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06 Dicembre 2022
Geografia, Geopolitica, Storia antica: Principi, prospettive, cooperazioni per la pace inevitabile
Istituto di studi e programmi per il Mediterraneo
Convegno Alghero 3 dicembre 2022
Intervenire in chiusura di questa due giorni su Principi, prospettive, cooperazioni per la pace invevitabile nel nome di Giorgio La Pira (Pozzallo 1904 – Firenze 1977) mi dà l’opportunità di rivolgere uno sguardo più distante ed imparziale, osservando le diverse posizioni assunte dai relatori su temi di bruciante attualità.
Ho riletto in queste settimane molte opere di La Pira e i commenti di Bruna Bocchini Camaiani, ricorando nel 1954 l’intervento a Ginevra alla sede della Croce Rossa (per altri aspetti citato da Franco Nuvoli) sul valore delle città di fronte alle armi nucleari: <<non hanno il diritto gli Stati di distruggere le città>>: tema che confligge con le immagini dei telegiornali di questi mesi. Dieci anni dopo quell’intervento di La Pira, nel 1963 Giovanni XXIII pubblicava l’enciclica Pacem in terris, indirizzata a tutti gli uomini di buona volontà, subito fatta tradurre in russo. Pietro Paolo Onida a sua volta ha richiamato il ruolo del diritto, un’ars, una scientia che non può essere l’espressione della forza del più forte, ma che detta regole anche per i momenti più drammatici del suo manifestarsi; allora possiamo disttinguere: hostes hi sunt, qui nobis aut quibus nos publice bellum decrevimus; ceteri latrones aut predones sunt (D. 50,16,118)>> (Sandro Schipani). E Vanni Lobrano ieri è partito da una riflessione sulla martoriata Ucraina.
Il quadro nel quale ci muoviamo oggi è ancora una volta mediterraneo, partendo dai paralleli e dai meridiani: abbiamo rcordato nei giorni scorsi a ll’Accademia dei Lincei a Roma la figura di Sabatino Moscati, al quale dobbiamo la blioteca di 6000 volumi che il 14 diembre inaugureremo sulla collina di Didone a Cartagine come Scuola archeologica italiana di Catagine e Institut National du Patrimoine. Nel suo ultimo libro, pubblicato postumo nel 2001, Sabatino Moscati affrontava I fondamenti della storia mediterranea come civiltà del mare e precisava che tutti avvertiamo <<l’inadeguatezza di una vera e propria storia mediterranea, proprio nel momento in cui il compiuto apporto di nuove conoscenze mostra la parzialità delle trattazioni esistenti. Anzi, si può dire che non esista finora quella vera e propria storia mediterranea in cui i singoli apporti debbono confrontarsi e integrarsi. Quando tale storia potrà essere scritta, è difficile dire: anche perché la fornazione degli studiosi (…) per aree culturali, non conosce ancora l’impiego integrale e di prima mano di un materiale così vasto, disperso, difforme. E tuttavia, la storia a dimensione mediterranea mi sembra la grande frontiera dell’avvenire, il necessario superamento di steccati anomali se non fuorvianti per la comprensione dell’unico denominatore valido e completo del mondo antico>>. Se vi è un protagonista ieri come oggi, esso è il mare. <<quel mare degli antichi che costituisce l’orizzonte, la condizione, il limite della loro avventura>>, fatta di pace ma anche di guerre, partendo dalla prima battaglia navale della storia combattuta nel mare sardo nel VI secolo a.C.
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