresi, Elias Naddaf e Ali Kalati, quest’ultimo autore di un’accusata rassegna sull’insegnamento della lingua araba in Sardegna per il secondo numero degli Annali di Lingue del 2005. Era entrato anche nel nostro mondo: nel dicembre 1994 aveva parlato a Cartagine all’XI convegno de L’Africa Romana su La scienza e le tecniche nelle province romane del Nord Africa e nel Mediterraneo: rappresentava la Facoltà e la cattedra di Lingua e letteratura araba, finendo per pubblicare poi negli atti curati dai suoi amici Mustapha Khanoussi, Paola Ruggeri e Cinzia Vismara un intervento in lingua araba nel quale sottolineava l’importanza di una stretta collaborazione tra ricercatori arabi ed europei in particolare tra Institut National du Patrimoine e Università, collaborazione che si augurava non restasse relegata nel campo ristretto delle ricerche scientifiche archeologiche sull’Africa Romana ma che potesse estendersi agli studi arabi e islamici e più in generale si allargasse allo studio della storia antica dei popoli del mare mediterraneo, come testimoniano altri suoi lavori nei quali partiva dagli Shardana e dai popoli del mare in Egitto, un tema recentemente rivalutato, con molta prudenza, da Gianni Ugas; oppure i Mauri della Sardegna, Idrisi e il carattere berberizzante dei Sardi, le civitates Barbariae del Nuorese, il misterioso insediamento di Sardanyyan nel Maghreb, temi in parte ancora oggi aperti e meritevoli di approfondimento.

Al successivo convegno de L’Africa Romana di Rabat, il 16° della serie, curato anche da Aomar Akerraz e Ahmed Siraj nel dicembre 2004, aveva presentato una relazione in lingua inglese su The Origin and Movement of the Berbers: Myth and Reality in Mediaeval Arabic Sources (comunicazione non svolta, che pure aveva suscitato il vivo interesse di Jean-Marie Lassère, p. 72). Intanto aveva preso a dirigere dal 2000 gli Annali della Facoltà di Lingue e Letterature Straniere dell’Università di Sassari, dove non mancano i suoi brevi e acuti interventi come quello del 2001 sugli Arabismi nel sardo, del 2003 su Sardinia in Arabic sources ripubblicati negli annali di Lettere di Palermo oppure quello del 2007 su Il sostegno italiano alla causa nazionale egiziana nel XIX secolo, comunque sempre in un orizzonte che comprendeva le due rive del Mediterraneo. Ancora nel 2010, nel 7° numero, Arabic Elements in Sardinia. Il convegno del 2006 su Il rapporto Isola/mondo, La Sardegna fra arcaismi e modernità (1718-1918) con gli atti curati da Giulia Pissarello e Fiamma Lussana, che hanno fatto emergere i rapporti “Arcaismi/modernità, Lingue locali/lingua nazionale, Immagini dall’Isola/immagini dell’Isola, Periferia/mondo, le quattro aree tematiche che hanno dato il titolo alle sessioni del Convegno. Storia, lingua e letteratura sono dunque state le chiavi interpretative per dar conto del difficile passaggio al moderno, dei suoi costi, ma anche delle sue prospettive. Dal confronto Isola-Mondo sono emersi caratteri, miti e riti della cultura regionale sarda che, anziché appiattirsi nella nebbia grigia e multiforme della società globale, si sono rivelati simboli forti e vitali di una tradizione culturale secolare e ricchissima, come aveva voluto sottolineare con lo spettacolo dei Tenores di Bitti”.

Al XV convegno di Tozeur (Ai confini dell’Impero: contatti, scambi, conflitti) del 2002 ci aveva aiutato nelle cerimonie per la Consegna di una medaglia d’oro per S.E. le Ministre de la Culture, de la Jeunesse et des Loisirs prof. Abdelbaki Hermassi e ho visto che in un suo articolo commentava molto emozionato le decisioni prese  dall'Unione degli storici arabi (Ittihad al-Mu’arrihin al-Arab) con l’intervento di Mohammed Beji Ben Mami, Direttore Generale dell’Institut National du Patrimoine di Tunisi e Vice presidente dell’Unione degli Storici Arabi, per la consegna della medaglia d’oro (onorificenza dello storico arabo Wisam al-Mu’arrih al-arabi).

Era molto attratto dal tema delle relazioni tra Africa e Sardegna quando in età vandala Carales divenne la capitale delle province transmarine del regno vandalo; e poi l’esarcato bizantino, l’occupazione di Cartagine, le responsabilità della Sardegna nel mondo bizantino e giudicale.  Più ancora l’atteggiamento democratico e anticoloniale che emerge a proposito della causa nazionale egiziana nel XIX secolo e il contributo dell’Italia garibaldina, mazziniana, repubblicana, socialista, comunista, anarchica per la fine del dominio turco e lo strapotere di inglesi e francesi dopo la realizzazione del canale di Suez (Annali 4). Insomma un democratico, pieno di sensibilità, di curiosità e di interessi.

Non posso elencare tutte le tesi di laurea discusse in quegli anni a Sassari:  Il possibile futuro del turismo in Sudan con Gavino Mariotti per Ibraim El Kher 2012; La diglossia nell’Egitto moderno, Manuela Madeddu, relatore Contu; Le serie televisive egiziane durante il mese di ramadan Tesi Valentina Piredduu, relatori Contu ed Elias Naddaf alla Facoltà di Lingue 2012; La calligrafia araba di Elena Serio Relatori Contu Naddaf 2014;Le donne che emigrano: difficoltà e integrazione di Emanuela Puggioni, Contu 2015

Ho visto ora che i suoi amici e colleghi del Dipartimento di storia, scienze dell’uomo e della formazione hanno voluto che l’insegnamento dell’arabo a Sassari non cessasse con lui.

Qualche tempo prima della sua scomparsa avevamo discusso a lungo con lui di Salvatore Cucca, il sorprendente poeta sardo-arabo, un intellettuale "caro a tutti i nuoresi per le sue avventure nordafricane che ne fecero poco meno che un nomade berbero", studiato nel convegno nuorese del 1997 e poi più di recente da Dino Manca (Archivio Storico Sardo 2017) e in un’opera di Annico Pau su Sebastiano Satta: Francesco Cucca era nato a Nuoro nel 1882, servo pastore, garzone di cantina, minatore; all’inizio del Novecento il passaggio a Fonni da ziu Boelle, l’Iglesiente, il mondo nuovo della Tunisia al quale si avvicina “con curiosità e apertura, predisposizione empatica e forte intensità di spirito” (sono parole di Dino Manca).  Il Maghreb e l’Egitto in età coloniale, le Veglie beduine, le Galoppate nell’Islam, di cui Contu nel 1999 aveva studiato gli arabismi per La grotta della vipera, la lingua araba, quando “l’ignota stirpe selvaggia subito mi amò spalancandomi le porte del suo cuore”. E nonostante la distanza, il rapporto con Sebastiano Satta e Grazia Deledda. “Un giovane europeo di nome Làkdhar, giunto in Africa per ragioni di lavoro, decide, con dolore consapevole, di abbandonare la sua vecchia civiltà per diventare arabo. Rinunzia alle vesti e ai costumi occidentali, si spoglia completamente delle usanze del suo popolo e abbraccia in modo totale, moralmente e intellettualmente, anche nell’aspetto esteriore e fin nei minimi particolari, universo musulmano: nel modo di essere, di salutare, di intendere la vita e le cose” (p. 365).  Poi imprenditore in Tunisia, Algeria e Marocco, soprattutto poeta immerso in atmosfere incantate, impegnato a spezzare le catene del colonialismo, con nel cuore la Nuoro di Sebastiano Satta anche quando osserva un mondo lontanissimo e inizialmente incomprensibile quale quello berbero: "Mi ricorda quell’arabo grigiastro / randagio per le balze, nella sera, / voi, pastor di Barbagia, alla bufera, / dentro i manti d’orbace, col vincastro. E poi, riferendosi alla Sardegna: Come voi, re dei monti! Nel mattino, / Errante segue la sua greggia errante, /E sugli omeri porta i fiacchi agnelli…

Poesia che a me richiama tanti luoghi della Tunisia, dell’Algeria, del Marocco, ma anche la Libia di Melkiorre Melis. Eppure – osservava acutamente Brigaglia – Cucca era espressione di quella paesanità - non paesana di molti intellettuali nuoresi di questo periodo, intellettuali che pure sono immersi in un mondo di iscopiles dove vivono una turbolenta eppure aristocratica bohème. Del resto Cucca si fece arabo <<senza cessare, per questo, di essere sardo e senza questa duplice connotazione>> non è possibile comprenderne né la vita né l’opera. Sono parole di Giuseppe Marci.

Come per Cucca Nuoro, per Contu Sarule fu - assieme alla Sardegna - la prima protagonista del suo processo di formazione, partendo dai luoghi mai dimenticati, dalle tradizioni popolari, dalla lingua, dai boschi. Del resto per usare le parole di Pavese che gli erano care: “Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c'è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti”.

Attilio Mastino

Ultimo aggiornamento Martedì 16 Maggio 2023 20:34

Multa venientis aevi populus ignota nobis sciet
multa saeculis tunc futuris,
cum memoria nostra exoleverit, reservantur:
pusilla res mundus est,
nisi in illo quod quaerat omnis mundus habeat.


Seneca, Questioni naturali , VII, 30, 5

Molte cose che noi ignoriamo saranno conosciute dalla generazione futura;
molte cose sono riservate a generazioni ancora più lontane nel tempo,
quando di noi anche il ricordo sarà svanito:
il mondo sarebbe una ben piccola cosa,
se l'umanità non vi trovasse materia per fare ricerche.

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